di LINO SPADACCINI
Una delle grandi opere di profonda umanità creata dal sindaco Pietro Muzii, nella prima metà dell'Ottocento, fu l’istituzione delle Commissioni di Carità, che facevano capo alle tre parrocchie vastesi, quelle di S. Pietro, S. Maria e S. Giuseppe.
Una delle grandi opere di profonda umanità creata dal sindaco Pietro Muzii, nella prima metà dell'Ottocento, fu l’istituzione delle Commissioni di Carità, che facevano capo alle tre parrocchie vastesi, quelle di S. Pietro, S. Maria e S. Giuseppe.
Ogni
Commissione era composta dal Concurato, da quattro distinti soggetti di ambo i
sessi e da un medico. La
Commissione di Carità aveva il compito, in caso di presenza
di un infermo nella propria parrocchia, di verificare lo stato del malato,
invitando il medico del comune a visitare il paziente. In caso di necessità di
sovvenzioni, la
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Commissione di Carità poteva farne richiesta alla Commissione di Beneficenza, la quale aveva a disposizione una somma di 60 ducati annui da dispensare ai poveri, sul legato del canonico De Stefanis, effettuato nel 1788.
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Commissione di Carità poteva farne richiesta alla Commissione di Beneficenza, la quale aveva a disposizione una somma di 60 ducati annui da dispensare ai poveri, sul legato del canonico De Stefanis, effettuato nel 1788.
In una lunga lettere del 12
settembre 1841 Pietro Muzii espose il proprio progetto all’Intendente di
Chieti: “Sig. Intendente, onde rendere
utilmente soccorrevole l’opera della beneficenza nella dispensazione delle
elemosine e de’ sussidii ai poveri, si trova necessario il ripartire le
tenuissime risorse, che questa amministrazione può calcolare nel legato di de
Stefanis, in modo da estendere il soccorso nei positivi bisogni di chi
urgentemente ne’ casi d’infermità specialmente se ne mostra meritevole in
preferenza nel corso dell’anno della gestione, cui le risorse suddette sono
riferibili.
Se un benché tenue valore si largisse al povero, è facile che quello si
dissipi in uso diverso al paritivo bisogno di chi nella di lui famiglia à
ridotto in istato che lo fa degno di sovvenzione esclusiva. Ed accade spesso
che i meno bisognosi ottengano la elemosina che chieggono, mentre un immenso
numero di medici langue nella inedia effettiva, e nell’imponente stato di tormentosa
malattia, in cui rimane inosservato nel silenzio del languore, che gli
sollecita la morte per deficienza di ajuto… In questa città son tre le
parocchie, governate dai rispettivi Curati alla dipendenza d’un parroco. In
ciascuna di esse si può stabilire una Commessione di Carità composta da due
gentiluomini di esemplari costumi, ed anche da due gentildonne di austera vita,
presieduta dal Curato della parrocchia medesima, e sotto la influenza e
cooperazione della commessione di beneficenza, e del parroco. Liberandosi
successivamente, a seconda del bisogno, delle picciole somme a favore delle
dette commissioni di carità da quella di beneficenza sui fondi propri,
potrassene fare il quotidiano impiego in necessarii alimenti, che personalmente
ciascuna commessione ne’ soli casi di occorrenza, i quali giungano a sua
conoscenza, può somministrare al più meritevole caritatevolmente, associandovi
ogni altro riguardo di personale pietà, e di estraneo soccorso che quella può
promuovere tra gli abitanti della parrocchia.
Il misero in tal modo ritrarrebbe un conforto nelle estreme sue
necessità; i fondi addetti ad elemosine sarebbero utilmente dispensati con
giustizia distributiva; ed il bello esempio dell’esercizio di carità offrirebbe
una lezione prossima allo spirito, ed al cuore d’ognuno con vantaggio alla
pubblica morale…".
Nonostante la richiesta del
Muzii di avere un sollecito riscontro, la risposta dell’Intendente tardò ad
arrivare, tanto che il mese successivo il Sindaco tornò a sollecitare la
massima carica provinciale. Il Muzii
scrisse anche al Sottintendente, evidenziando alcuni casi concreti nei quali
erano state elargite sovvenzioni a persone non particolarmente bisognose, a
discapito della povera gente che per mancanza dei giusti aiuti si riversava
nelle strade o nelle stalle.
Il progetto per
l’installazione delle tre Commissioni di Carità venne approvato dal Consiglio
degli Ospizi nel dicembre dello stesso anno e,
in seguito, anche dal Ministro degli Affari Interni.
Una volta approvata la nuova
istituzione, Pietro Muzii inviò una lettera ad alcuni illustri cittadini,
invitandoli ad accettare quel nobilissimo incarico: “La mancanza d’un albergo de’ poveri, la di cui erezione sto
promuovendo fervorosamente, da’ causa allo spettacolo commovente, che in questa
città spesso rinnovasi, con rammarico di chiunque sente la sciagura del suo
simile, nel vedersi morire privi d’ogni umano soccorso ed anche senza il
conforto di una sovrastante religione, agghiacciati dalla miseria
quegl’infelici, che bersagliati da nimica fortuna o non trovano, o non sanno
trovare una mano sovvenitrice… In certo modo l’amministrazione comunale, e
l’amministrazione di beneficenza concorrono al sollievo de’ mendici, ma con
meschini mezzi, che non hanno energia a propagarne il balzano della
sovvenzione. La prima somministra ai poveri infermi gratuita assistenza medica,
e gratuiti farmaci; e la seconda ripartisce in numerario tenuissimi valori che
scaturiscono da poverissima sorgente d'un pi’ legato di lieve momento. Onde
siano adeguatamente somministrati ai poveri infermi e ai più meritevoli gli
ajuti suddetti, addizionati d’altri mezzi di cui la pietà sociale può
provvedersi, fece il concetto la commissione amministrativa di beneficenza di
stabilirsi in ogni parocchia una commessione di carità ad essa dipendente, e
preseduta dal concurato della parocchia medesima, e composta da quattro
principali signori d’entrambi i sessi, distinti per virtù cristiane, tra le
quali primeggia quella della carità verso il prossimo… Mi auguro che la sua modestia,
e la beniguità, e gentilezza non rendano la mia appellativa priva d’un grato
suo riscontro di nobile adesione.”
