di
Lino Spadaccini
La terribile sciagura del 22 febbraio 1956, oltre a sconvolgere un’intera città, suscitò notevole scalpore anche fuori regione, grazie alla stampa nazionale che diede ampio risalto alla notizia, mettendo in prima pagina le drammatiche immagini della frana.Il quotidiano romano Il Messaggero, sabato 25 febbraio, pubblicò in prima pagina una foto del
costone orientale
franato in prossimità della chiesa di San Pietro, accompagnato dalla seguente
didascalia: "Il pauroso franamento
della zona orientale della città di Vasto. La fotografia da una idea
approssimativa del tremendo e oscuro flagello, che si estende fino al mare
minacciando la strada statale e le comunicazioni ferroviarie tra il Nord e il
Sud. Il pericolo continua ad incombere grave ed irreparabile".
Molto
dettagliata la cronaca su Il Giornale
d'Italia del 25 febbraio, dall'inviato Giuseppe Falcucci, in particolare
dei momenti precedenti il crollo,
attraverso la testimonianza del ragionier Lazzari. "Ma già da alcune ore", si legge nell'articolo,"l'operazione di sgombero, fra i boati dei
crolli, il terrore di centinaia di persone, l'ansia di salvare il salvabile e
la paura di non fare in tempo, la confusione generata dal panico e il dolore di
abbandonare la propria casa, con la quasi certezza di non più vederla, era
iniziata febbrile e drammatica. Già al tocco del mezzogiorno la guardia aveva
bussato alla porta del signor Lazzaro, un asciutto e dinamico ragioniere,
segretario dell'Associazione Commercianti di Vasto, che in quel momento era nel
suo negozio di abbigliamento e profumeria nel corso principale della città. In
casa c'era la signora Marta, costretta a letto da alcuni giorni per una noiosa
influenza; «le cose si mettono male; la frana avanza. Bisogna prepararsi ad
uscire», aveva detto la guardia alla
signora attonita e quasi incredula. Un quarto d'ora dopo il ragionier Lazzaro
tornò a casa, cercò di calmare la moglie che piangeva, stringendosi al petto
l'unico figlio. «Avranno esagerato; certamente avranno esagerato», disse il ragioniere, convinto egli stesso
dalle sue parole. E si affacciò, «per dare uno sguardo alla situazione», al balcone su via Adriatica. Ebbe appena
il tempi di sporgere la testa dalla balconata quando all'altezza della
confluenza di via Lago con via Adriatica, ad un duecento metri di distanza, in
linea d'aria, la muraglia, alta 25 metri, costruita or è qualche anno, a
sostegno di via Adriatica, «scattò in avanti come un enorme proiettile e si
frantumò nel vuoto, fra un assordante boato, mentre un torrente di acqua
limacciosa sgorgò dalla terra squarciata»".
Ed ancora: "A breve distanza di
tempo dal primo crollo si gonfiarono, ad uno ad uno, fra via Lago e via San
Pietro, i giganteschi archi del muraglione di sostegno scoppiando e
sfasciandosi, come castelli di carta; contemporaneamente crollavano le facciate
dell'Asilo delle Suore della Croce e della sacrestia della chiesa di San
Pietro, con la casa canonica; e, via via, le altre abitazioni, mentre nella
zona del pericolo, intralciata dalla strettezza delle strade in cui gli
automezzi, carichi di utensili, di mobili, biancheria, ecc. si ostacolavano a
vicenda e dall'accorrere di gente, da ogni quartiere, un po' per prestare il
proprio aiuto, un po' per curiosità, l'opera di sgombero continuava fino a sera;
e ancora non è cessata".
Ampio
risalto all’evento venne dato dal quotidiano comunista l’Unità. Il 24 febbraio titolò"110 famiglie senza tetto per la paurosa frana di Vasto". "Un intero quartiere sta vivendo da ieri
giornate di panico", sottolineava l’inviato,"per la spaventosa frana che si è verificata in via Adriatica e che ha
causato il crollo di 30 case di abitazione, mentre altre 60 sono state
fortemente danneggiate. Sono anche crollati circa 100 metri del muraglione di
protezione, una grossa roccia, che sostiene la parte orientale del quartiere
sta per franare: incombe così la minaccia di altri paurosi crolli". Nell’articolo
si parlò anche di ciò che non venne realizzato per evitare la sciagura: "I primi sintomi della frana si
verificaronoun anno fa. Già allora furono sfrattate diverse famiglie. Per
evitare la catastrofe occorreva provvedere immediatamente ad affrontare il
problema nella sua interezza. Sì è provveduto, invece, solo a sistemare un
tratto di strada rotabile, antistante la frana, che venne a costare 12 milioni
di lire e che ora sono andati completamente perduti perché bisogna iniziare da
capo”. E chiude: “I danni causati
dalla frana sono ingentissimi ed a nulla varranno le misure di emergenza che
hanno carattere di provvisorietà. Solo una legge speciale per Vasto potrà
risolvere concretamente il problema. Occorre provvedere con tutta urgenza".
