di
Luigi
Murolo
Caro
Salvatore,
il
tuo intervento sulla donazione Del Prete alla Pinacoteca di Vasto mi invita a
procedere in medias res (nelle cose da
me conosciute, ovviamente) che non ho voluto discutere nella precedente lettera
pubblica indirizzata all’amico Nicola D’Adamo. Consentimi, però,
una premessa
che ritengo necessaria: vale a dire, la netta separazione tra mostra e storia
della donazione.
La
prima, merita tutta la giusta attenzione grazie all’eccellente lavoro svolto
dalle curatrici Silvia Bosco e Sara Pizzi (senza dimenticare il gruppo che con
loro ha partecipato). Del resto, di là dai possibili giudizi individuali, sono
allestimento e catalogo a conferire il senso di curatela e ricerca
all’esposizione. Sull’argomento mi riprometto di tornare.
Ma
ciò di cui intendo parlare in questa sede è altro. E’ l’assenza di ogni
riferimentoscritto alla storia della donazione;
a qualcosa di documentato e verificabile di cui potesse restare traccia a
futura memoria delle cose(anche un pieghevole; magari, un comunicato stampa
dettagliato). Di certo, non l’oralità nel corso di una manifestazione. E che, come
tutti sanno, non è di sicuro l’oralità a trasmettere informazioni certe.
Ad
esempio, senza la pubblicazione a stampa dell’atto rogato da notar Vittorio
Colangelo il 12 giugno 1977 quanti cittadini avrebbero avuto l’opportunità di
conoscere l’elenco delle opere donate alla Pinacoteca da Giovanni Del Prete
detto “Juan”?Quanti cittadini avrebbero saputo che, testimoni ufficiali di
quella volontà, erano stati il sen. Giuseppe Spataro e l’on. Remo
Gaspari?Quanti cittadini avrebberopotuto avere contezza di che cosa avesse effettivamente
dichiarato il donatore: «[l’artista]
esprime suo vivo desiderio che la Città del Vasto, a mezzo del Consiglio
Comunale, rappresentante del Comune, nella presente donazione, destini le opere come innanzi elencate al
Museo Civico per essere ivi esposte e custodite unitamente alle opere di
tanti altri illustri “figli di Vasto”»? «Esposte
e custodite»: queste le clausole poste da don Juan alla donazione. Esposte le opere? Ma non si sono dovuti
attendere quarant’anni per avere una mostra degna di tale nome? E che cosa accadrà
della stessa dopo il 31 dicembre?Ritorneranno nel cosiddetto caveau? Custodite? Ma non è forse vero che fino a qualche tempo fa (oggi
non più), soprattutto, le teleadornavano gli uffici degli amministratori? Custodite? La domanda è sempre
d’obbligo. Ma non è forse vero che una quindicina dellestesse hanno avuto
bisogno di restauro? Che cosa dobbiamo dire? Che hanno subito un processo di
autodeterioramento?
La
risposta la lascio al lettore.
Già!
Ma quanti ricordano oggi l’esistenza dell’atto notarile pubblicato in volume?
Magari qualcuno penserà: in un libro di storia dell’arte? Nulla di tutto questo.
Difficile pensare che si trovi nella sua integralità in un catalogo filatelico.
Ma è proprio così. Nel catalogo Vastophil
’86 (che nulla ha da dividere con Immagini
di Vasto). Nell’articolo a firma G. Galasso che Salvatore Vallone ha voluto
che si pubblicasse (segnatamente alle pp. 117-119). Intervento che ha avuto un
seguito. Una lettera che Juan Del Prete aveva indirizzato all’associazione
filatelico-numismatica vastese e che lo stesso Vallone ha pubblicato (tre mesi
fa, Febbraio
2017, ripeto Febbraio 2017) su «La Notizia»,
bollettino di informazione dell’Università delle Tre Età. Un documento tradotto
in italiano(datato 9 agosto 1986) che
da sé vale una mostra. Di che cosa tratta? Della denunzia implacabile di un
arzillo vecchietto di 89 anni che, con garbata ironia sottolinea quanto segue:
«Ripeto la mia soddisfazione perché un piccolo mezzo (almeno in dimensioni)
come è stato un francobollo sia servito da mediatore per ravvivare il legame
con Vasto, in silenzio dal Giugno del
1977».
