martedì 26 luglio 2016

E' possibile tumulare i morti sul proprio terreno: lo stabilisce il "Regolamento di Polizia Mortuaria"

IL CULTO DEI MORTI IERI E OGGI. LE TUMULAZIONI, LE CREMAZIONI, LE URNE CINERARIE.

di GIUSEPPE CATANIA

Gli antichi romani avevano il massimo rispetto per il culto dei morti. Usavano conservare le loro "ceneri" in apposite urne (cinerarie) dopo averle raccolte dal "rogus" (catasta di legna), perché era consuetudine cremare i cadaveri dei loro congiunti. Infatti, il corpo veniva deposto su una catasta di legna, con a fianco anche gli oggetti più cari in vita. Il fuoco veniva poi spento con spruzzi di acqua e vino e le ceneri raccolte in un panno venivano conservate in un vaso che poi era deposto nelle nicchie del sepolcro familiare e
murato da una lapide su cui veniva inciso il nome e la vicenda umana, nonchè un saluto con il classico "molliter cubent" (dormi in pace). Dal rogo era anche usanza far liberare un'aquila che simboleggiava essere venuta dal cielo per riportarvi l'anima del defunto. Seguivano le cerimonie espiatorie con l'apoteosi del defunto, con la purificazione del sepolcro con acqua lustrale. Vi si sacrificava sopra un maiale che poi veniva consumato durante il banchetto funebre. Al termine i convitati andavano via indirizzando verso il defunto espressioni di addio, come "la terra ti stia leggera", oppure “ti seguiremo secondo l'ordine naturale”. I familiari tornati a casa si purificavano bruciando zolfo e riaccendevano il fuoco per dare inizio ai "novemdie" (nove giorni di lutto stretto), che culminava con un sacrificio ai "Mani" e con una cena a base di uova, lenticchie e sale. Abbiamo voluto sommariamente ricordare le cerimonie funebri (justa funebria) degli antichi romani che si praticavano anche a Histonium (l'attuale Vasto), e che trovano testimonianza nel rinvenimento dì numerose urne cinerarie custodite nel Museo Archeologico di Palazzo D'Avalos, insieme a lapidi funebri che ricordano personaggi illustri del Municipio dei romani. Certamente l'usanza dì cremare i cadaveri va riferita al fatto che costruire tombe, cappelle e sepolcri cominciava a diventare una spesa rilevante ed era perciò conveniente ricorrere alla cremazione e conservare le ceneri dei defunti entro un economico vaso.

 Anche oggi, in special modo, il problema della sepoltura dei cari defunti rappresenta un onere non indifferente, sia sotto il profilo della spesa, sia per quello della reperibilità dello spazio che va sempre più diventando prezioso. I cimiteri sono saturi e costruire nuove cappelle o colombai è sempre più difficile. Tanto che ha preso sempre più diffusa l'usanza di ricorrere alla cremazione. C'è, dunque, un argomento che ci riguarda più da vicino, giacché, quanto prima assisteremo in Italia ai cosiddetti funerali all'americana, nel senso che le tombe di famiglia sono destinate a costituire un privilegio riservato a pochi facoltosi.

 Ma negli ultimi anni c’è una novità poco conosciuta: la possibilità di costruirsi una cappella sul proprio terreno dove seppellire i propri cari. 

 Lo stabilisce il DPR 10 settembre 1990 n. 285 “Regolamento di polizia mortuaria” che al capo XXI disciplina i “Sepolcri privati fuori dai cimiteri”. 

 Basta possedere un terreno, rispettare le distanze come i normali cimiteri, munirsi di autorizzazione dell'amministrazione comunale e del parere della Asl.

 Lo stesso DPR stabilisce che potranno anche essere realizzate le cosiddette "Camere di Commiato" che possono essere gestite da privati che si incaricano della sepoltura o della conservazione dei cadaveri, nonché la conservazione o la dispersione delle ceneri. Ed ancora, il "tanatoprattore" (cioè il conservatore del cadaveri) che già esiste in America, sarà incaricato di trattare il cadavere e consentire la migliore conservazione fino alla esequie.

 GIUSEPPE CATANIA

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