Il contributo delle
neuroscienze
“All’inizio del terzo millennio e nel
convulso divenire del mondo, l’uomo di oggi - spiega il professor Guido
Brunetti in questa intervista – si trova di fronte a una molteplicità di grandi
domande e di dubbi avvolti ancora nel mistero e perciò velati di un senso di
angoscia”.
Le
grandi domande…
“Sono le domande che riguardano i misteri
del nostro mondo, il lato oscuro della natura umana. Perché c’è vita
nell’universo? Se Dio ha creato l’universo, chi ha creato Dio? In che modo è
nata la prima volta la vita? Come e su che cosa costruire il senso della vita
ed affrontare il mistero dell’esistenza? Siamo condannati alla solitudine
interiore, al male fisico e al male metafisico?”.
interiore, al male fisico e al male metafisico?”.
Sembra
dunque evidente l’esistenza di una crisi?
“La società postmoderna vive una forte e
crescente crisi, che si esprime attraverso un degrado sociale e morale, un Io
frammentato, tra incertezze e sfiducia, sofferenza e un profondo disagio. Una
società, per Jacques Maritain, percorsa da babelisme,
dalla mancanza di un paradigma unitario e condiviso e da un sistema di principi
consolidati. Tutto appare incerto.
Ma se tutto è ‘precario’ su cosa costruire-
si domanda il teologo Angelo Scola nel suo recente libro Postcristianesimo? (Marsilio Editori) - la propria speranza? ‘Se
Dio esiste- aggiunge il cardinale milanese- perché tace’?”.
Una
domanda inquietante che fa vacillare le nostre millenarie credenze, soprattutto
perché espressa da un cardinale e arcivescovo di Milano. La crisi coinvolge
anche la Chiesa?
“Affiora- risponde il professor
Brunetti- un ‘furore iconoclasta’ che vede nella cultura e nella scienza, come
concordano altri autori, un potente alleato in una ‘moderna crociata’ contro
Dio, la fede, la religione, le credenze. La crisi dell’uomo moderno divorato da
un diffuso nichilismo e da un Io ipertrofico trascina anche la Chiesa. La causa
principale della crisi che ha ‘sconvolto’ questa istituzione risiede, ha
dichiarato Joseph Ratzinger, ‘nell’oscuramento di Dio’. Nella coscienza degli
uomini di oggi, ‘Dio ha perso il primato’. Nell’accantonare Dio, l’uomo ‘si
rende schiavo” di forze materiali.
Siamo in presenza di un’età postsecolare non
più legata all’idea di Dio e alla pratica religiosa che si sta progressivamente
‘allontanando’ dal cristianesimo. Ci avviamo verso un’età postcristiana in
questa ‘verminaia terra’ di poteri senza legge che- rileva Guido
Ceronetti- ‘ci intortiglia’. L’uomo
postsecolare è quindi un uomo postreligioso”.
Un’età
postcristiana. Che cosa vuol dire?
“Parliamo, come concordano autorevoli
studiosi- di ‘postcristianesimo’, una condizione destinata a creare negli
esseri umani una desertificazione morale e spirituale nelle coscienze, un vuoto
esistenziale, poiché all’orizzonte non sembra apparire alcuna prospettiva certa. La società postmoderna è una
società ‘certamente postcristiana’ (Scola), poiché vive, come dice il teologo
Datolo, una condizione di ‘marginalità’ e di ‘ irrilevanza’. In queste
condizioni, la fede e la teologia hanno ancora un futuro?
Invero, il termine ‘postcristianesimo’ è
stato usato dallo storico Poulat per indicare uno stato di ‘marginalità’
nell’ambito di paradigmi socio-emotivi e cognitivi, e un cambiamento di una
cultura e di un linguaggio cristiani per secoli punto di riferimento di valori,
esperienze e prospettive.
In precedenza, a porre in discussione la
cristianità sono stati, tra l’altro, l’Illuminismo, la Rivoluzione francese e
il processo di secolarizzazione. La più grave crisi del millennio subita dalla
Chiesa, tuttavia, avvenne- come scrive
lo storico tedesco Reinhardt in un libro che esce in questi giorni- tra il 1524
e il 1534 al tempo della riforma luterana.