Il
lettore che avrà cura di seguire il ragionamento di Juan Del Prete, troverà nel
testo notizie autobiografiche, pensieri di un artista rivolti a possibili
retrospettive in Italia con note di profonda amarezza verso la sua città. Ma
non sta a me indirizzare la lettura. Ognuno troverà ciò che vuole e ne trarrà
le debite conseguenze.
9 agosto 1986
Con gioia e tanta soddisfazione e
sorpresa ho ricevuto ieri i due bellissimi esemplari di “VASTOPHIL 86” e
“Immagini di Vasto”, che Voi gentilmente mi avete inviato. Dopo 9 anni, attraverso l’ampio e
documentato scritto della mia attività artistica, ho saputo qualcosa della mia
donazione fatta al Comune di Vasto nel Giugno del 1977. Molte volte ho chiesto
qualche notizia sulla destinazione delle opere, però niente mi fu risposto al
riguardo. Il giorno dell’inaugurazione ci fu una grande celebrazione fuori e
dentro del Palazzo D’Avalos che in quella occasione diventò Museo Comunale e mi
fu offerta una bella targa in ricordo dell’avvenimento e che ho esposta in casa
mia. Si disse che il Museo non avrebbe
funzionato fino a quando non avesse un Direttore responsabile e un custode per
custodire i beni che il Museo conservava.
La lettera ben preparata da Voi e l’affanno che Voi avete messo, sapendo
di “questo illustre figlio di Vasto, noto al punto di meritare un francobollo
in Argentina”, mi conforta molto del silenzio dei vastesi al riguardo,
specialmente di coloro che rimasero custodi di quanto donato. Per questo vi ringrazio nuovamente. Approfitto dell’occasione per chiarire
perché in arte sono Juan Del Prete e non Giovanni come risulta all’Ufficio di
Stato Civile di Vasto. Sono arrivato in
Argentina, portato dalla mia famiglia, alla fine del 1909; qui ho studiato e mi
sono formato come pittore. Nel 1929 mi
diedero una borsa di studio al fine di perfezionarmi a Parigi, allora già avevo
una opera fatta in più di 10 anni e non sono andato come studente, bensì come
pittore, con i cartoni fatti qui (serie di paesaggi suburbani e di ragazzi di
quartiere, ecc.) mi sono lanciato all’avventura di fare una mostra nientedimeno
che nella città che in quegli anni era il centro indiscutibile del movimento
artistico mondiale. Non avevo i documenti
necessari per viaggiare, mio padre aveva
perso la documentazione di tutta la famiglia e fu il Ministero degli Esteri di
Argentina che allora si occupò di quello, mettendosi in contatto con il Comune
di Vasto e con i dati da me forniti inviarono tutto. Fu in quella occasione che, andando in
Europa come borsista argentino, tradussero il mio nome Giovanni nello spagnolo
Juan, come firmavo già i miei lavori.
Nel momento di fare la donazione chiarii che non potevo apparire come
Giovanni Del Prete, dopo tanti anni di continui lavori già conosciuto in
Argentina attraverso parecchie mostre, premi, cronache, ecc. come Juan Del
Prete. Così lo avevano compreso in
quella occasione di donazione della quantità di pitture e sculture così firmate
e quella identità consta nello scritto del notaio che voi avete pubblicato
(pag. 117). Per lo stesso motivo,
essendo cresciuto e formato in Buenos Aires, mi è stata data la
cittadinanza. Faccio questo particolare
chiarimento onde evitare malintesi. Ho
fatto 12 viaggi in Italia, dal 1953 fino al 1977, esclusivamente per farmi
conoscere come pittore, contando soltanto sui miei modesti mezzi. Però mai ho potuto realizzare grandi mostre
come in Argentina (con 120 fino a 234 lavori, molte volte), a causa delle
difficoltà di sempre : pratiche doganali, permessi speciali per potere uscire
le opere dalla nazione, ecc. Solamente
in una occasione la Commissione di Cultura si incaricò dell’imballaggio e di
pagare l’invio in Italia di 20 quadri grandi e 12 sculture, a condizione che
ritornassero nella nazione. Una parte
delle opere fu esposta a Roma (Galleria Schneider), parte a Brescia (G.
