di LINO SPADACCINI
A
Vasto ci sono tanti personaggi illustri che hanno lasciato il segno nel campo
dell'arte, delle lettere e delle scienze, ma sono stati troppo presto
dimenticati. Tra questi c'è sicuramente Luigi Laccetti, valente letterato,
poeta ed educatore, che oggi vogliamo ancora una volta ricordare in occasione
dei 150 anni della morte.
La
famiglia Laccetti è una delle famiglie storiche più prestigiose di Vasto. Oltre
a Luigi, il capostipite, c'è suo figlio Francesco, chirurgo e anatomista di
chiara fama, con i suoi due figli, Guido, apprezzato compositore, autore delle
opere Hoffmann, Carnasciali e Il miracolo, e Carlo, medico e chirurgo,
autore di diverse pubblicazioni scientifiche, a completare questa straordinaria famiglia vastese.
Graziadio Isaia Ascoli, nel
febbraio del 1867, sulla rivista Il
Politecnico, all'interno di un saggio sugli
slavi del Molise, a proposito
di Luigi Laccetti scriveva che "per
nobiltà dell'animo e la molta gentile cultura, è degno conterraneo di Gabriele
Rossetti". Una definizione condivisibile quella espressa dall'illustre
studioso, rivolta ad un uomo di vasta cultura che dedicò tutta la vita
all'insegnamento.
Nato a Vasto il 10 luglio
1810, Luigi Laccetti fondò nella nostra città una scuola di belle lettere e
filosofia, accogliendo e istruendo nella propria abitazione la mente ed il cuore di più generazioni di
giovani provenienti da varie parti di Abruzzo e Molise. Ricoprì vari incarichi pubblici e per le abili
qualità oratorie, venne chiamato spesso a pronunciare discorsi o commemorazioni.
Nel 1848, nel pieno dei fermenti risorgimentali, venne
dichiarato "attendibile" dalla polizia borbonica, quando da decurione
si rifiutò di firmare una petizione suggerita dal governo per il ritiro della
costituzione; rifiuto che gli costò anche la carica di decurione a quei tempi
di nomina regia. Dopo l'Unità d'Italia, tornò all'insegnamento presso il
Ginnasio di Vasto, a quel tempo diretto da Pompeo Romani, sorto nel 1865 sulle
ceneri dell'ex Seminario, così come stabilito per Decreto Ministeriale.
Luigi Laccetti ci ha lasciato
diverse pubblicazioni di poesie e qualche breve saggio. Nel 1835, a soli 25
anni, curò la prefazione alle poesie estemporanee di Giovanni Giustiniani da
Imola, pubblicato dalla Tipografia Grandoniana di Chieti.
In una lettera datata 28 giugno 1855, il Laccetti
scrisse all'amico e letterato Giacinto Barbarotta, accompagnando il testo con
alcuni versi: "…Niuno più di te
saprà scusarmi a coloro che per avventure si facessero a rilevarne le
imperfezioni; perocchè niuno più di te sa che, aggligato a raggirarmi tra aride
lande, quali per appunto son ora le occupazioni mie, ho rinunziato a tutte
pretensioni in fatto di buoni studi. A te per lo contrario che, a somiglianza
del Fracastoro dell’Hallero, del darwin e dell’elegantissimo Redi, sai con
tanta finezza e squisito gusto unire alle spinose scienze mediche il sacro
culto delle Muse, e a te auguro quei successi che (doloroso a dire!) non più è
a me lecito sperare…".
Immediata la replica del
Barbarotta che ringraziò del dono e rispose: "…Neppure fra gli ozii e le distrazioni campestri io dimentico
l’amicizia tua, ho tirato giù di alquanti versi, nei quali, secondo il modo
della mia possibilità, ho tentato di ritrarti le profonde e misteriose
impressioni, onde sono riscosso tutte le volte che mi riduco a diletto in
questi luoghi amenissimi (S. Lorenzo)".
