Il 13 novembre del 1848 moriva a Vasto Gaetano Crisci,
apprezzato tenore, convinto patriota e fondatore nella propria città di una
sezione della Giovine Italia.
Membro dell'antica e nobile famiglia vastese dei Crisci,
presenti nella nostra città almeno dalla prima metà del Cinquecento, tra gli
antenati illustri di Gaetano si ricordano Eleuterio, Mastrogiurato nel 1528,
Orazio, 1° Sindaco nel 1568, Luzio, letterato e poeta, Vicario Generale della
Badia di S. Giovanni in Venere nel 1616 e dal 1631anche dei SS. Vito e Salvo,
ed ancora i mastrogiurati Giulio Cesare (1603), Giovanni Maria (1619 circa),
Giuseppe (1703), Gioacchino (1739 e 1769), e Francesco, 1° Sindaco nel 1800.
Giovan Battista (1766-1839), padre di Gaetano, è stato Giudice della Gran Corte Criminale di
Chieti e di Catanzaro, mentre il fratello, Domenico, viene ricordato come
l'autore del famoso brano "Mare
majje, scura majje", conosciuto anche come "Lamento di una vedova". Nel 1854 verrà incarcerato per le sue
idee patriottiche e liberali.
Gaetano Crisci nasce a Vasto nel 1804. Dopo aver compiuto
gli studi nella città natale, si reca all'età di 18 anni a Napoli, accolta
dalla zia paterna Silvia Crisci. Dotato di una buona qualità vocale tenorile,
prosegue gli studi di canto e da subito si fa apprezzare nei principali teatri
italiani sotto lo pseudonimo di Gaetano Contini, unendo il proprio nome di
battesimo al cognome della madre, Mariangiola Contini.
Il tenore vastese debutta nel dicembre del 1833 al
prestigioso Teatro Comunale di Modena nell'opera
Chiara di Rosemberg, melodramma in due atti di Luigi Ricci su libretto di Gaetano Rossi. Contrastanti i commenti dei critici: se sul Giornale Teatrale di Bologna il cronista è piuttosto tiepido nel dispensare elogi, L'Eco non esita a definire l'opera "fortunatissima", con tutti i pezzi applauditi dalla R. Corte e dal pubblico, ma su tutti la cavatina del soprano Teresa Melas (nei panni di Chiara), il duetto della stessa con Paolo Ambrosini (Montalbano), ed il finale, nel duetto della Melas con il vastese Gaetano Contini (Valmorre), che "fece un vero furore, interrotto ad ogni tratto da vivissimi plausi, con solenne chiamata".
Chiara di Rosemberg, melodramma in due atti di Luigi Ricci su libretto di Gaetano Rossi. Contrastanti i commenti dei critici: se sul Giornale Teatrale di Bologna il cronista è piuttosto tiepido nel dispensare elogi, L'Eco non esita a definire l'opera "fortunatissima", con tutti i pezzi applauditi dalla R. Corte e dal pubblico, ma su tutti la cavatina del soprano Teresa Melas (nei panni di Chiara), il duetto della stessa con Paolo Ambrosini (Montalbano), ed il finale, nel duetto della Melas con il vastese Gaetano Contini (Valmorre), che "fece un vero furore, interrotto ad ogni tratto da vivissimi plausi, con solenne chiamata".
La seconda rappresentazione è ancora più brillante
del debutto con applausi a scena aperta rivolti ai pezzi già citati e
soprattutto alla soprano Teresa Melas. Buona l'interpretazione del tenore
vastese, alle prime esperienze nei grandi teatri italiani, che merita l'elogio
de L'Eco: "Il Tenore Contini", si legge sulle colonne de L'Eco, giornale di scienze, lettere, arti,
mode e teatro, stampato a Milano, "è
un principiante fornito dalla natura delle più belle qualità, disimpegna la sua
parte con molta lode, e dà le migliori speranze".
