di Lino Spadaccini
Domenica
di Carnevale all’insegna della tradizione con il canto de "La Štorie".
In
una piazza finalmente gremita per il "Vasto Street Carnaval", in
tanti hanno seguito e apprezzato il canto de La Štorie, ripresa nel 1995 da
Fernando D'Annunzio, e cantata su motivo musicale di Carmine D'Ermilio dal
gruppo dei "Cantastorie del Circolo Socio-culturale di
S. Antonio Abate".
Dopo
la prima esibizione in mattinata sul palco di piazza Rossetti, i cantori si
sono spostati nella
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chiesa di S. Maria del Sabato Santo, esibendosi intorno
alle 12,30 al termine della S. Messa domenicale.Nel pomeriggio ancora tante
esibizioni tra la piazza e nella chiesa di Sant'Antonio di Padova, davanti le
telecamere di Misericordia TV.
Molto apprezzati dal pubblico i versi scritti dal
poeta Fernando D'Annunzio, in sostanza una sintesi, in versi dialettali, dei
principali avvenimenti dell’anno
appena trascorso, partendo dai fatti internazionali, con in evidenza l'elezione
"mirricàne" di "Trambe" e la "brexìtt", per passare a quelli
nazionali, con un occhio soprattutto ai tristi avvenimenti di queste ultime
settimane, tra terremoti, frane e la tragedia di Rigopiano, fino a giungere a
quelli locali, con i tanti problemi che affliggono la nostra città, che
rischiano di dividerla in quartieri di serie A e di serie B. Non potevano
mancare i versi dedicati alla Vastese, con la promozione in serie D, ed al
centauro Andrea Iannone che "s'è
mméssenghi 'nabbèllaggiuvunétte. Canda corre fa paùre, ognettandecasche pure, e
la ggènde va dicènneca la colpe è di Belènn".
Complimenti anche
al gruppo di musici e cantori del Circolo Socio Culturale "S. Antonio
Abate", che da ventitré anni onora questo impegno con passione,con l’unico
scopo di portare tra la gente un po' di sana allegria.
Appuntamento
all’anno prossimo per la ventiquattresima edizione, con i versi di Fernando
D'Annunzio:
Nu ccone ‘i cumènz’ a ddulé n’ganne,
chiudémenghi la Štorie di chišt’anne.
Aringraziàme vu’ pe’ ll’attenzione,
e grazie a chi cante e a chi sone.
E speriametuttiquènde
di puté’ štacchiùcundènde;
pe’ n’addr’ anne, a Ddì’ piacènde,
j’aridàm’ appundamènde.
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