Parte prima
Intervista al prof Guido BrunettiI recenti, ripetuti terremoti in Abruzzo e in altre zone del Centro Italia, che hanno provocato morte e distruzione, e il disastro determinato dalla valanga che ha ucciso 29 persone e raso al suolo l’Hotel di Rigopiano nel pescarese, hanno fatto emergere un grande sentimento di solidarietà e generosità negli italiani, dando vita a una nobile gara di solidarietà.
La cronaca quotidiana, tuttavia, ci presenta anche un’altra realtà. Violenza, aggressività, odio, conflitti, scandali e il crescente malessere della globalizzazione. In questi giorni poi Vasto sta vivendo una condizione di grande tristezza e di eccessiva esposizione emotiva.
Come intendere questi complessi, delicati e difficili fenomeni così contrastanti e inconciliabili?
Abbiamo chiesto al professor Guido Brunetti di aiutarci a comprendere la sostanza di questi fatti, ovvero la natura dell’essere umano e lo spirito del tempo alla luce degli straordinari progressi compiuti dalla scienza del cervello, della mente e della coscienza, cioè dalle nuove neuroscienze.
“Recenti ricerche delle neuroscienze hanno mostrato- risponde Brunetti- che gli esseri umani non soltanto sono i primati più aggressivi, ma anche quelli più empatici ed altruisti. Da una parte, l’altruismo- la bontà- che è un bene, dall’altra, l’egoismo- la malvagità- che è una pulsione di distruzione e autodistruzione. Sono le due facce di una realtà, che da sempre accompagna la vita umana.
In antropologia e sociologia, la natura umana viene rappresentata dalla massima di Plauto homo homini lupus (l’uomo è un lupo per l’uomo), cioè è nemico dei suoi simili, fa loro del male. C’è però anche l’altruista, il quale pratica il principio evangelico: Dilige proximum tuum sicut te ipsum. Odiare ed essere odiati. ‘L’un l’altro- scrive Dante nel Purgatorio- si rode’. C’è dunque l’età dell’odio e c’è l’età dell’empatia”, anche se la tendenza è verso una società- rileva il neuro scienziato de Waal- sempre meno solidale”.
C’è l’esigenza di accrescere la solidarietà?
“D’accordo con Adam Smith, il conseguimento dell’interesse personale e la visione ‘a corto raggio’ che caratterizza gran parte dei politici hanno bisogno di essere equilibrati da un sentimento di ‘solidarietà’. Un sentimento ritenuto già da Abraham Lincoln e Theodor Roosvelt come il più importante elemento nello svolgimento di una sana vita sociale e politica.
Avido di successo e di beni materiali, oggi l’individuo- spiega Brunetti- è sempre alla ricerca di modi veloci per soddisfare i suoi bisogni, indifferente ed apatico verso il prossimo. L’uomo della post-modernità appare un essere estraneo alle vicende del mondo e ripiegato su se stesso, nella deriva di un narcisismo individuale e collettivo. Di qui, l’impoverimento e la frantumazione dei legami familiari, delle dinamiche interpersonali e l’erosione del senso sociale e comunitario”.
Emerge un uomo a due dimensioni. E’ così, professor Brunetti?
In questi ultimi anni, i neuro scienziati sono interessati a comprendere che cosa sia la natura umana e quale sia la sua origine. La politica, il diritto, l’economia non hanno gli strumenti per esaminare il cervello umano e le dinamiche della società e ricavarne dati obiettivi e certi. C’è di più. Quasi mai prendono in considerazione le ampie conoscenze sulla mente e sul comportamento umano espresse dalle neuroscienze.
Queste ci dicono che siamo ‘animali sociali’, confermando le teorie di Aristotele. Siamo cooperativi e sensibili all’ingiustizia. Ma siamo, d’accordo con un grande scienziato, Frans de Waal, anche egoisti e malvagi, concentrati sul successo, l’individualismo esasperato e il consumismo. Il nostro io prima di tutto. Un io ipertrofico. Diverse ricerche poi hanno evidenziato che la ricchezza materiale, il denaro e la fama non influiscono sulla felicità, sul benessere e la tranquillità dell’animo”.
Il concetto di altruismo è complesso e sfuggente. Può chiarirci i termini?
“La nozione di altruismo è stata oggetto di studio in filosofia, psicoanalisi, sociologia e ultimamente delle neuroscienze. Il termine è stato coniato da A. Conte nel 1852 per indicare un fenomeno necessario alla conservazione della specie. L’altruismo diventa un ‘ideale morale’, il massimo principio in grado di governare l’esistenza.
E’ a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso che inizia, soprattutto negli Stati Uniti, una ricerca sistematica in materia, diretta ad accertare le condizioni interpersonali e socio-ambientali che spingono gli individui a prendersi cura e aiutare chi è in difficoltà. Sono state formulate diverse ipotesi teoriche, che vanno dall’analisi dei fattori genetici a quelli socio-culturali, all’educazione e all’apprendimento. In merito, occorre operare una distinzione tra aiuto egoistico, che ha quale obiettivo un beneficio personale dall’aiuto altruistico, che come scopo ha il benessere altrui.
La psicoanalisi, che considera la natura umana come sostanzialmente egoistica, valuta l’altruismo come una ‘forma difensiva’ contro ansia, depressione e stati conflittuali interni. Da parte sua, le teorie dell’evoluzione ritengono importante il ruolo dei geni e giudicano questo sentimento come trasmissione del patrimonio genetico. Durante l’evoluzione, l’aiuto reciproco si è manifestato all’inizio nelle cure parentali prestate dagli esseri umani e dagli animali ai lori piccoli. Successivamente, è stato esteso ai membri della stessa specie, ai parenti e agli amici.
L’altruismo è diventato il fondamento della morale. Si agisce moralmente in quanto ispirati da una base neurobiologica. I valori etici si sono sviluppati durante milioni di anni di evoluzione. Sono valori che si ritrovano, come hanno dimostrato le ricerche di de Waal, in tutte le specie che devono contare sulla cooperazione, come i primati, gli elefanti e i lupi. Per i mammiferi, le cure materne sono la forma archetipa di altruismo, il paradigma di tutti gli altri comportamenti”.
Anna Gabriele
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