IL POETA NICOLA DEL CASALE (1926-1984) |
di GIUSEPPE CATANIA
Nel lontano 1986 il Comune di Vasto, nel novero delle iniziative promozionali della cultura, aveva disposto di commemorare la figura e l'opera dei personaggi illustri che hanno recato decoro alla città.
Ma Vasto deve ancora ricordare uno dei suoi figli più legati, con nostalgica passionalità d'affetti, alla sua terra natia: Nicola Del Casale, un poeta di cuore e di sentimento, della luce, come è stato definito, della chiarezza, della sincerità, della verità.
Nicola Del Casale è scomparso il 23 maggio 1984 e, lo ricordiamo con immutata amicizia.
Il nostro primo incontro con Nicola Del Casale risale al 1970, quando pubblicò (Centro Studi Abruzzesi diretto
da Francesco Amoroso) il volumetto di poesie "Lu Vuaste dumane" (presentato da Giuseppe Perrozzi); seguì, nel 1972 "Frunne e Frusce" con prefazione di Guido Giuliante, e l'anno dopo "Pinnuccia mò" con prefazione di Raffaello Biordi.
Nel 1975 per i tipi del la Tipografia D'Adamo - Vasto, pubblicò il volume di poesie in lingua "Fari e Lanterne". Ma resta ancora inedita la ponderosa e significativa "La Cummedia Nostre" (ben oltre 10.300 versi), un'opera che il poeta stesso ritenne meritevole dì "entrare a far parte del bagaglio di librarie reminiscenze di ogni nostro concittadino attento ed amante della poetica arte dialettale".
Il ricordo più bello di Nicola Del Casale l'abbiamo quando egli, con quella squisita spontaneità di immagini liriche, in segno di ringraziamento "per le cortesi parole a onor di mia poesia", nel giorno di Venerdì Santo (1.4.1983), ebbe l'estro di dedicarci questa poesia:
SORGENTI ANTICHE
(dedicato a Giuseppe Catania ndr)
A Te che di Trinacria hai l'alma
e il cor per Vasto,
viene il mio pensier già flesso
e pur frondoso al sol rimasto,
qual di palma
avendo fermo al suol radici,
piega il tronco, e al vento
verde posta ardita chioma,
non suona
al ramo che dissecca pende
l'aer mosso,
né sibilo è lamento
ad un cecar di rena
quando è più tempesta presso
che pure il mar fa grosso.
Solo è un portatore di voce
nella notte piena
allor che l'uomo di paura tace,
dimentico dell'esser navigante
di quei ch'ha vita
in questo mar smeraldo
e sempre amor sonante,
ogni luce e caldo a questa terra che, certo,
non è deserto.
Limpide fonti fresche:
e chiare rispecchieranno alfin serene
e più disseteranno l'arse vene
nel far ritorno
alle sorgenti antiche
dove stan l'acque stesse amiche.
A questa dedica rispondemmo con un verso caudato, composto nel giorno di Pasqua 1983, proprio per essere aderenti, non più alla ricorrente prosa che ha distinto le nostre corrispondenze, ma ad uno stile poetico che bene a lui era caro e, peraltro, rispondente appieno alla sua spiccata personalità lirica:
VANTO D'ABRUZZO
O Vate che d'Abruzzo rechi il vanto,
puro nell'alma, fonte cristallina,
Ti benignasti dedicarmi un canto;
io ben l'accolsi: quasi genuina.
Gemma lucente, ricca di purezza.
Tanto m'è caro questo tuo pensiero
che il cor mio, sfiorato da carezza,
questo sonetto, col parlar sincero,
presso di Te recapitare anela.
Ti sono grato assai, gentil poeta,
Onore e gloria accresci al nostro Vasto.
Tu sei Colui che dolce il core acqueta
col verso che la Musa Ti rivela,
e a Te sospinge, immacolata vela.