dell’A.A.B.), a Torino (G. del Narciso) e a Genova (G. Interarte) negli anni
1964-65. Per questo le mostre realizzate
in Italia (una quindicina) si limitarono a quello che portavo di nascosto nei
bagagli e a quello che realizzavo a Genova durante mesi nell’improvvisato
laboratorio nella casa di mia sorella Concettina prima e dopo nell’appartamento
affittato per questo motivo, lavorando con lo stesso entusiasmo che avevo a Buenos Aires, senza distrarmi in gite e
passeggiate turistiche. Quello che
andavo esponendo nelle diverse città era poco in confronto a quanto lavorato e
lasciato a Buenos Aires durante i lunghi anni di ininterrotto impegno. Molte furono le volte in cui ho cercato di
organizzare una grande retrospettiva che desse la misura di quanto ho fatto,
però, per questo necessitava l’appoggio ufficiale del governo argentino o di
una grande impresa privata. Soltanto
nell’anno 1971 con l’intervento del distinto critico Enrico Crispolti, che in
parecchie occasioni mi ha dato il suo appoggio, ottenni la possibilità di
esporre nel Palazzo della Quadriennale a Roma.
Dopo molte pratiche (nel Capitolino, ecc.), perché tutto doveva farsi
ufficialmente, a causa della gerarchia della Sala di Esposizione, fu dato il
permesso che sarebbe stato per la stagione 1972-73 oppure 1973-74, così era già
tutto programmato. Però nell’informare
ufficialmente il Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Argentina, la
risposta fu che il Governo non era in condizioni di sopportare le spese di una
tale mostra (sarebbero stati 400 lavori scelti dal 1921 fino alla data della
mostra). Io avevo creduto, ingenuamente,
che solo avrei potuto impegnarmi in tutto questo e non avevo consultato prima
la parte ufficiale argentina. Con ciò
finì il mio desiderio di farmi conoscere in Italia stendendo gran parte delle
mie opere. Anni dopo, nel 1976, grazie
al deciso e forte impegno del Segretario dell’Istituto Italiano di Cultura
Prof. Nunzio Pascarela, il quale conoscevo da poco tempo che però era molto
entusiasta dei miei lavori, lo misi a conoscenza della mia idea, da anni
pensata, di donare alla mia città natale, Vasto, alcune opere importanti. N. Pascarela si mise immediatamente in
contatto con il Comune di Vasto che accolse subito la richiesta e dopo lunghi
mesi di lunghe pratiche e attese, i quadri e sculture da me selezionati e
straordinariamente imballati furono imbarcati.
Devo aggiungere che la Commissione Argentina di Cultura, da parte sua,
permise l’uscita dalla nazione perché si trattava di una donazione al Museo
della città natale del donatore ed anche perché ci fu l’appoggio dall’inizio
del Direttore dell’Istituto Italiano Dott. Renato Tonelli. Accompagnato da mia moglie, come in tutti i
viaggi, anche ella pittrice (nome artistico Yente), ci imbarcammo sulla stessa
nave in cui viaggiava la cassa che sarebbe arrivata a Napoli per continuare
dopo per Vasto; noi siamo scesi a Genova, nostra sede abituale, in attesa di
quello che ci avrebbero detto da Vasto.
