martedì 24 maggio 2016

Personaggi: ETTORE JANNI (1875-1956) GIORNALISTA E LETTERATO DIRETTORE DEL "CORRIERE DELLA SERA"

Ettore Janni
di LINO SPADACCINI

Sessant'anni fa, esattamente il 22 febbraio 1956, nello stesso giorno in cui si verificava la frana al Muro delle Lame, si spegneva a Milano il giornalista e letterato abruzzese Ettore Janni.
Il suo nome è accostato soprattutto al quotidiano milanese Corriere della Sera, di cui fu prima redattore e, successivamente, direttore, in una fase delicatissima per le sorti dell'Italia, quando fu dichiarato l'Armistizio l'8 settembre del 1943. Ma Janni è estato anche un proficuo saggista con all'attivo circa un centinaio di pubblicazioni tra biografie, raccolte di articoli, traduzioni e presentazioni di libri di altri autori.
Senza ombra di dubbio, Ettore Janni amò profondamente il giornalismo come strumento di educazione e formazione, rimanendo sempre libero e fermo nei suoi ideali, respingendo qualsiasi contaminazione e compromesso della politica attiva.
Ettore Janni nacque a Vasto, a Belvedere Romani,l'11
ottobre del 1875, in una famiglia di artigiani: il padre,Luigi, era tappezziere, e la madre, Palma Rosa d'Amelio, cucitrice. Trascorse l'infanzia ad Atessa, mentre a Chieti conseguì il diploma liceale. La passione per la politica lo avvicinarono sin da giovane al giornalismo, attraverso le collaborazioni con le testate teatine La Cecale e Domani, dove pubblicò articoli, novelle e poesie; successivamente si occupò della direzione del settimanale Il Novello.
Dopo aver conseguito la laurea in lettere e filosofia presso l'Università di Firenze, si trasferì per un breve soggiorno a Napoli e, successivamente, a Milano dove entrò come redattore nel quotidiano La Lombardia. Una rapida carriera lo portò ad assumerne la direzione, ma poco dopo,nel 1903, venne assunto dal Corriere della Sera con l’incarico di curare principalmente la rubrica letteraria e di costume. 
Nelle elezioni politiche del 1919 venne inserito in una lista di combattenti e fu eletto deputato al parlamento (XXV legislatura) per la circoscrizione di Chieti. Janni racconterà alcuni anni dopo nel volume Memorie di un deputato(1922) il disagio e la sofferenza di quell'esperienza parlamentare, che durò soli due anni: amareggiato e deluso dalle attività parlamentari, si dimise dall’incarico, maturando e assumendo una decisa posizione antifascista.
Al tempo della candidatura politica entrò in stretta amicizia con poeta pescarese Gabriele D’Annunzio,con cui lavorò a diverse iniziative letterarie, tra le quali ricordiamo le traduzioni dal francese all'italiano della Pisanella(1913) e del Martirio di San Sebastiano(1911).
Nel 1925 fu costretto a lasciare il quotidiano milanese per le sue idee antifasciste. Pur non lasciando del tutto la carta stampata, si dedicò alla letteratura e alla critica letteraria, approfondendo la figura di illustri personaggi del passato quali Dante, Machiavelli, Leopardi e curando le biografie su Colombo, San Francesco, Bortolo Belotti, Alberto de Haller e Galileo Galilei.

"Dal 1925 egli visse di studi, ricerche, di evocazioni", ricordava Paolo Lecaldano  in Poeti minori dell’Ottocento, vol.4, "ma la sua cura più assidua e la sua maggiore risorsa fu la redazione tutta di suo pugno, dalla prima all’ultima pagina di una rivista di storia della medicina e di divulgazioni sanitarie – Il Giardino di Esculapio – da lui rivolta più alla mente che al corpo, in verità, e in cui, attraverso un lavoro gigantesco, raccolse somme di esperienze e profuse tesori di saggezze".

Caduto il fascismo, a partire dal 26 luglio del 1943 assunse la direzione del Corriere della Sera; era in carica l’8 settembre, quando fu dichiarato l’Armistizio.