La risposta di Nicola Dal Casale, solleticato nello spirito, non si fece attendere. Per noi, ricordare quei momenti di legame sentimentale ispirato a spiritualità poetica, riaccendono attimi di commozione profondi.
Nicola Del Casale è stato un sincero amico e ne conserviamo la immagine immacolata come il suo verso. Riconosciamo alla sua anima quella predestinata forma di Vate, quasi presago del suo destino e questo è anche una conferma della sua prolissa produzione, molta della quale deve ancora essere edita.
Forse Nicola Del Casale avvertiva qualcosa nell'imperscrutabile sì che si affrettava a comporre, per lasciare una colossale opera poetica, quando egli, purtroppo, troppo presto, ci avrebbe lasciati. E lo diciamo con rammarico perché abbiamo perso un amico.
Ma, abbiamo perduto anche un poeta che seppe cantare, con la sua spontaneità di espressione popolana, la sua terra, la sua gente, le peculiarità umane.
Ci resta così la sua opera fatta di versi immortali, che ora sono consacrati alla storia futura, alla cultura poetica del nostro Abruzzo. Nicola Del Casale, così come ogni anima candida e conscia del suo essere, seppe benissimo interpretare il suo momento, tanto da non crearsi illusioni di celebrità.
E’ quanto mai eloquente la risposta che egli fece al nostro sonetto (composto il 6 aprile 1983), con un titolo e un contenuto più che veristico, pochi mesi prima di morire, che ha un significato singolare.
POST MORTEM HONORABIMUS
Di Stampa l'uomo e di che stampo fatto
al bel fiorir di tua penna cheta
conobbi, e il cor me ne fu ratto.
Non conoscerti in dolce stil poeta
Io Vanto al Vasto son? Chi più che puote
maggior di me, o Peppe buon, son quei
ch'ardon vampe a Dea lor divote
e spengon d'olio i lumi tuoi e miei.
Nemmen dell'Etna al magma e al gran ruggito
trema, colui che a verità non s'arde?
Quegli è non lava, che è già granito!
Forse scrivendo, teneri siam gessi noi,
non di pietra a un cor che grigna e morde.
Forse, buon Peppe...e lor ci pensan d'essi!
Vate? No! Oh, io onor recare al Vasto...
qual gloria e merto, quale incenso e fasto?
Trinacre tu in sangue e d'adozion vastese,
a te son noto. E non ho fauste imprese!
Che vuoi che vampa faccia paglia mia
in dolce terra che mi è natìa?
A niun è dato essere profeta
in patria sua. Si, io poeta?
Vedo il Vasto ai centenari accorto
come al bicento del Veggente cieco
esule in Albione. A riparar che torto?
Dimentico egli Vate, e in malasorte,
rattrista il suon del secolare eco
che onori assegna all'uom dopo la morte.
"A te, buon Peppino, scriveva Nicola Del Casale - destino questi due sonetti, alfin che tanti e i più cari affetti sian risvegli a onore del Vasto nostro".
Li abbiamo custoditi quale prezioso dono fattoci da un carissimo amico e li offriamo ora alla conoscenza di quanti di Nicola Del Casale hanno seguito la vicenda umana e poetica.
Ma vuole anche questa iniziativa porre l'accento sulla opportunità di risvegliare le coscienze di chi, avendone la possibilità, ed anche il dovere civico, promuovano quelle attività culturali che sono proprie della nostra terra e della nostra epoca, dedicando spazio e tempo ad un poeta di fervida ed appassionata liricità, che seppe esprimere con la sua opera, un momento della nostra civiltà, cantandone il costume e il folclore, la spiritualità e l'essenza umana ispirata ad una religiosità ricca di temperamento mistico, quale il vero Poeta sa possedere, quale patrimonio inestimabile di vera sopravvivenza materiale. Perché, a dirla con Nicola Del Casale, non si avveri il detto che ha sapore di vaticinio: "rattrista il suon del secolare eco che onori assegna all'uom dopo la morte".
Giuseppe Catania
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