Sempre
l’Unità, il 26 febbraio, tornò a
parlare di Vasto. Oltre alla foto in prima pagina, un lungo e dettagliato articolo
era presente in settima pagina, con il titolo "La frana di Vasto avanza 10 centimetri ogni ora". Molto
interessante il racconto di Riccardo Longone, con un’analisi a 360 gradi di tutta
la situazione:"Un intero rione
abitato da pescatori, che sorgeva intorno alla antica chiesa di S. Pietro, è
scomparso inghiottito dalla voragine. Sono così completamente sparite 30 case,
tra cui un edificio di quattro piani; un’altra sessantina di edifici sono
gravemente lesionati e pericolanti; alcuni, con le volte crollate, anch’essi
sono stati abbandonati".Inevitabile il riferimento al Porto di Vasto
in costruzione, opera fortemente voluta da Giuseppe Spataro, che ha tolto molte
risorse,che sarebbero potute essere utili ai lavori di consolidamento del
costone orientale. Inoltre, il giornalista di sinistra, non si lasciò scappare
un’occasione ghiotta per mettere in cattiva luce il politico vastese: "Così la popolazione di Vasto sta vivendo ore
di incubo miste a un profondo senso di rancore. Non fa quindi meraviglia
scoprire che trova credito tra la gente la storia di Giuseppe Spataro che, dopo
il suo arrivo, sarebbe stato addirittura preso a schiaffi, nel corso di una
riunione, dal vecchio sacerdote don (Vincenzo) Pomponio, che lo avrebbe appunto accusato di essersi opposto, in
passato alla esecuzione dei lavori, la cui necessità si fa ora sentire con così
drammatica urgenza".
Passiamo
al quotidiano torinese La Stampa, che
il 26 febbraio titolava"Vasto sotto
l’incubo d’una frana", accompagnato da una foto che immortalava
l’abside della chiesa di S. Pietro, seguito dalla didascalia"se questa non si arresterà il primo edificio
travolto sarà la chiesa". Il 1° marzo, lo stesso quotidiano torinese
titolava"Vasto si sgretola
lentamente demolita dalla frana gigantesca". Un titolo drammatico che rispecchiava
la situazione reale di quei giorni: "Se
la frana continuerà il suo inesorabile cammino, tra breve anche il centro della
città rischia di essere inghiottito dalla voragine. Le transenne di limitazione
installate per evitare l’accesso nella zona pericolosa dal 22 febbraio, vengono
costantemente arretrate... La terrazza d’Abruzzo, così è sempre stata
denominata la cittadina, va lentamente sgretolandosi di fronte agli sguardi
impotenti dei suoi abitanti. Le strette vie della zona orientale, per buona
parte travolte, sono alla mercé della frana che, simile a un mostro silenzioso,
distrugge implacabilmente ciò che l’uomo, con l’aiuto di Dio, è riuscito a
creare. Dove un giorno erano case, negozi, magazzini, ecc. oggi un cumulo di
macerie sta a indicare l’entità del disastro. Persiane sgangherate, relitti di
mobili, tracce inconfondibili di ciò che era Vasto, giovedì sera".
L’inviato de La Stampa continuò a
descrivere i danni alle strutture, le evacuazioni, con le persone fatte
ricoverare provvisoriamente presso alcune scuole e istituti, e le iniziative in
corso per allontanare le opere d’arte custodite all’interno della chiesa di San
Pietro.
Anche
i periodici diedero ampio risalto alla tragedia vastese. La rivista Le Ore (quando si occupava ancora di
cronaca e gossip), pubblicò tre belle foto, mettendo in evidenza la
processione, le persone messe in salvo e un primo piano del muraglione franato.
