di NICOLANGELO D'ADAMO
In pieno
Risorgimento, con l’unità d’Italia ancora da costruire, a
Torino veniva sottoscritto il primo contratto moderno di lavoro, con clausole
che, in parte, solo molto più tardi entreranno nella normale prassi dei
rapporti lavorativi.
A concepirlo e a
sottoscriverlo fu don Giovanni Bosco, poi Santo, geniale precursore dell’istruzione
professionale in Italia.
Sull’argomento è
stato scritto molto, soprattutto
dagli storici di S. Giovanni Bosco, per presentare l’offerta formativa del CNOS-FAP
(Centro Nazionale Opere Salesiane -
Formazione Aggiornamento Professionale), la creatura più importante nata
dal suo impegno per i giovani.
Mi piace riproporlo
perché un amico sacerdote salesiano me ne ha dato una copia per illustrarmi gli
aspetti più innovativi., a cominciare dalle finalità educative contenute nelle
clausole contrattuali che disegnano in sintesi la giovane pedagogia salesiana.
Quel contratto infatti
non coinvolgeva solo i due soggetti interessati in prima persona: il datore di
lavoro e il lavoratore, ma anche il genitore del giovane apprendista e lo
stesso don Bosco direttore dell’oratorio frequentato dal giovane apprendista. A
significare che quel biennio di apprendistato che si concordava, non doveva
risolversi solo in un apprendimento professionale, ma aveva lo scopo anche di
far crescere civilmente il giovane, con responsabilità da condividere con la
famiglia, e, all’interno dell’oratorio, ricevere una formazione religiosa,
perciò veniva sottoscritto anche da don Bosco (il contratto venne firmato
nell’Oratorio Salesiano di Torino l’ 8.febbraio.1852 (1).
Il contratto, quindi,reca
in calce quattro firme e nel primo punto si ricordano i compiti istruttivi ed
educativi del maestro artigiano (si tratta di un falegname minutiere) come
farebbe “un buon padre col proprio figlio”. Ancora più importante il capoverso
successivo che fa obbligo al datore di lavoro di impegnare il giovane in
compiti proporzionati alla sua età,e soprattutto con esclusione “di ogni altro
servizio che fosse estraneo alla professione”. Come non pensare ai tanti abusi
moderni con richieste lavorative che nulla hanno a che fare con il profilo
professionale contrattualizzato!
Sicuramente
originale il trattamento delle assenze dell’apprendista per oltre quindici
giorni per malattia o “altro legittimo impedimento”. Quelle giornate lavorative
saranno restituite al datore di lavoro, per “buonificazione”, al termine del
biennio di apprendistato.
Al contrario di
quanto si pensi, il periodo di formazione/apprendistato veniva anche retribuito: “settimanalmente all’apprendista (sarà
corrisposto) l’importare della sua mercede, convenuta in centesimi trenta al giorno
per li primi sei mesi, ed in centesimi quaranta per il secondo semestre del
corrente anno 1852 ed in centesimi sessanta a principare dal primo gennaio
milleottocentocinquantatré, fino al terminare dell’apprendimento”.
Il contratto
disciplina anche l’eventuale rimborso (“ristoro”) al datore di lavoro “per ogni
danno che per causa dell’apprendista venisse a soffrire, sempre che però tale
danno potesse all’apprendista giustamente venir imputato, fosse cioè per
risultar proveniente da volontà spiegata e maliziosa”. Garante di questo rimborso era lo stesso padre
dell’apprendista: “per cautela e guarentigia di tale obbligazione presta per
sicurtà il qui presente ed accettante suo padre Vincenzo Odasso il quale si
obbliga al ristoro”.
Qualora il giovane
fosse stato espulso dall’oratorio, non vi sarebbero state ripercussioni
sull’attività di apprendistato, ma, pur
impegnandosi ad “accogliere con premura” qualsiasi lagnanza del maestro
artigiano,cessavano le responsabilità che il Direttore dell’Oratorio si era assunte
con la sottoscrizione del contratto.
A questo contratto
fecero seguito tanti altri “accordi scritti” per disciplinare il lavoro in un periodo particolarmente delicato della
Torino pre e post unitaria con l’incombente rivoluzione industriale che vide
nascere anche un altro strumento di autodifesa dei lavoratori, le “Società di
Mutuo Soccorso” che soprattutto nell’Italia di fine secolo ebbero un notevole
successo.
In quell’ambiente
prese corpo l’offerta formativa di don Bosco: quei contratti conservano ancora
oggiun peculiare significato perchè“fanno comprendere come questo prete non fu
un teorico dell' educazione, ma - al contrario - si rivelò una persona
concreta, costantemente attenta a quelle situazioni di "rischio" (per
la vita spirituale, per quella fisica e per quella sociale) che potevano rovinare
i singoli "progetti di vita" soprattutto dei giovani” (Pier Luigi
Guiducci, Il contributo di don Bosco a
favore dei giovani lavoratori).
NICOLANGELO D’ADAMO
NOTA (1)
Inizialmente Don Bosco “raccoglieva” i ragazzi durante la settimana, specialmente di domenica, e si impegnava ad andare a visitarli nei loro luoghi di lavoro. Se erano disoccupati si impegnava anche a cercare lavoro: la sua prima preoccupazione era la formazione di buon cristiano ed un onesto cittadino.
I primi tempi all’interno degli Oratori non erano stati aperti corsi di formazione professionale, con propri laboratori, perciò i primi convittori andavano nelle scuole pubbliche di Torino, se più grandicelli, frequentavano i laboratori artigiani per imparare un mestiere: falegname, calzolaio, fabbro, e via di seguito.
Dopo alcuni anni Don Bosco si convinse che per formare i giovani moralmente e civilmente era più efficace organizzare la formazione professionale all’interno degli oratori, perciò si impegnò a riservare sempre più spazi al loro interno per allestire laboratori di ogni tipo con una doppia finalità: educare al lavoro mediante il lavoro, sia per autofinanziarsi realizzando suppellettili per uso interno e poi abiti, scarpe ecc. per i convittori, ma anche per le richieste esterne allestendo laboratori per falegnami, meccanici, tipografi soprattutto per pubblicare quanto scriveva lo stesso don Bosco e poi Storia Sacra, agiografie, letture edificanti in genere, perciò realizzò a Torino la migliore cartiera del tempo. A creargli difficoltà furono soprattutto i Valdesi che non mancarono di creargli anche difficoltà a livello fisico.
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