Il 13 dicembre la Chiesa Cattolica festeggia S. Lucia
Vergine e Martire cristiana, morta decapitata durante le persecuzioni di
Diocleziano a Siracusa nel 304 d.C.
Il corpo della santa, prelevato
in epoca antica dai Bizantini a Siracusa, è stato successivamente trafugato dai
Veneziani quando conquistarono Costantinopoli, l’attuale Istanbul. Oggi il
corpo è conservato e venerato nella chiesa di San Geremia a Venezia.S. Lucia è
considerata dai devoti la protettrice degli occhi, degli oculisti, degli
elettricisti e degli scalpellini e viene spesso invocata nelle malattie degli
occhi.
Anche a Vasto, sin dai tempi antichi, è sempre stata molto
alta la devozione a S. Lucia, basti pensare ai diversi quadri e statue presenti
nelle chiese vastesi, senza dimenticare anche l’esistenza di alcune cappelle
dedicate alla Vergine e Martire.
Luigi Marchesani nella sua Storia di Vasto scrive: "Il Palazzino di S. Lucia, che comprende la
Cappella
dedicata a questo martire ed è fiancheggiato da murati giardini, fa
tuttora bella mostra di se nel nord-est della città, dall’altro capo della
valle dell’Angrella. Fu casino de’ Canonici di Tremiti, che a Cesare
Michelangelo d’Avalos lo venderono, e questi in vaga villa lo ridusse, piena di
Cedrati venuti da Roma, e da Firenze". Sempre il Marchesani ricorda
che in questa villa, la sera del 28 ottobre 1723, venne rappresentata l’opera
prosaica "Merope", in onore del Connestabile Fabrizio Colonna, giunto
nella nostra città per ricevere il collare del Toson d’Oro.
Nella stessa zona, già nella metà del '500 esisteva il
convento di S. Maria in Valle, successivamente denominato Grancia di S. Lucia,
da non confondersi con la cappella di S. Lucia di proprietà del Marchese Don
Cesare Michelangelo d’Avalos, che vi istituì le cappelle con altari dedicati a
Santa Lucia e alla Madonna.
Nella prima metà dell’Ottocento, la chiesa era in condizioni
piuttosto precarie e veniva aperta solo nei giorni festivi per celebrare
qualche messa con elemosine raccolte da "zelante cittadino".
Le cronache vastesi ci ricordano che in seguito al
diffondersi del Cholera morbus nel 1837, le sale del casino a S. Lucia furono
attrezzate a provvisoria infermeria per i malati.Nello stesso periodo il Comune
pensò di acquistare il Casino di S. Lucia ed i giardini annessi per
trasformarlo in cimitero; venne effettuata anche un perizia nel 1838, ma non se
ne fece nulla e si ripiegò su contrada Catello, dove venne costruito su
progetto dell’ing. Nicolamaria Pietrocola.
Ancora LuigiMarchesani riferisce che nell’incontro delle due
vecchie strade che da Porta Palazzo e da Porta S. Maria conducevano verso la
Marina, era presente una torretta quadrilatera "tutta piena, non molto alta", che veniva chiamata Torretta di
S. Lucia. Ai piedi della torretta si notavano alcuni ruderi di un edificio "stretto e quadrato", forse
appartenenti ad un’altra cappella intitolata a S. Lucia.
Ma il culto di S. Lucia non si ferma qui.
Un tempo la festa era molto sentita a S. Maria Maggiore,
grazie alla devozione e all’interessamento della confraternita del Gonfalone e
della Schola Cantorum che intonava il Te
Deum del Perosi. Tre erano le messe celebrate nell'arco della giornata e
per l'occasione venivano benedette e distribuite ai fedeli due rosette piccole
di pane azzimo chiamati "l'ucchiucilli
di santa Lucì".
Nella chiesa di S. Francesco di Paola (o Addolorata) è
presente un bel quadro del 1718, opera del pittore vastese Giovan Battista de
Litiis (1693-1780). Un quadro di modeste dimensioni, di autore ignoto, è
presente lungo la navata centrale della chiesa di Sant’Onofrio, mentre una
statua di buona fattura è presente nella chiesa di Sant’Antonio di Padova.
Nella chiesa di S. Filomena a Porta Nuova, nella prima
cappella di destra è presente un bel quadro della metà dell'Ottocento
attribuito all'artista vastese Andrea Marchesani, dov'è rappresentato
Giuseppantonio Rulli, nelle vesti di cavaliere Costantiniano, in ginocchio
davanti a S. Lucia.
Lino Spadaccini
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