martedì 7 dicembre 2021

I poveri a Vasto nell'800: l'istituzione delle "Commissioni di Carità", tra le opere di più profonda umanità del sindaco Pietro Muzii

di  LINO SPADACCINI

Una delle grandi opere di profonda umanità creata dal sindaco Pietro Muzii, nella prima metà dell'Ottocento, fu l’istituzione delle Commissioni di Carità, che facevano capo alle tre parrocchie vastesi, quelle di S. Pietro, S. Maria e S. Giuseppe.

Ogni Commissione era composta dal Concurato, da quattro distinti soggetti di ambo i sessi e da un medico. La Commissione di Carità aveva il compito, in caso di presenza di un infermo nella propria parrocchia, di verificare lo stato del malato, invitando il medico del comune a visitare il paziente. In caso di necessità di sovvenzioni, la
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Commissione di Carità poteva farne richiesta alla Commissione di Beneficenza, la quale aveva a disposizione una somma di 60 ducati annui da dispensare ai poveri, sul legato del canonico De Stefanis, effettuato nel 1788.
In una lunga lettere del 12 settembre 1841 Pietro Muzii espose il proprio progetto all’Intendente di Chieti: “Sig. Intendente, onde rendere utilmente soccorrevole l’opera della beneficenza nella dispensazione delle elemosine e de’ sussidii ai poveri, si trova necessario il ripartire le tenuissime risorse, che questa amministrazione può calcolare nel legato di de Stefanis, in modo da estendere il soccorso nei positivi bisogni di chi urgentemente ne’ casi d’infermità specialmente se ne mostra meritevole in preferenza nel corso dell’anno della gestione, cui le risorse suddette sono riferibili.
Se un benché tenue valore si largisse al povero, è facile che quello si dissipi in uso diverso al paritivo bisogno di chi nella di lui famiglia à ridotto in istato che lo fa degno di sovvenzione esclusiva. Ed accade spesso che i meno bisognosi ottengano la elemosina che chieggono, mentre un immenso numero di medici langue nella inedia effettiva, e nell’imponente stato di tormentosa malattia, in cui rimane inosservato nel silenzio del languore, che gli sollecita la morte per deficienza di ajuto… In questa città son tre le parocchie, governate dai rispettivi Curati alla dipendenza d’un parroco. In ciascuna di esse si può stabilire una Commessione di Carità composta da due gentiluomini di esemplari costumi, ed anche da due gentildonne di austera vita, presieduta dal Curato della parrocchia medesima, e sotto la influenza e cooperazione della commessione di beneficenza, e del parroco. Liberandosi successivamente, a seconda del bisogno, delle picciole somme a favore delle dette commissioni di carità da quella di beneficenza sui fondi propri, potrassene fare il quotidiano impiego in necessarii alimenti, che personalmente ciascuna commessione ne’ soli casi di occorrenza, i quali giungano a sua conoscenza, può somministrare al più meritevole caritatevolmente, associandovi ogni altro riguardo di personale pietà, e di estraneo soccorso che quella può promuovere tra gli abitanti della parrocchia.
Il misero in tal modo ritrarrebbe un conforto nelle estreme sue necessità; i fondi addetti ad elemosine sarebbero utilmente dispensati con giustizia distributiva; ed il bello esempio dell’esercizio di carità offrirebbe una lezione prossima allo spirito, ed al cuore d’ognuno con vantaggio alla pubblica morale…".
Nonostante la richiesta del Muzii di avere un sollecito riscontro, la risposta dell’Intendente tardò ad arrivare, tanto che il mese successivo il Sindaco tornò a sollecitare la massima carica provinciale.  Il Muzii scrisse anche al Sottintendente, evidenziando alcuni casi concreti nei quali erano state elargite sovvenzioni a persone non particolarmente bisognose, a discapito della povera gente che per mancanza dei giusti aiuti si riversava nelle strade o nelle stalle.
Il progetto per l’installazione delle tre Commissioni di Carità venne approvato dal Consiglio degli Ospizi nel dicembre dello stesso anno e,  in seguito, anche dal Ministro degli Affari Interni.
Una volta approvata la nuova istituzione, Pietro Muzii inviò una lettera ad alcuni illustri cittadini, invitandoli ad accettare quel nobilissimo incarico: “La mancanza d’un albergo de’ poveri, la di cui erezione sto promuovendo fervorosamente, da’ causa allo spettacolo commovente, che in questa città spesso rinnovasi, con rammarico di chiunque sente la sciagura del suo simile, nel vedersi morire privi d’ogni umano soccorso ed anche senza il conforto di una sovrastante religione, agghiacciati dalla miseria quegl’infelici, che bersagliati da nimica fortuna o non trovano, o non sanno trovare una mano sovvenitrice… In certo modo l’amministrazione comunale, e l’amministrazione di beneficenza concorrono al sollievo de’ mendici, ma con meschini mezzi, che non hanno energia a propagarne il balzano della sovvenzione. La prima somministra ai poveri infermi gratuita assistenza medica, e gratuiti farmaci; e la seconda ripartisce in numerario tenuissimi valori che scaturiscono da poverissima sorgente d'un pi’ legato di lieve momento. Onde siano adeguatamente somministrati ai poveri infermi e ai più meritevoli gli ajuti suddetti, addizionati d’altri mezzi di cui la pietà sociale può provvedersi, fece il concetto la commissione amministrativa di beneficenza di stabilirsi in ogni parocchia una commessione di carità ad essa dipendente, e preseduta dal concurato della parocchia medesima, e composta da quattro principali signori d’entrambi i sessi, distinti per virtù cristiane, tra le quali primeggia quella della carità verso il prossimo… Mi auguro che la sua modestia, e la beniguità, e gentilezza non rendano la mia appellativa priva d’un grato suo riscontro di nobile adesione.”
Nell’accettare l’incarico Filippo Ricci così rispose: La Commissione di Carità, essendo una di quei stabilimenti che di per se stesso ne spaccia i vantaggi che ritraggesi da quegli infelici, che privi d’ogni soccorso solo in essa ritrovano sollievo ed ajuto, nel contempo fa rilevare la saggezza, la somma prudenza, e la filantropia di Ella che regola quest’Amministrazione che ne ha promosso con tale stabilimento sì salutari vantaggi…”.  Il 17 gennaio anche Adelaide Folliero nei Palmieri, accettò l’incarico: “E’ però santissima insituzione quella della Commessione di carità, la quale nel sovvenire di cure e di largizioni la classe più sfortunata della umana famiglia, tenta in parte addolcire l’aspra parzialità delle sociali vicissitudini che esuberanti dovizie ad alcuni destina, ad altri miseria dolorosissima! …Ed Ella, Signore, che con luminosa filantropia immise primo siffatta costumanza fra noi, si avrà in ogni tempo le benedizioni de’ buoni insino alla lontanissima nostra Posterità! Accetto con gioia e con riconoscenza profonda il glorioso incarico che Ella si è compiaciuto annovarmi col pregiato suo foglio…”.
Subito dopo l’approvazione della Commissione di Carità, Pietro Muzii inviò al Sottintendente la lista dei componenti delle tre parrocchie, citando anche un’esperienza simile già sperimentata in Francia, dove alcune donne, le Dames de la charitè, costituite in società, si preoccupavano di raccogliere fondi per aiutare le persone più bisognose.