Positivo anche il commento su Il Censore Universale dei Teatri, nel quale si legge: "La Chiara ha qui due provetti artisti, e due
iniziati nell'arte. La Melas bravissima, bravissimo Biondini; il tenore Contini
ed il basso Ambrosini sono tali che danno sicurezza di farsi bravissimi
anch'essi". E in un altro articolo più approfondito, pubblicato sullo
stesso giornale, si legge: "Il
Contini si presentò al Pubblico coll'imbarazzo d'un esordiente, fu però
ascoltato ed apprezzato, e nel duetto con la Melas ebbe molti applausi e la
chiamata. Questo giovine ha molta disposizione per farsi presto un buon
artista; la sua bella voce di vero tenore, messa con sicurezza, deve piacere
assolutamente; ha esso di più il pregio d'essere sempre intuonato, e di cantare
con buona maniera".
Il mese successivo, il 25 gennaio 1834, Gaetano Contini
torna in scena, nello stesso teatro e con la stessa compagnia, ne L'Elisir d'amore di Gaetano Donizetti
(successivamente riproposto in alternanza alla Chiara di Rosemberg fino al termine della stagione). Ancora un buon
successo per il tenore vastese, con la personale esibizione superiore rispetto
alla precedente opera. "Il tenore
Contini", si legge sul Giornale
teatrale di Bologna, "ogni
giorno acquista possesso di scena, e si è fatto applaudir molto specialmente
nel duetto colla donna e negli altri due col buffo e col basso".
Diverse le chiamate sul palcoscenico a lui riservate, alla fine dei duetti,
come confermato nell'articolo pubblicato su Il
Censore Universale dei Teatri: "Il
tenore Contini poi cresce altamente nel pubblico favore, perché altamente
cresce nella pratica della scena e nella franchezza del canto; bellissime
furono quindi anche per lui, e lo sono sempre, le acclamazioni e gli inviti sul
proscenio".
Dopo i successi modenesi, Gaetano Contini firma un contratto
con il Teatro S. Benedetto di Venezia (FOTO) per la stagione di primavera, per la
messa in scena dell'opera I Normanni a
Parigi, del compositore Saverio Mercadante, dove impersonerà la parte di
Odone, conte di Parigi. Nel cast sono presenti anche Giulia Micciarelli-Sbriscia,
Carolina Vietti, il basso Vincenzo Negrini
e Agostino Rovere nella parte di comico buffo.
L'inizio non è dei migliori per il cantante vastese: le date
ravvicinate delle rappresentazioni ed i continui sforzi gli causano problemi
alla voce. Sin dalla prima sera, in teatro, persone vicine al Contini,
riferivano che fino alle ultime prove "masticava
più liquirizia che altri non mastica note, perché poteva appena parlare. Ora
come avrebbe cantato, se poteva appena parlare?". La sera della prima,
il 31 marzo, le cattive condizioni del tenore vastese influiscono pesantemente
sulla riuscita dell'opera, tuttavia non sostenuto da uno buona prova dei suoi
colleghi, tutti decisamente sottotono.
La persistente malattia costringe il Contini a rimanere
fuori dalle scene per diverse settimane. In occasione della prima dell'opera Il Furioso all'isola di S. Domingo,
melodramma in due atti di Gaetano Donizetti su parole di Jacopo Ferretti, una
parte tuttavia piccola e di poco conto, viene sostituito dal Lega e
successivamente dal Pompejano. Ma le non ottime prove dei cantanti, insieme al
bisogno di utilizzarli per la nuova opera da mettere in scena, suggeriscono all'impresario
a sospendere le repliche.