E concluse: "Accetta in ricambio
un’epigrafe a te dedicata, e cui trascrivo dalle mie inedite Epigrafi
Italiane, che quanto prima, se a Dio
piacerà, vedranno la luce". Questo il testo dell'epigrafe che venne
pubblicato soltanto nel 1878:
LUIGI LACCETTI
NEI BUONI STUDI EDUCATO
IN PROSA ED IN VERSO
PIENO DELLA SAPIENZA DI VINCENZO MONTI
DIGNITOSO FERVIDO SCRITTORE:
IL DOLCE AFFETTO DI MARITO E PADRE
LUNGI DEH! NON LO RITRAGGA
DALLA GLORIOSA VIA
Nel 1857, per lo Stabilimento
Tipografico Vico de' SS. Filippo e Giacomo, pubblicò il carme "Alla memoria di Francesco Romani",
in onore dell'eminente medico vastese noto soprattutto per aver introdotto la
medicina omeopatica in Italia. Ecco alcuni passi:
…Ed io
soltanto non deposi un fiore
Su la tua
tomba, o fratel mio; né al serte,
Onde, la
patria t’onorava, aggiunsi
Quel che
fosse una fronda il dì, che, mesta
Per la tua
dipartita, in vario modo
Ai presenti
non men che agli avvenire
D’animo grato
e reverente i senso
Venia
testificando! …Oh mi perdona,
Ombra
onorata, e men dogliosa in valto
A me ti
mostra allor che visione
Pietosa
scendi a consolare i sogni
De le mie
notti. Se al funebre rito,
Cui fean le
Muse più solenne, io stessi
Taciturno in
disparte, di maligno
Petto non fu
consiglio: un duol profondo
Allor premeva
al tuo diletto il cuor,
E tanto
inacerbiva, che la vena
Del canto
inaridiva…
Cinque anni più tardi, nel
febbraio del 1862, pubblicò i versi dedicati "A Michelangelo Calabrese in morte della sua dilettissima sposa Maria De
Benedictis", mentre nel 1867, per i tipi E. Rocco di Napoli, licenziò
"Saggio di Poesie",
contenente una lunga e ragionata lettera al figlio Francesco, le poesie già
pubblicate in precedenza più altre nuove, tra cui la bella "Ad Istonio", un vero inno d'amore
alla propria città. Ecco un breve assaggio:
Sei bella, o patria mia! Da la pupilla
Di Dio sorrisa, chi può dir di quanta
Rigogliosa freschezza
Ogni dì più non si rinfranca e brilla
Il fior di tua perenne giovinezza?
Di cristallino fonti, e di gentile
Verzura sempre lieti
Sono i tuoi poggi, e a gli aliti nudrito
Dei zeffiri vaganti,
Tra un mar di luce aprile
Soavemente infiora i tuoi roseti.
Più che altrove di vivido vermiglio
Sotto il tuo cielo imporpora la vite:
Non ti sdegna l’arancio, e redimite
Hai le colline di virenti ulivi.
(...)
Terra del canto, terra de l’amore,
In cui s’alza sovrano
De l’arti il Genio; non sarà che al muto
Avello io scenda, senza
Che un fervido saluto
Di conoscente affetto
A te tramandi da l’interno petto.
Prematuramente scomparso
all'età di cinquantasette anni, subito dopo la pubblicazione di "Saggio di poesie", Luigi Laccetti venne
sepolto nella tomba di famiglia all'interno del cimitero comunale.
Sulla lapide collocata all'interno della cappella capeggiava
la seguente epigrafe:
DA DUE GIOVANI
FIGLI PRECORSO
QUI CON ESSI
RIPOSA
LUIGI LACCETTI
DA VASTO
EDUCATORE – UMANISTA – POETA
CHE NELLA VITA ESEMPLARE
NULLA ANTEPOSE ALL’AMORE
DELLA TERRA NATIA
MDCCCX – MDCCCLXVII
Quasi quarant'anni dopo, per
iniziativa del figlio Francesco, venne eretto un ricordo marmoreo con la
realizzazione di un busto bronzeo.