Nell’accettare l’incarico
Filippo Ricci così rispose: “ La Commissione di Carità,
essendo una di quei stabilimenti che di per se stesso ne spaccia i vantaggi che
ritraggesi da quegli infelici, che privi d’ogni soccorso solo in essa ritrovano
sollievo ed ajuto, nel contempo fa rilevare la saggezza, la somma prudenza, e
la filantropia di Ella che regola quest’Amministrazione che ne ha promosso con
tale stabilimento sì salutari vantaggi…”.
Il 17 gennaio anche Adelaide Folliero nei Palmieri, accettò
l’incarico: “E’ però santissima
insituzione quella della Commessione di carità, la quale nel sovvenire di cure
e di largizioni la classe più sfortunata della umana famiglia, tenta in parte
addolcire l’aspra parzialità delle sociali vicissitudini che esuberanti dovizie
ad alcuni destina, ad altri miseria dolorosissima! …Ed Ella, Signore, che con
luminosa filantropia immise primo siffatta costumanza fra noi, si avrà in ogni
tempo le benedizioni de’ buoni insino alla lontanissima nostra Posterità!
Accetto con gioia e con riconoscenza profonda il glorioso incarico che Ella si
è compiaciuto annovarmi col pregiato suo foglio…”.
Subito dopo l’approvazione
della Commissione di Carità, Pietro Muzii inviò al Sottintendente la lista dei
componenti delle tre parrocchie, citando anche un’esperienza simile già
sperimentata in Francia, dove alcune donne, le Dames de la charitè, costituite in società, si preoccupavano di
raccogliere fondi per aiutare le persone più bisognose.
Il 16 gennaio successivo, il Muzii scrisse ancora una volta al
Sottintendente, inviandogli una bozza del Regolamento
della Commissione di Carità e denunciando la scarsezza dei mezzi economici
a disposizione del Comune, che non poteva far fronte a tutte le richieste di
sussistenza, in particolare delle persone non gravemente malate, o come li
definiva il Muzii i mendici sani: “Il povero conviene che trovi ajuto, ma non
presso l’amministrazione di beneficenza di Vasto, che ne ritiene il solo nome.
L’unico scarsissimo fondo del succitato legato (de Stefanis) è addetto al sacro patrimonio de’ mendici
infermi, a di cui utilità sonosi create le dette Commessioni di carità, e pei
quali mi giungeranno sempre grati i di lei comandi, in vista di cui, io mi
rivolgo alle dette commissioni di carità per la loro cooperazione. Ma pei
mendici sani, che pretendono asilo, vogliono il letto, reclamano il vestiario,
gridano per aver il pane, mi è d’uopo a protestare la mia inabilità di
secondarla…”.
Il Regolamento venne approvato dal Consiglio Generale degli Ospizj
nella sessione del 4 marzo 1842 e rilasciato l’8 marzo successivo.
Nell’aprile del 1842 nella
parrocchia di S. Maria, a Luigi Marchesani, lo storico vastese, venne
affiancato, come medico sanitario, Filoteo de Benedictis. Nello stesso giorno
venne inviata la lettera d’incarico ad altri due medici, Giacinto Barbarotta
(altro illustre letterato vastese), per la parrocchia di S. Giuseppe, e Alberto
Miscione, per la parrocchia di S. Pietro.
Tornato nuovamente ad
occupare la poltrona di primo cittadino nel 1849, Pietro Muzii rispolverò il
suo vecchio progetto: “Una commissione di
carità in ciascuna delle tre parocchie fu eretta con approvazione ministeriale
nel declinare del 1841 in
questa città.
Lo scopo di sì pio stabilimento era il soccorso a prestarsi ai poveri
infermi che trovansi abbandonati alla loro miseria.
Un sì nobile istituto, rimasto finora dimenticato, vuole ragione che
sia coronato da una pratica tutta ridondante di cristiana pietà.
Un ospizio pei poveri infermi si aprì dopo conseguitone il regale
assenso in data de’ 10 Agosto 1842. Conviene ora che sia la commessione di
carità, la quale prenda cura d’un albergo, che mentre eleva la patria nostra a
sommo grado di civiltà, offre lo spettacolo commovente della carità cittadina,
da cui emanano i pietosi suffragi all’umanità che langue…
Assistita dal reverendo parroco la commissione di carità, stenderà la
sua mano soccorrevole su gl’infermi poveri, raccogliendo segretamente le
spontanee oblazioni tra quei dell’agiata classe de’ nostri uomini, presso cui
sarà anche utile promuovere efficacemente co’ bei modi di pietoso suggerimento
le largizioni a titolo di pii legati, i quali perpetuino i venerandi nomi de’
generosi benefattori dai quali può sperarsi che d’una dotazione venga fornita
per la perenne sussistenza il nostro ospizio sprovveduto attualmente d’ogni
proprietà fruttificante…
Le sovvenzioni ai poveri infermi non ammettono indugio; e visitarli
sovente sarà un atto di pubblica esultanza, e di gioja religiosa…”.
A differenza del 1842,
questa volta la commissione era formata da sei signore dipendenti dal parroco.
Il 26 Agosto del 1849, con pubblico Avviso
ne venne informata tutta la cittadinanza.
Lino Spadaccini
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