In un articolo memorabile, pubblicato il giorno successivo, dal titolo "Risalire", scrisse: "Giorno di profonda tristezza per il popolo italiano, se anche nel primo momento la fine d'una guerra impopolare, che ha sparso di lutti e di rovine tutto il Paese, abbia potuto dare un senso d'istintivo sollievo. Tre anni di sacrifizi non hanno portato che a questo risultato. Sopra ogni resistenza, sopra ogni speranza di una conclusione meno gravosa, sopra ogni tentativo di far meglio valere gli sforzi fin da principio inadeguati è passata, più che la volontà imperiosa del nemico, la crescente certezza che la partita era irrimediabilmente perduta. Tristezza profonda d'oggi, amarezza degli ultimi mesi, mentre la guerra urtava alle nostre porte, invadeva il suolo della patria, annullava a mano a mano ogni tentativo di reggere col solo coraggio degli uomini a una evidente insufficienza materiale, a una impreparazione che la lunga durata della lotta doveva rivelare sempre più calamitosa.Ed ecco questo popolo tratto da una duplice realtà ad approvare la cessazione di ostilità che erano divenute un vano olocausto di combattenti e un martirio di città indifese e a segnarla nello stesso tempo col segno del lutto, perché pesano ugualmente su di lui un passato di cui ha così scarsa colpa e un avvenire di cui lo travaglia il pensiero. Due date sorgono nella mente: il 4 novembre 1918, l'8 settembre 1943. Due guerre: col popolo, senza il popolo. E nel confronto è tutta la storia da cui bisogna risalire. Le bandiere d'Italia s'inchinino ai caduti, ai mutilati, ai superstiti, che hanno compiuto senza misura il loro arduo dovere. Si rialzeranno domani nel pugno di uomini che il grande dolore e l'immeritata umiliazione avranno fortificati. L'Italia risalirà. Ha in sé la sua rinascenza: lo spirito liberato e le intime forze riparatrici".

Il giorno successivo abbandonò l’incarico e fu costretto a riparare in Svizzera per sfuggire alla caccia dei nazisti che avevano messo una taglia sulla sua testa. A Locarno fondò un periodico di ispirazione liberale L'Italia nel secondo Risorgimento, è collaborò anche con la Gazzetta Ticinese, i cui articoli furono in seguito raccolti nel volume L'Italia Ieri e Domani. Nel 1945 ricoprì anche la carica di direttore del quotidiano liberale milanese La Libertà.

Janni tornò poche volte a Vasto.
A metà luglio del 1909 non riuscì a raggiungere Vasto, con la comitiva della famosa gita automobilistica attraverso l'Abruzzo, organizzata tra giornalisti e deputati, a causa di un guasto al suo mezzo avvenuto a Guardiagrele; ma non fece mancare la sua personale visita alcuni giorni dopo, accompagnato da Romualdo Pantini e dall'On. Francesco Ciccarone.
Janni tornò nuovamente a Vasto nel 1919, in occasione della campagna elettorale e negli anni '50, invitato dall'Azienda di Soggiorno e Turismo.
Nel 1955, pochi mesi prima della morte, a Milano, invitato da "La famiglia abruzzese", commemorò con grande passione la figura del poeta esule Gabriele Rossetti.
Nella seduta parlamentare del 25 febbraio 1956, il deputato Cesare Degli Occhi, del Partito Nazionale Monarchico, ricordò la figura del compianto Ettore Janni: "È morto in Milano di questi giorni, l’onorevole Ettore Janni… Egli è stato soprattutto un grande giornalista, perché seppe convogliare tutti i suoi sentimenti e anche, qualche volta, i suoi risentimenti politici in una superba dignità di forma: onde di lui e dei suoi scritti si poteva dire che lucere et ardere perfectum est. Egli è stato sempre fedele ai suoi ideali di libertà. Il 25 luglio fu chiamato a dirigere il Corriere della sera, che ricordava indubbiamente i suoi elzeviri dei lunghi anni passati. Immediatamente dopo dovette raggiungere un dignitoso e riservato esilio. Ritornò, divenne direttore del giornale La libertà. Egli seppe mantenere intatta la sua dignità e la sua fierezza, il suo senso di libertà e la sua misura anche nella situazione capovolta. Egli fu anche presidente dell’Associazione del controllo democratico, associazione senza clamori, ma che seppe in ore difficili assumere indirizzi coraggiosi nella generosa illusione di mutare il destino di una storia che non era facile sicuramente mutare. Pur avendo raggiunto una tarda età, era vigile, il suo spirito critico era intatto, anzi si era perfezionata la sua superiore serenità ideale, che gli ispirò una superba pubblicazione francescana: Le vie del Santo…".
Alle parole e al cordoglio espresse dall’onorevole Degli Occhi, si associò, a nome del Governo, anche il Presidente del Consiglio dei Ministri, Antonio Segni (futuro Presidente della Repubblica).
Anche a Vasto, il Consiglio Comunale, nella seduta del 7 aprile, non mancò di ricordare la figura dell'illustre figlio della terra d'Abruzzo.