L’onda d’urto della secolarizzazione degli
anni Sessanta porta a un processo di ‘decristianizzazione’ e ‘anticlericalismo’
descritto da Jean Delumeau nel suo libro Il
cristianesimo sta per morire? Lo storico francese propone il passaggio da
un cristianesimo ‘umanimista’ e ‘dolorista’ a un ‘cristianesimo libero’,
tuttora ancora ‘solido’. In questa direzione si pone anche un altro studioso,
René Rémond, il quale presenta l’immagine di un cristianesimo visto come
fermento e capace di introdurre ‘valori
forti’.
In questa nuova crociata contro la religione
e Dio si pongono alcuni neurobiologi, filosofi e scrittori, come Dawkins,
Krauss, S.Harris, Dennet, Hichens. Questi autori sono uniti da un grande
obiettivo comune, quello di criticare aspramente l’esistenza di Dio e la
religione intesa come ‘disfunzione evolutiva’. I neurobiologi fisicalisti non
riconoscono una metafisica che trascenda la materia e ritengono pertanto
‘incompatibile’ l’idea di un ente trascendente.
L’ eminente neurobiologo, R. Dawkins, sostiene
al riguardo che la scienza costituisce ‘la nuova e principale fonte di prova
che qualsiasi congettura a proposito di un creatore non sia affatto
necessaria’. Nel suo libro ‘L’illusione di Dio’, egli asserisce che la
religione è ‘falsa’ e che Dio ‘non esiste’. Sulla scia di questa asserzione, L.
Krauss muove un’altra critica contro l’idea della creazione, affermando come
l’universo sia emerso ‘dal puro e
semplice nulla’, senza niente di preesistente e senza un ‘creatore divino’.
Anche da S. Harris provengono attacchi alla religione e alla fede, le quali
‘apportano soltanto sofferenza’. La moralità ‘non proviene dalla religione’, ma
è una caratteristica dell’evoluzione. Questa concezione si riscontra anche nel
filosofo D. Dennett, il quale rimarca che la teoria evoluzionistica spiega lo
sviluppo della coscienza e della moralità, e che non occorre un ‘testo sacro’
per dirci come dobbiamo comportarci.
In questa linea si muovono anche C.
Hitchens, per il quale la religione ‘avvelena ogni cosa”, e S. Hawking, la cui
idea base è che la scienza da sola è sufficiente a spiegare le origini
dell’universo e non c’è bisogno di invocare Dio per ‘accendere la miccia’ che
fa partire l’universo”.
Professor
Brunetti, come valuta queste teorie?
“La concezione secondo cui l’unica
realtà è la materia e lo spirito non è altro che l’attivazione di sistemi
neurali e di meccanismi cerebrali non soltanto
è ‘indimostrabile’, ma è ‘priva di senso’. Nei libri di questi autori,
come concordano anche A. Aczel e A. Mcgrath, non riscontriamo elementi di
‘scienza pura’, cioè di conoscenze oggettive. Si tratta di scienza con ‘uno
scopo’, quello di confutare l’esistenza di Dio. Sono pertanto argomenti
‘tendenziosi’, che ‘piegano e distorcono la scienza secondo i propri fini’.
Sono critiche antireligiose, piuttosto che un ‘serio tentativo’ di argomentare
e riflettere sulle implicazioni della
scienza. La visione della vita offerta dai Nuovi Atei risulta - precisa C.S.
Lewis- piuttosto ‘tetra e insignificante’.
Questi scienziati si ritengono paladini di
Darwin, ma fingono di non sapere che lo stesso Darwin non voleva essere
considerato un ateo, ma affermava la ‘concordanza’ tra la religione e la teoria
dell’evoluzione. Un concetto condiviso anche dal grande scienziato evoluzionistico, S. Gould, il
quale ammette il ‘valore’ della religione. Evoluzione e fede in Dio- egli dice-
non sono necessariamente ‘in contraddizione’ e l’evoluzione ‘non sostituisce
Dio’. Negli scritti di Einstein ci sono ripetuti riferimenti a Dio. La scienza
senza religione è ‘zoppa’, la religione senza scienza è ‘cieca’. Chiunque si
occupi di scienza - osserva – ‘si convince che una sorta di spirito, di gran
lunga superiore a quello umano, si manifesta nelle leggi dell’universo. In
questo senso, la scienza conduce a un sentimento religioso”.