Il 16 gennaio successivo, il Muzii scrisse ancora una volta al Sottintendente, inviandogli una bozza del Regolamento della Commissione di Carità e denunciando la scarsezza dei mezzi economici a disposizione del Comune, che non poteva far fronte a tutte le richieste di sussistenza, in particolare delle persone non gravemente malate, o come li definiva il Muzii i mendici sani: “Il povero conviene che trovi ajuto, ma non presso l’amministrazione di beneficenza di Vasto, che ne ritiene il solo nome. L’unico scarsissimo fondo del succitato legato (de Stefanis) è addetto al sacro patrimonio de’ mendici infermi, a di cui utilità sonosi create le dette Commessioni di carità, e pei quali mi giungeranno sempre grati i di lei comandi, in vista di cui, io mi rivolgo alle dette commissioni di carità per la loro cooperazione. Ma pei mendici sani, che pretendono asilo, vogliono il letto, reclamano il vestiario, gridano per aver il pane, mi è d’uopo a protestare la mia inabilità di secondarla…”.

Il Regolamento venne approvato dal Consiglio Generale degli Ospizj nella sessione del 4 marzo 1842 e rilasciato l’8 marzo successivo.
Nell’aprile del 1842 nella parrocchia di S. Maria, a Luigi Marchesani, lo storico vastese, venne affiancato, come medico sanitario, Filoteo de Benedictis. Nello stesso giorno venne inviata la lettera d’incarico ad altri due medici, Giacinto Barbarotta (altro illustre letterato vastese), per la parrocchia di S. Giuseppe, e Alberto Miscione, per la parrocchia di S. Pietro.
La Commissione di Carità delle tre parrocchie cittadine inizialmente non partì col piede giusto, incontrando le mille difficoltà che quasi puntualmente affliggevano una nuova istituzione pubblica: un po’ tutti erano stati presi dall’euforia iniziale, ma una volta che l’ideatore, il promotore, colui che aveva fortemente creduto e voluto quell’opera, ebbe lasciata la carica di sindaco, tutto cadde nel dimenticatoio.
Tornato nuovamente ad occupare la poltrona di primo cittadino nel 1849, Pietro Muzii rispolverò il suo vecchio progetto: “Una commissione di carità in ciascuna delle tre parocchie fu eretta con approvazione ministeriale nel declinare del 1841 in questa città.
Lo scopo di sì pio stabilimento era il soccorso a prestarsi ai poveri infermi che trovansi abbandonati alla loro miseria.
Un sì nobile istituto, rimasto finora dimenticato, vuole ragione che sia coronato da una pratica tutta ridondante di cristiana pietà.
Un ospizio pei poveri infermi si aprì dopo conseguitone il regale assenso in data de’ 10 Agosto 1842. Conviene ora che sia la commessione di carità, la quale prenda cura d’un albergo, che mentre eleva la patria nostra a sommo grado di civiltà, offre lo spettacolo commovente della carità cittadina, da cui emanano i pietosi suffragi all’umanità che langue…
Assistita dal reverendo parroco la commissione di carità, stenderà la sua mano soccorrevole su gl’infermi poveri, raccogliendo segretamente le spontanee oblazioni tra quei dell’agiata classe de’ nostri uomini, presso cui sarà anche utile promuovere efficacemente co’ bei modi di pietoso suggerimento le largizioni a titolo di pii legati, i quali perpetuino i venerandi nomi de’ generosi benefattori dai quali può sperarsi che d’una dotazione venga fornita per la perenne sussistenza il nostro ospizio sprovveduto attualmente d’ogni proprietà fruttificante…
Le sovvenzioni ai poveri infermi non ammettono indugio; e visitarli sovente sarà un atto di pubblica esultanza, e di gioja religiosa…”.
A differenza del 1842, questa volta la commissione era formata da sei signore dipendenti dal parroco. Il 26 Agosto del 1849, con pubblico Avviso ne venne informata tutta la cittadinanza.

Lino Spadaccini











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