Nel breve testo a corredo, dal titolo"Come
un bombardamento", si rimandava alle tristi vicende vissute durante il
periodo bellico: "…Non ci sono state
vittime, ma c’è il dramma della gente che rimane senza tetto, che deve
conoscere per necessità di cose l’ospitalità forzosa e promiscua negli edifici
scolastici attrezzati a dormitori. È una circostanza questa che laggiù hanno
già sperimentato in tempo di guerra e chi c’era passato sperava di non doverci
passare più. Ma ogni anno si ripete, in grande o in piccolo, la stessa triste e
drammatica storia".
Molto
critico il giornalista dell’Avanti!,Giuseppe
Musolino, con un lungo e ragionato articolo, dove ricostruì gli avvenimenti dal
1942 in poi, quando davanti al grave problema, l’Ufficio del Genio Civile "ebbe a dichiarare di non essere in
condizione di eseguire l’opera di risanamento necessaria e indispensabile per
risolvere appieno il grave problema, ma che poteva soltanto costruire un nuovo
muraglione, che avrebbe potuto tenere soltanto per qualche tempo".
Duro l’attacco a Spataro ed ai cattolici: "Per ora l’unica manifestazione tenutasi a Vasto (ed alla quale abbiamo
personalmente assistito) è costituita da una processione di penitenza, svoltasi
oggi (ndr. 24 febbraio) alle 14.30,
alla quale ha partecipato anche il sindaco con il Gonfalone del Comune. Al
termine di essa il vicario e il sindaco, dalla chiesa di San Giuseppe, hanno, a
mezzo di altoparlanti, arringato alla folla che si assiepava sulla piazza (a
proposito, era… autorizzato il… comizio politico?), il primo affermando che la
punizione divina si è abbattuta su Vasto per i troppi che si sono allontanati
dalla religione seguendo ideologie avverse alla cristianità, e il secondo
invitando la popolazione alla rassegnazione e ad aver fiducia nella divina
Provvidenza e… in sua eccellenza Spataro, primo cittadino di Vasto".
Agli
attacchi del giornalista socialista, anche contro la stampa locale, a suo dire
non in grado di parlare di un "piano
organico", risposero i giornalisti vastesi attraverso un lungo e duro articolo
apparso sul periodico Histonium: "Come se i corrispondenti di Vasto non
facciano altro che grattarsi la pera! Come se tutti i lumi siano, per unzione
suprema, racchiusi nelle zucche degli inviati speciali! Ebbene, sig. G.
Musolino, per noi non siete avanti, ma indietro, ai primordi della correttezza
e dell’educazione". Stesse accuse vennerorivolte anche agli altri
giornali di sinistra, come Il Resto del
Carlino e l’Unità. In particolare
per quest’ultimo, il canonico don Vincenzo Pomponio, si rivolse al direttore
del giornale, on. Ingrao, chiedendo alcune precisazioni, in mancanza delle
quali sarebbe passato per le vie legali.
Il
primo marzo 1956 il cinegiornale La Settimana Incom , diretta da Sandro Pallavicini, si
occupa della frana di Vasto. Le immagini sono straordinarie e in poco più di un
minuto, danno la dimensione e la drammaticità
dell’evento. Le immagini in bianco e nero scorrono rapide e inesorabili,
sottolineate dalla voce grave e dimessa del cronista: ci sono i volti delle
persone incredule che osservano il disastro, chi cerca di porre in salvo i
simboli sacri della chiesa di S. Pietro e la fede della gente che porta in
processione la statua di S. Michele per placare la sciagura.
Questo
il testo integrale del servizio:
“Dopo le drammatiche giornate della neve, per
molte province italiane il ritorno di temperature più miti non ha significato
il risorgere della speranza. Al contrario, l’improvviso disgelo ha provocato
frane rovinose e allagamenti devastatori. Da più parti vengono segnalate
interruzioni di strade e crolli di ponti.
Nella cittadina
di Vasto poi si vive in piena atmosfera di tragedia: a causa di una frana di
proporzioni gigantesche, lo storico muraglione eretto a sostegno del paese ha
ceduto e l’intera parte orientale dell’abitato sta slittando inesorabilmente a
valle.
Il desolante
quadro richiama alla memoria le terribili scene dei bombardamenti bellici. Le
famiglie abbandonano le case minacciate. C’è nei volti la stupefatta
rassegnazione di chi nulla può fare contro l’ineluttabile. Anche gli arredi e
le immagini sacre vengono poste in salvo.
Gli uomini di
Vasto invocano la clemenza divina e attendo fiduciosi il generoso soccorso dei
fratelli italiani”.
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