L'opera più cara a noi abruzzesi e senz'altro Rapsodia Abruzzese, l'omaggio che Ettore Janni fece alla sua terra.
Uscita dai torchi della N. Moneta di Milano nel 1935, l'opera è stata ristampata nel 1959 per iniziativa della Famiglia Abruzzese Molisana di Milano, con prefazione di Giovanni Titta Rosa, ed ancora nel 2009 dalla Rocco Carabba Editore di Lanciano, nell'edizione curata dal prof. Gianni Oliva, Direttore del Centro Europeo di Studi Rossettiani e Professore ordinario della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università "G. D'Annunzio" di Chieti.
La Rapsodia dello Janni è un lungo poemetto in prosa, un viaggio attraverso i luoghi e le genti della propria regione condotto con lo sguardo della memoria e dei tanti ricordi vissuti durante l’infanzia. L’autore immagina di partire da Milano, città dalle tante ciminiere che versano nell’aria un pulviscolo che l’aggreva e delle sirene degli stabilimenti di periferia, per tornare nella sua terra natìa. Un viaggio alla riscoperta della bellezze, delle sensazioni, dei colori e dei profumi, vissuti, custoditi e mai dimenticati.
"L’itinerario seguito da Janni", scriveva Giovanni Titta Rosa nella prefazione alla seconda edizione, "è quello che dovrebbe fare ognuno che non conosca l’Abruzzo, e lo dovrebbe fare con questa così personale guida in tasca: una guida che è ben di più d’una guida, perché vi aleggia spesso un’anima poetica. Come quando, ad esempio, Janni sente e descrive l’odor di mentuccia vicino alla chiesa di S. Giovanni in Venere, o vede i buoi che trainano il plaustro, o parla del pane e dell’olio, e dell’antico e patriarcale ritmo della vita agreste, o celebra le bellezze di Vasto, di Chieti, dell’Aquila, di Sulmona e il traffico di Pescara…".
Questo è il tenero ricordo di Janni della sua città natale: "Cara Vasto, amore di terra lontana, alta sul mare, assorta, madre di poeti del verso e del colore, non immemore, nell’intima finezza che ha la tua gente dal rude parlare, del primo sangue ellenico; con la tua aria di signora decaduta, in una dimora logora ma con una terrazza su quello splendore della terra del mare del cielo che scalda il sangue e illumina l’anima; cara Vasto sognatrice e battagliera, benedetta per quel fermento d’indocilità che è tuo come i carciofini prelibati, l’olio degno d’Olimpia, il sapore della tua verdura, il profumo delle tue frutta, l’onore delle tue vigne, e di tutti gli alimenti è il più puro e si porta con sè nei climi più avversi e non vuol morire".
Una città natale mai dimenticata e portata sempre nel cuore, come testimoniano alcune righe intime, che accompagnano la dedica apposta per un amico su un suo libro: l’ex deputato di Vasto il non mai "ex" figlio di Vasto.

Lino Spadaccini



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