Qual
è il contributo delle neuroscienze?
“ Dalle considerazioni finora espresse,
emerge che la scienza non è ostile alla religione.
Ricerche cliniche e sperimentali di
neurofisiologia condotti attraverso metodiche di neuroimaging hanno permesso di
studiare le aree cerebrali attivate o
disattivate durante i vari tipi di meditazione o preghiera (Newberg). Altri
studi hanno rilevato ‘intense emozioni’ e lo sviluppo di ‘calma emotiva’
(Ficher), riducendo stati di ansia, paura, dolore e producendo sensazioni di
euforia e gioia.
Le ricerche nel campo delle neuroscienze
mostrano l’esistenza negli esseri umani di sistemi neurali e circuiti cerebrali
coinvolti nella dimensione del sacro e del trascendente, nell’esperienza religiosa,
nelle credenze e nell’idea di Dio. In base all’insieme di queste ricerche,
autorevoli neuro scienziati hanno indicato nel cervello umano la presenza di
‘un’area divina’, di un ‘centro di Dio’ nel cervello (Shacter). Dio, fede, religione, spiritualità hanno
dunque una base genetica, un istinto religioso che ha avuto origine da reazioni
biologiche comuni a tutti gli esseri umani e perdura da quando l’uomo abita la
terra (Hauser). E’ una caratteristica universale, una ‘scintilla morale e
religiosa’ impiantata’ nella mente. E’ stato scoperto poi un gene che D. Hamer ha
chiamato il ‘gene di Dio’. L’individuo è perciò un Homo religiosus. Gli uomini- ha scritto lo scienziato G. K.
Chesterton- possono scoprire la struttura ordinata del mondo grazie al fatto di
recare in sé ‘l’immagine di Dio’.
E’ emerso un fecondo campo di ricerche,
che ha dato origine alla neuroteologia, una nuova disciplina che studia la
correlazione tra la dimensione spirituale e del sacro e la funzionalità
neurobiologica del cervello umano.
Quali
conclusioni possiamo trarre?
La scienza non ha fornito alcuna prova
che l’idea dell’esistenza di Dio debba essere ‘necessariamente errata’. Questa
né dimostra l’esistenza di Dio né la confuta. Nessuno può ‘garantire’ che Dio
non esiste. L’esistenza di Dio- ha dichiarato il grande scienziato Gould- si colloca al di fuori della scienza.
Nel
tempo del ‘dubbio’ e del ‘nichilismo’, in cui si proclama l’esistenza di
un ‘mondo disperato’, di una ‘cultura di morte’, di ‘un’assenza del senso’, la caduta delle ideologie deve condurre
-dichiara Paul Valadier- a una ‘fede di ragione’ in grado di ‘non far
disperdere la ragione e a ridare alla ragione fede in se stessa’. Anche il
grande filosofo Habermas e Joseph Ratzinger proclamano un nuovo rapporto tra
fede e ragione, le quali, in una società postsecolare sono chiamate alla
‘reciproca purificazione e al mutuo risanamento’, poiché hanno ‘bisogno l’una
dell’altra’. Non è possibile dunque eliminare il trascendente. Non c’è allora
alcun motivo, come chiarisce H. Joas, per guardare con scetticismo alla
possibilità di sopravvivenza del cristianesimo”.
“Postcristianesimo? Viviamo -conclude il
professor Guido Brunetti- una delle grandi contraddizioni di questo nuovo
Medioevo della civiltà postmoderna, assalito sempre più da troppi feudatari,
l’emergere di società tecnologicamente progredite, ma umanamente barbare.
Infatti, da una parte è in atto una rivoluzione scientifica destinata a
sconvolgere non soltanto i metodi di diagnosi e cura in medicina e psichiatria,
ma la nostra stessa visione del mondo e le nostre millenarie concezioni;
dall’altra, assistiamo all’erosione e al declino di quei principi che hanno
favorito la nostra formazione e l’avvento dell’Homo sapiens. Il limite dell’ Homo
sapiens è quello di non essere riuscito a debellare l’Homo malephicus”. I quali, purtroppo, sono destinati a coesistere”.
Anna
Gabriele
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