In una lettera pubblicata
sulle colonne dell'Istonio, l'illustre
medico vastese così annunciò l'iniziativa: "Fra pochi giorni mi recherò costà a sciogliere un antico voto del mio
cuore di figlio riconoscente, ponendo sulla tomba del mio venerato genitore un
modesto ricordo. Compiuto nel silenzio questo santo dovere, il mio affetto
filiale ne sarebbe già pago; ma non so tacervi che - in quell'ora solenne -
sarebbe grande la soddisfazione dell'animo mio, se potessi vedermi circondato
da quanti fra i miei concittadini si sentono legati alla memoria del caro
estinto da vincoli affettuosi. Mi rivolgo quindi a voi perché vogliate
cortesemente farvi eco di questo mio pensiero presso tutti loro
indistintamente, non comportando la natura stessa della cerimonia e la sua
forma spoglia di ogni carattere ufficiale, che io mi rivolga a ciascuno con
formale invito. Così la memoria del cittadino che non conobbe limiti nel culto
devoto del paese natio sarebbe onorata con la semplicità da me vagheggiata e
con quella sincerità e spontaneità di sentimento ch'Egli predilesse sopra ogni
cosa".
La mattina di giovedì 26
ottobre, per iniziativa della Confraternita del Gonfalone venne celebrata una
funzione religiosa, all'interno della chiesa di S. Maria Maggiore. In mezzo
alla navata centrale venne eretto un tumulo, coperto da ricca coltre di velluto
nero ricamato in oro e seta. Per l'occasione presenziò anche l'intero Capitolo
della Cattedrale.
Alle 10 del mattino si svolse
la cerimonia presso il cimitero, con la partecipazione del sindaco Nasci e
della Giunta municipale, l'on. Francesco Ciccarone e molte altre autorità
civili e militari; presenti anche una rappresentanze delle scolaresche, diverse
associazioni, tra le quali il Tiro a
segno, la Società Operaia, il Circolo S. Filippo Neri, la Stella Azzurra e l'Unione democratico-cristiana S. Giuseppe, e la famiglia
dell'illustre vastese: il prof. Francesco Laccetti, con i figli Carlo e Guido.
Il busto in bronzo,
realizzato dagli artisti Jolla e Nasti di Napoli, riproduce realisticamente le
sembianze del Laccetti, ricavato dal ritratto ad olio realizzato dal nipote,
l'illustre pittore vastese Valerico Laccetti.
Il basamento marmoreo, a forma piramidale tronca, presenta sul davanti la
dedica, scolpita a caratteri d'oro, fregiato d'un ramo di lauro in bronzo con
bacche d'orate.
Diversi i discorsi
pronunciati per l'occasione, da parte dell'avv. Giuseppe Marcone, a nome del
comitato sorto spontaneamente dopo la lettera pubblicata sull'Istonio, del prof. Francesco Di Rosso,
del sacerdote don Filippo Benedetti, rappresentante del Circolo S. Filippo
Neri, e del giovane studente Roberto Roberti.
"Si ritiene generalmente che solo gli eccelsi debbano sopravvivere nella
memoria degli uomini", ricordò l'avv. Marcone nel suo intervento,
" invece a buon dritto sopravvivono
solo i sinceri; ossia quelli che, accostandosi trepidanti alle essenze della
vita, sanno disinteressatamente interrogarle, professarle, renderne duraturo lo
acquisto… Or se vi fu uomo che, considerato a tale stregua, meritasse di
rimanere nella memoria e nella riconoscenza dei suoi concittadini, fu appunto
Questi del quale vedete scolpita nel bronzo l'aperta e nobile effigie; perché
nei limiti della missione prefissasi, Egli senza riserve tutto se stesso ha
dato; ha dato ai nostri fratelli, ai nostri genitori, a quelli che furono i
nostri maestri: ha dato la sua attività, il suo ingegno, l'austerità del suo
verso, l'esempio della sua vita".
Il busto, la lapide e la
maiolica con il testo dell'epigrafe del Barbarotta, sono ancora oggi visibili
all'interno della cappella del Cimitero e tramandano alle future generazioni il
ricordo di un grande uomo, un grande educatore.
Lino Spadaccini
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