Quello che segue già sta documentato nella dichiarazione del notaio,
trascritta nella Vostra nota. Questa lunga rassegna l’ho fatta per completare
quello che consta nelle cronache e rapporti di giornali d’epoca argentini; ho
voluto con questo fare sapere a voi il mio desiderio, ostacolato da anni,
perché volevo farlo da solo e con le mie scarse risorse come lo facevo con le
mostre in Italia. Ripeto la mia soddisfazione
perché un piccolo mezzo (almeno in dimensioni) come è stato un francobollo sia
servito da mediatore per ravvivare il legame con Vasto, in silenzio dal Giugno
del 1977. L’inverno scorso, durante la
presentazione del libro “Del Prete”, che mi dedicò il prestigioso critico
Rafael Squirru, uno dei più distinti studiosi (edito da Gaglianone e
patrocinato dalla Union Carbide – L’editore ha promesso di inviare una copia al
Museo Comunale di Vasto; spero che sia arrivata nonostante gli scioperi della
Posta Argentina), si realizzò una mostra antologica con più di 50 pitture,
nella Galleria Praxis. Dal successo di
entrambi (libro e mostra) rinasce il mio desiderio, nel fondo mai perso, di una
retrospettiva in Italia. Mi sono messo nuovamente in contatto con l’Istituto
Italiano di Cultura che aveva un altro direttivo appena nominato. A questo ho fatto la proposta di realizzare
una antologica con il loro appoggio e ho scelto il Palazzo Reale di Milano, con
350 opere, ricordando la possibilità dell’anno 1971 di farla nella Sale della
Quadriennale di Roma, di cui ho già citato nelle pagine precedenti. Mi hanno risposto che forse sarebbe stato
possibile in qualche zona dell’Abruzzo, regione della mia nascita, per potere
sopportare le spese, ciò porterebbe via del tempo; però fino ad ora nessuna
informazione mi è stata data e neanche si è fatta alcuna pratica al
riguardo. Sperando che questa lunga
relazione non vi risulti troppo noiosa, ho voluto soltanto che servisse a Voi
per conoscere meglio il vostro concittadino, completando quello raccolto attraverso
l’interesse dato ad un piccolo francobollo.
Nuovamente esprimo il mio profondo ringraziamento per il vostro curato
commento e vi faccio i complimenti per la bella edizione, augurandovi sinora
successo nella prossima Mostra Nazionale di Filatelia Tematica ’87. Con un cordialissimo saluto a Voi e a tutti
coloro che collaborano nella Manifestazione Filatelica di Vasto.
Juan Del Prete
Bene
caro Salvatore,
torno
a rivolgermi a te in modo diretto, per avermi offerto con il tuo commento la
possibilità di dettagliare ciò che era rimasto in sospeso nel precedente
intervento. Mi è piaciuto citarti indirettamente nella missiva:non all’amico,
ma a un terzo che detiene l’originale in carta velina (come hai scrivi nella
presentazione al testo) della lettera di don Juan. Tu l’hai pubblicata tre mesi
fa, e credo che ognuno possa richiederne copia all’Università delle Tre Età.
Ora chiedo a te (ma la domanda è retorica, e puoi tranquillamente evitare di
rispondermi): perché questa lettera è stata ignorata, malgrado sia stata data
alle stampe appena tre mesi fa. E’ mai possibile che il delegato alla cultura
(non esistendo un assessore con portafoglio) non la conoscesse? E aggiungo:si
può credere che chi ha deciso di promuovere questa grande retrospettiva non ne
abbia fatto tesoro (come dello stesso rogito notarile)? Francamente non mi
meraviglio più di nulla. Però certe cose non si possono proprio sopportare. Che
cosa posso dirti? Chissà se qualcuno vorrà chiedere a Aurora, discendente di
Doralice Del Greco, madre di Filippo Palizzi, se la sua famiglia conserva ancora
qualcosa del grande artista “napoletano” (lo chiamo così, perché quanti
conoscono la sua parentela vastese?). E ancora. Sa Francesco Menna, attuale
sindaco di Vasto, che suo zio in seconda, Antonio (figlio di Vittorio), è
discendente per via materna dai Palizzi? Dunque, conservatore di “qualcosa” per
il bicentenario? E sa, ancora, l’avv. Menna, che Antonio, suo zio in seconda, è
stato l’unico a celebrare, nel 2012, il bicentenario di Giuseppe “il grande
pittore francese”, fratello di Filippo, come se non fosse mai vissuto a Vasto,
in via S. Teodoro?
Ma
io mi chiedo: di che cosa stiamo parlando, caro Salvatore? Tu lo sai? Io di
certo meno di te!
Un caro saluto
(Luigi Murolo)
DUE PAGINE DEL VOLUME VASTOPHIL 1986 IN CUI VENGONO PUBBLICATI I DETTAGLI SULLA DONAZIONE DI JUAN DEL PRETE A VASTO SUA CITTA' NATALE.
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