"Si resuscitano I
Normanni in S. Benedetto per la ricomparsa del Contini", questo il titolo
dell'articolo apparso su L'Eco del 18
giugno 1834. Con la guarigione del tenore vastese, l'impresario del teatro porta
in scena nuovamente la tragedia lirica del Mercadante in precedenza sospesa a
causa della malattia del Contini. Ma infelice è la scelta del giorno della
prima, fissata per il 9 giugno, un lunedì, un giorno dove solitamente i teatri
rimangono chiusi. Infatti, come da previsione, l'affluenza è scarsissima. Ma
leggiamo direttamente dal giornale come è andata la serata: "…E questi stessi Normanni si danno per sua
serata e di lunedì, giorno il più nefasto per le cassette dei Teatri? Oh
l'Impresa favorisce in istrana maniera i suoi attori! È generosa l'Impresa! E
ben se ne accorsero i portinai, che con le mani sotto le ascelle invano
attendevano gli spettatori;il cancello della porta rimaneva immobile sopra i
suoi cardini, e i portinai de' palchetti, dalle regioni dell'aria eran calati
in platea; ma le loro chiavi sì gl'impedivano questa sera, che, caso unico
nella storia di questa stagione si vedevano ora quieti ed immobili, laone certo
al Contini mancò un grande aiuto: pure nell'impotenza di que' buoni servigiali
dell'Impresa, dico i portinai, e nella scarsezza della gente spettatrice e
pagante, il Contini fu accolto all'uscire da tale e sincero fragore d'applausi,
che ben dimostrò, che nessuna persona rimase indifferente a' suoi casi. Se non
che, nuova sventura! L'orchestra di S. Benedetto ricca de' più nobili maestri,
in qual modo ciò avvenisse pigliu vento, come dicesi, due volte, e la sventura
volle che tutte e due lo pigliasse appunto quando cantava il Contini, che trovò
quindi nell'orchestra il medesimo favore che nell'Impresa; se non che non ne fu
per questo levato di scherma, e in buon punto fu anche aiutato dalla brava e
gentile compagna la Sbriscia, quale con certe sue occhiate di fuoco, e certe
sue forti parole, che giunsero fino alle nostre orecchie, ricondusse al dovere
que' ribellanti istrumenti. […] Ad ogni modo, ad onta di tante contrarietà e
quantunque s'affacciasse quasi fuor di sé pel timore, il Contini è riuscito a
cattivarsi un grande compatimento del pubblico, per quanto poco la sua parte
fosse acconcia alle belle qualità della sua voce; e quando più andava pigliando
animo e coraggio, e tanto più acquistava il suo canto, onde meglio cantò nell'aria
che nel primo duetto, e in quella meglio il ritornello che il tema, e meglio
dell'uno e dell'altra il terzetto; nei quali luoghi tutti fu chiamato o solo o
cogli altri a ricevere sulla scena i segnali del pubblico gradimento una e più
volte. Laonde sul conto di questo giovine, che ben meritava un diverso
incoraggiamento da chi aveva debito e interesse ad incoraggiarlo, non può cader
più controversia, ed egli è degno de' suoi compagni, come i suoi compagni son
degni di lui; poiché, che che se ne dica, o la gente pensi di sé medesima,
certi meriti trascendenti non li veggiamo né meno in altri".
Anche il giornalista Tommaso Locatelli, sulla Gazzetta di Venezia, parla ampiamente
del tenore vastese, soffermandosi sulla sua malattia, non mancando di sottolinearne
le grandi qualità artistiche. "L'impresa
possiede un primo tenore assoluto nella persona del giovine Contini, che qui
venne preceduto da bella fama in Modena", scrive il Locatelli, "Ma il Contini ammalò, e ammalato qui si
produsse nei Normanni: con tutto questo, non solo ei non ricevette nessuno
sgarbo dal pubblico, ma il pubblico compatì anzi alla sua sventura e notò in
lui un bel corpo di voce, di cui solo ei non poteva toccare tutti i registri,
come impedito ch'egli era del male, comprovato inoltre dal medico a lui mandato
dall'impresa. Certo una crudele sventura fu la sua e tanto più da compiangersi
che gli toccò in sull'aprire delle sue speranze, e quando più aveva duopo
d'incoraggiamenti e conforti. Ma ora il Contini è guarito, riposato, fiorente
di gioventù e di salute, e l'impresa non tarderà ad offrirgli una nuova
occasione a risorgere, e se questo non poteva fare collo Scaramuccia, in cui la
parte di Lelio è scritta per un tenor contraltino, qual egli non è, a lei non
mancheranno altri mezzi di dare questa giusta soddisfazione a un giovane sì
volenteroso e degno d'incoraggiamenti e protezione, qual è il Contini".
