mercoledì 30 settembre 2015

Papa Francesco e le Americhe: una riflessione di Nicolangelo D'Adamo

E da ultima, l’ottima riflessione dell’amico Giacinto Zappacosta! Ho letto con interesse il suo intervento e, anche con una certa avidità, numerosi resoconti sul lungo viaggio di Papa Francesco in America. Da Capo della chiesa cattolica, ma anche da americano del sud a confronto con la particolare situazione Cubana e l’opulenta America del Nord. Molte le chiavi di lettura dei suoi interventi: a Cuba, finalmente restituita ad un corretto rapporto diplomatico con gli Stati Uniti, dai quali era separata dai tempi della disastrosa spedizione nella Baia dei
Porci e, soprattutto, dai tragici giorni dell’ultimatum statunitense dopo l’installazione, nell’isola, dei missili sovietici nell’autunno del 1962, a Washington, di fronte al Congresso, a New York per l’assemblea generale dell’Onu e, per finire, a Philadelphia per celebrare la “Giornata Mondiale della Famiglia”.

Ovunque grande partecipazione popolare e tanta commozione, ma soprattutto ottimi interventi di un Papa rinfrancato e del tutto compreso nel recupero dei valori più profondi del Vangelo: cito senza un ordine di priorità, la pace, il rispetto ed il valore della persona umana (no alla pena di morte), il ruolo centrale della famiglia, una rinnovata attenzione degli Stati per le classi più disagiate, no alla “cultura dello scarto”, si all’accoglienza di chi fugge dalla miseria e dalla guerra ecc. Temi da sempre affrontati da Papa Francesco, ma recitati, è il caso di dire, davanti al pubblico americano e all’assemblea dell’ONU hanno acquistato una valenza quasi rivoluzionaria se solo si pensa ai disastri della “globalizzazione dell’indifferenza” che oggi interessa la maggior parte dei Paesi ed in modo specifico i Paesi ricchi.

Gli osservatori più attenti hanno sottolineato anche la raffinatezza del linguaggio diplomatico usato dal Papa, che pur non è aduso ai linguaggi felpati dei diplomatici di professione, né Lui ha frequentato in passato gli uffici delle Nunziature, dove si formano i grandi diplomatici del Vaticano.

Eppure non sono mancate le campane stonate, i dissensi e le critiche violenti all’operato del Papa e ai suoi discorsi: si avverte, spiace dirlo, un profondo disagio a sapere che certi “critici” non esitano a definirsi Cristiani e Cattolici anche dopo aver rovesciato contumelie e falsità a metri cubi sul Papa, senza avere la purezza del Savonarola.

Certo anche nella chiesa cattolica, a parte per le verità di fede, hanno diritto di cittadinanza la critica ed il dissenso, ma esiste un limite invalicabile per tutti che è quello del rispetto delle persone e dei loro ruoli e quello della buona educazione.

NICOLANGELO D’ADAMO

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