di Nicolangelo D'Adamo
Mons. Loris Francesco Capovilla ci ha lasciati nel pomeriggio del 26 maggio u.s., festività del Corpus Domini per il Calendario Canonico. Con Lui se ne va il fedele custode della memoria di papa Giovanni XXIII e un grande testimone di
un periodo di eccezionale fervore riformatore della Chiesa , quel Concilio Vaticano II che segnerà la storia del cattolicesimo con un “prima” e un “dopo”. Un coraggioso tentativo di liberazione, dottrinale e pastorale, da tante incrostazioni storiche che avevano finito con l’appesantire lo stesso messaggio di Redenzione , ovvero il cuore dell’Annuncio cristiano.
L’attività episcopale di Capovilla iniziò dopo qualche anno dalla morte di Papa Giovanni con la nomina a Vescovo dell’arcidiocesi di Chieti-Vasto. Era il 26 giugno 1967 . Chi era giovane allora ricorderà molto bene quale ventata di novità rappresentò il suo arrivo: nel linguaggio, nei rapporti umani, nell’organizzazione della Diocesi, nei gesti, taluni spettacolari, per qui tempi, come la visita a Vasto a casa Laporese per la morte di Domenico (Mimì), capo carismatico dei Comunisti locali.
Soprattutto i giovani di azione cattolica, in quegli anni, si interessavano molto delle novità conciliari, novità che si mescolavano alle tante pulsioni che arrivavano dalle università, e si andavano definendo anche i contenuti dei primi “Gruppi Esprit”, uno dei movimenti laici nati alla luce delle indicazioni della Lumen Gentium, quel movimento aveva simpatizzanti anche a Vasto tra alcuni giovani universitari. A loro mons. Capovilla non lesinava insegnamenti con frequenti occasioni di dialogo.
Poi nel settembre del 1971, quattro anni dopo il suo arrivo nella nostra Diocesi, il trasferimento a Loreto, da dove comunque ha continuato a mantenere buoni rapporti con i giovani formati da Lui. E, infine, Sotto il Monte per curare meglio la grandissima eredità di Papa Giovanni, a cui ormai aveva dedicato tutta la sua vita sacerdotale.
La sua devozione a quel Papa santo, il suo inalterato carisma, le migliaia di pagine scritte su di lui, nel 2014 ricevettero il premio del cardinalato da papa Francesco. Lui che era nato nel 1915, diventava così il porporato più anziano al mondo.
Nel giorno del suo centesimo compleanno, ottobre scorso, agli auguri di alcuni giornalisti regalò ancora parole di ottimismo per il futuro: "Come posso essere pessimista io del futuro, dopo aver incontrato uomini come papa Giovanni, Paolo VI, gli altri papi, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati, Giuseppe Dossetti, Alcide De Gasperi, Aldo Moro. No, non siamo allo sbando. La nostra storia è storia di bellezza, di verità, di giustizia e di amore. Noi intendiamo ancora calcare queste orme. E andare ben oltre". Questo era Capovilla: un misto di bellezza, speranza e carità.
Ad un giovane migrante del Mali, ospite della Comunità Villa s. Francesco di Belluno, fondata da Giovanni XXIII, ha regalato questa bella riflessione: "Sono contento di essere vissuto in questo mondo, Io ormai ho finito la mia corsa e tu la cominci. Dai il tuo contributo per la civiltà dell'amore perché non ce n’è un'altra, non c'è la civiltà della tecnica, della potenza o delle armi. A me sono tanto cari i miei fratelli cristiani, lo so, ma nella stessa misura mi sono cari tutti gli uomini e donne di questo mondo".
Mi piace ricordare mons. Capovilla con questo pensiero , così intriso di quella carità cristiana universale che papa Francesco ci ricorda quotidianamente.
NICOLANGELO D’ADAMO
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