Le promettenti qualità del cantante vastese gli valgono altri
contratti: per il teatro di Como per l'opera del M° Luigi Ricci Eran due, or son tre, ed ancora per la
stagione estiva nei teatri di Udine e Gorizia, ancora una volta accanto alla soprano
Micciarelli-Sbriscia.
Ma andiamo per ordine. Già nell'agosto viene annunciato il
cartellone autunnale del teatro della rinomata città lagunare. Previste le
rappresentazioni di due opere, la prima delle quali del Ricci, e l'altra da
destinarsi, oltre a due balli, la prima L'Orfanella
di Ginevra, e la seconda da destinarsi. Un cartellone parziale che non
lascia indifferenti i giornalisti, che senza mezzi termini parlano di mancanza
di organizzazione, "di chi opera a
caso".
La prima dell'Eran due
or son tre, rappresentata alla presenza dell'autore, il compositore Luigi
Ricci, riscuote un discreto successo con gli artisti chiamati più volte sul palco.
La seconda e terza rappresentazione, grazie ad una maggiore complicità tra i
personaggi e meccanismi più rodati, va ancora meglio con applausi sempre più convinti
da parte del pubblico.
Come secondo appuntamento in cartellone viene messa in scena
La villana contessa, melodramma buffo
del 1829, opera prima musicata dal maceratese Lauro Rossi, su libretto di
Andrea Passaro. Questa volta, soprattutto per la genesi dell'opera buffa, a
spiccare su tutti è l'interpretazione del primo buffo Vincenzo Graziani. Buona anche
la prova del tenore vastese nei panni di D. Ramiro: "Colla dote invidiabile del suo bell'organo vocale di tanta amabilità, e
della sua pura scuola di canto il tenore Contini non può sbagliare".
Sottotono il soprano Giuseppina Aman, stanca e malata.
Nuova scritturazione per il teatro di Alessandria, per la
messa in scena della Norma, il
capolavoro in due atti di Vincenzo Bellini su libretto di Felice Romani,
accanto al soprano Fanny Corry Paltoni, al contralto Adelaide Maldotti, al
secondo tenore Pietro Cervo ed al basso Giuseppe Guscetti.
Piuttosto fredda l'accoglienza riservata dal pubblico verso
l'allestimento, che non ha saputo confermare le aspettative che un'opera di
così alto livello solitamente garantisce, a causa dei mezzi vocali della
soprano Corry-Paltoni, non proprio adatti al libretto, e dello stesso Contini,
nei panni di Pollione, all'altezza nelle recite seguenti, ma non alla prima.
Anche la successiva opera, Gli arabi nelle Gallie, del compositore Giovanni Pacini su libretto
di Luigi Romanelli, andata in scena per la prima volta l'8 novembre non avrà
vita facile. A spiegarne i motivi è il cronista de Il Censore Universale dei Teatri: "Perché la Maldotti non è un contralto, perché il Contini non è un
tenore che per la natura del suo organo vocale possa appropriarsi le parti
scritte per David, perché il poco d'impegno che ha qui il basso rende quasi
inutile l'abilità del Guscetti, e perché la sola Corry-Paltoni, ben collocata
in questo spartito, può bensì risplendere chiaramente dove l'effetto musicale
dipende dal suo solo talento, ma non può col suo tanto prezioso talento
influire su quello degli altri, per far che ad essi convenga ciò che ai mezzi
loro non corrisponde, per fare insomma che il successo sia pieno di tutta
l'opera".
Terminata l'esperienza piemontese, il tenore vastese viene
scritturato per la stagione scaligera, ancora una volta con la Norma del Bellini, accanto alla
Micciarelli-Sbriscia, soprano, Adelaide Maldotti, mezzo-soprano, Carolina
Morosini, primo contralto, Francesco Regoli, tenore, Giuseppe Guscetti, basso.
In alternanza all'opera principale, viene proposta un'opera
prima del compositore veronese Pietro Candio, La fidanzata delle isole, melodramma romantico su libretto di
Gaetano Rossi.
