1° aprile 1816 - 1° aprile 2016
Per capire la frana del 1816 bisogna fare questa considerazione: una volta dall'attuale piazza Marconi si scendeva "gradatamente" verso il mare, non c'era l'alto dirupo. |
Prima della frana del 1956 di via Adriatica, ce n’è stata un’altra non meno violenta il 1° aprile 1816 che ha interessato il costone orientale nel tratto da Porta Palazzo alla Ripa dei Ciechi (zona Pianeta Centro Conad).
Ne parlano diverse fonti storiche, ma il resoconto più
completo è di Erasmo Colapietro, scritto l’anno dopo, prezioso documento che a
noi ha fatto conoscere alcuni anni fa l’ing. Antonio Santoro.
Ecco cosa scrive Colapietro nelle “Memorie su le rovine della Città di Vasto”:
“L’inverno del 1816 fu estremamente piovoso ed a vicenda si
successero ora copiose nevi, ed ora
straordinarie piogge, e l’umidità
atmosferica fu completamente stazionaria. Nella metà di Marzo caddero tali
nevi, che nella parte montuosa mediterranea della provincia si elevarono da
quindici a venti palmi; e nella conca marittima degli Abruzzi, e specialmente
in Vasto montarono oltre l’usato a palmi quattro”. La quantità di pioggia
caduta fu davvero straordinaria, le nevi precipitarono in abbondanza, inoltre
l’acquedotto romano, ormai vecchio e fatiscente, disperdeva tutta l’acqua nel
sottosuolo vastese verso la parte orientale;
a fine marzo, le giornate di sole e il vento caldo, favorirono lo
scioglimento rapido delle nevi, contribuendo in modo determinante al
collassamento di tutta la zona orientale.
Il primo aprile, verso l’una del pomeriggio, il
Sottintendente Barone Durini, dal suo balcone di casa, osservò “che il lido in
un certo modo si elevava, e che le acque si erano alquanto ritirate. Dopo
un’ora e mezza vide con istupore estremo, che il fenomeno erasi inoltrato
moltissimo, ed aveva acquistato grande estensione. Il mare erasi ritirato per
la lunghezza di circa un miglio, e nella latitudine di circa trecento palmi. La
spiaggia deserta delle acque erasi innalzata, ed il fondo pietroso, ed
argilloso del mare erasi visibilmente elevato sull’ordinario livello”.
Percepito la gravità della situazione, appena si formarono le prime crepe, il
Barone Durini ordinò l’evacuazione delle case nella parte orientale e nella
zona di Santa Maria Maggiore. E così “gradatamente tutta la terra, che si
estende dalle mura della città verso la parte di Santa Maria al Sud fino alla
porta di S. Michele cominciò a cambiar sito, ed a distaccarsi dal rialto
superiore. La superficie del suolo scendeva in modo che sembravano portarsi
verso il mare gli uliveti, i vigneti, ed i fabbricati”.
Il movimento franoso proseguì per i successivi due giorni e
inevitabilmente crollarono fabbricati, poderi, il magazzino del sale, un tratto
della strada principale ed alcune strade secondarie ad essa collegate, le
peschiere, le fontane rurali, i vigneti, la Cappella di S. Leonardo, situata
sotto i “Tre Segni” e la Cappella della Madonna della Neve.
In seguito alla sciagura non ci furono vittime, ma per
diversi giorni il rione Santa Maria rimase evacuato, finché non si ebbe la
certezza del cessato pericolo.
“Quale forza si opporrà per impedire, che i fabbricati
superiori rimasti allo scoperto, e privi di appoggio, e di base non crollino
ne’ sottoposti voti?”, si chiedeva Erasmo Colapietro, e ancora “Quale potenza
frenerà il corso delle terre, che sciolte da nuove acque e dalle nevi non
scorrano con tutta la violenza di un moto accelerato pel declivio, e pe’
precipizii tagliati a perpendicolo? Quale resistenza impedirà che le due Chiese
rurali di San Michele, e di San Lionardo non crollino? Quali mezzi si metteranno
in opera affinché non scoscendano il grande acquedotto della pubblica fontana,
e le imminenti fabbriche…?”.
L'amara considerazione è che le acque dell'acquedotto romano delle Luci - che usciva fino a qualche decennio fa alla fontana di via Tre Segni (vicino ai bagni pubblici) - oggi, dopo 200 anni, si perdono "totalmente" nella stessa zona acqua, tra S. Michele e la Villa Comunale. I ripetuti recenti appelli per ripristinare la condotta sono caduti nel vuoto. Prima o poi potremmo pagare il conto!
NDA
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