Berinto Aloè: maestro, poeta, scrittore, appassionato della natura. Ha forgiato generazioni di giovani spezzando con loro il pane del sapere, ligio a una indole indomita legata ai valori dell'umanità, della purezza d'animo e dell'amore agli ideali della Patria.
Lirico di profondo pensiero, immortalò nei suoi versi ispirati alla bellezza del creato, i luoghi della natia Celenza sul Trigno, le suggestività dei monti del vastese, le struggenti visioni della marina, con accenti sempre colmi di
amore e di umanità.
Non tralasciò mai di intervenire in difesa dell'ambiente e della salvaguardia dei monumenti architettonici dei centri del vastese e di Vasto, esaltandosi ogni qualvolta veniva recuperata un'opera d'arte, testimonianza dell'antica civiltà del nostro popolo. Fu istintivo scultore e impresse nella materia modellata con trasporto spontaneo, l'effigie di Don Duilio Lemme, indimenticato Parroco dell'Abbazia di Santa Maria del Canneto, dello scrittore Romualdo Pantini per l'Istituto Magistrale di Vasto, del pittore Nicola Galante per la Biblioteca Comunale di Vasto, una statua di Donna Abruzzese e l'effigie di Marte giovinetto nei giardini pubblici di Celenza sui Trigno.
Scrisse i volumi di poesie "I giorni della mia vita"; "Ho fretta", un volume di storia del paese natale "La mia Celenza”; “Poesìe & Prose" per cantare le bellezze della sua terra, l'amore verso la Patria, le ricordanze della sua vita con particolare accenno a quella dedicata all'insegnamento scolastico.
Un uomo di profonda intelligenza che lascia un vuoto sensibile nel mondo della cultura abruzzese ed in quanti lo conobbero e ne hanno apprezzato le immense doti altruistiche. La nostra amicizia con Berinto Aloè agli inizi del 1957 quando entrambi ci trovammo a scrivere sul quotidiano "Il Tempo" di Renato Angiolillo. Si è ulteriormente rinsaldata con la sua apprezzata collaborazione a "il Vastese", ospitando le sue note contrassegnate da una inesauribile carica umana.
Ha saputo interprelare l'anima canora della gente d'Abruzzo, della sua Celenza che perde il cantore della storia, del folclore di un popolo, che seppe condividere con spontanea manifestazione di affetto, proiettando nel mondo della cultura italiana l'afflato e i sentimenti della nostra gente "forte e gentile".
Giuseppe Catania
VOGLIO TORNARE
Voglio tornare a rivedere le
strade
dove fanciullo
ho camminato scalzo
e dove il grillo
con le ali rosse,
come un fiore
salta e vola.
Voglio tornare ad ascoltar la
sinfonia
delle cicale
di Celenza mia
a rivedere i fiori
e i sogni miei d'allora.
Berinto Aloè
Nessun commento:
Posta un commento