L'intensa attività operistica del tenore vastese non si
ferma qui. Nei mesi successivi si registrano ancora rappresentazioni per la
stagione teatrale messinese del 1835, con Il
Furioso e il Torquato, e la
successiva esperienza russa, ad Odessa (attuale città dell'Ucraina di oltre un
milione di abitanti), grazie all'interessamento del Corrispondente teatrale
Filippo Burcardi.
Due le rappresentazioni in cartellone per il folto gruppo di
cantanti italiani trasferiti in Russia: Il
Furioso all'isola di S. Domingo del Donizetti e La Straniera, melodramma in due atti di Vincenzo Bellini. Dopo il
grande successo della prima opera, grazie soprattutto alla buona prova della
soprano Natalina Tassistro e del basso Giuseppe Marini, a maggio viene
rappresentata l'opera del Bellini, con le parti principali affidate al soprano
Carolina Pateri ed al tenore Gaetano Contini. Alla discreta prova della Pateri
"fu più stimato il Contini, che
eseguì l'Arturo con molta passione ed energia, e col suo declamare non meno che
col suo cantare si guadagnò l'interesse ed il più pronunziato favore
dell'intiero Pubblico". Ottima prova anche del basso Giuseppe Marini,
nei panni del Valdeburgo, tanto che "Un
sì brillante successo non restò circoscritto fra le pareti del teatro: il bravo
tenore ed il bravo basso ebbero tutta la cospicua nobiltà di quella Capitale
bramosa di dar loro i più onorevoli contrassegni della sua estimazione; quindi
i frequenti inviti, i frequenti concerti, ove il Marini ed il Contini colla
sempre festeggiata Tassistro formano la delizia delle più ragguardevoli
conversazioni. La conservata Tassistro perciò, ed il nuovamente acquisito
Marini, con i due tenori Contini e De Bezzi, col tuttora colà trattenuto buffo
Coppini, con la Gualdi e la Pateri, compongono una compagnia melodrammatica
delle più scelte, ed offrono in Odessa agli amatori della musica italiana un sì
ameno trattenimento, che difficilmente potranno averlo rinnovato in tutto il
suo attuale splendore dopo la partenza di questi valorosi soggetti".
Reduce dai successi in Russia, Gaetano Crisci, spoglia
definitivamente i panni del tenore, non sappiamo se per qualche malattia
contratta o per problemi alla voce, oppure perché spinto dall'amor patrio e
dalla lotta per il raggiungimento dell'unità d'Italia. Gaetano Crisci si
trasferisce definitivamente a Vasto e nel 1842 fonda una sezione della Giovine
Italia. Convinto assertore degli ideali mazziniani, fa della sua casa il luogo
d’incontro della nuova confraternita. Dal terrazzo di casa sua, sopra la Porta
di Santa Maria, gli affiliati di Vasto, per mezzo del fuoco e di
apparecchiature ottiche, comunicavano con gli altri adepti dei paesi del vicino
Molise.
Nel
1845 i nostri patrioti vengono scoperti e denunciati come cospiratori. Portati
a Napoli vengono processati, ma salvati da sicura condanna da loro concittadino
Roberto Betti, in quel periodo Intendente a Reggio Calabria, richiamato a
Napoli per sostituire il Ministro degli Interni Santangelo.
Gaetano Crisci muore prematuramente il 13 novembre 1848
all'età di 44 anni, senza vedere realizzato il sogno dell'unità nazionale.
Ad un anno dalla morte, Giacinto Barbarotta dettava in
ricordo dell'amico la seguente epigrafe, riportata sul primo volume delle Iscrizioni Italiane:
A TE
GAETANO CRISCI
TENERO AMICO
FIOR DI AVVENENZA
MODELLO DI CIVILTÀ
CHE DOPO XXXVII GIORNI
DI PENOSISSIMO SCORBUTO
NELLA GIOVANE ETÀ DI ANNI XLVI
IMPROVVISAMENTE MORISTI
QUESTI POCHI FIORI
LAGRIMANDO CONSACRA
GIACINTO BARBAROTTA
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