di Giuseppe Catania
Tra le molte espressioni artistico-monumentali fiorite nell'antichità nel Vasto, merita d'essere ricordato, prima che le devastazioni dell'uomo e l'invasione del cemento lo cancelli definitivamente il CASTELLO
MEDIEVALE testimonianza della magnificenza e della genialità dei costruttori.
Appartenente al Guasto d'Aymone, forse già esisteva nel secolo XII e, sicuramente, costituiva un valido baluardo difensivo, come lo era l'altro “castello” di Guasto Gisone, e fu certamente ricostruito sulla vecchia pianta quadrilatera, nello stile francese dell'epoca, comprendente il maschio ed i bastioni rotondi. I signori che ne ebbero possesso furono i Fasanella (1269) e poi Scillata, De Solliaco,Cantelmi.
Nel 1345 passò sotto il dominio di Raimondo Caldora barone di Castelgiudice, che lo fortificò rendendolo munitissimo. (Da Caldora il termine “Castello caldoresco”).
Ripreso dalla regina Giovanna, nel 1422, passò ancora sotto il possesso di Giacomo Caldora noto capitano di ventura (nipote di Raimondo) che munì gli spalti di cannoni e vi innalzò due torri cilindriche, di cui una altissima. Una di queste torri è adornata da ben conservata merlatura guelfa, mentre l'altra, nella parte superiore, si restringe su di una altra torre, pura cilindrica, coronata da una cornicetta dentellata ricoperta successivamente (sec. XIX) da una slanciata cupola, sormontata da una lanterna, per coprire una cappella che venne ricavata all'interno della costruzione.
Ad ogni torre furono applicate delle costruzioni quadrilatere, aggiunte per sorreggere le rampe di accesso alle terrazze, in quanto le torri erano prive di scale.
II castello divenne teatro di episodi alterni, quando, nel 1564, Antonio Caldora, signore del Vasto, che parteggiava per i D'Angiò, venne assediato dalle truppe guidate dal re Ferrante I.
Il popolo, favorevole al re, riuscì a catturare il Caldora ed a consegnarlo a Ferrante d'Aragona.
Ritenuto fonte di sventure per il popolo, il castello venne poi diroccato fin nelle cinte perimetrali; i cannoni vennero smontati e solo le torri venne risparmiate.
La costruzione, anche se contrariamente alla volontà del popolo e dell'università, venne ripresa nel 1499 dal nuovo signore del Vasto, Innico d'Avalos d'Aquino, in virtù del n.14 dei "Capitoli" che diceva: "Potranno i marchesi restaurare il castello quasi demolito o innalzarne uno nuovo, ma senza pagamento od angheria dei vastesi".
L'ingegneria e l'arte militare dell'epoca, in piena evoluzione per quanto concerneva la fortificazioni di difesa suggerirono la ricostruzione secondo un nuovo metodo, diverso da quello antico, un quadrilatero regolare con ai vertici quattro bastioni sporgenti a forma di mandorla. Da cortile all'interno ed all'esterno profondi fossati. I nuovi bastioni, così assumevano una più armonica linea architettonica, accrescendo il pregio a tutto fronte. Sopra il primo cordone, realizzato in pietra dura, sono disposti, in fila ed in aggetto, i beccatelli a massello, su cui poggiano la serie degli archetti a tutto sesto, per modo che la costruzione superiore, che sporge sensibilmente dal filo sottostante,viene aggraziata dall'aggrottamento relativo. Al di sopra degli archetti si sviluppa un nuovo cordone di pietra e, successivamente,la costruzione si innalza a forma cilindrica, fino a raggiungere gli spalti. Nel fronte a nord e, al centro, il portale, collegato ad un ponte levatoio che scavalca il fossato.
Le origini della roccaforte vastese pare risalgano all'anno 802 dopo che l'antichissima romana Histonium venne distrutta dall'esercito di Pipino, inviato da Carlo Magno per punire Grimoaldo, duca di Benevento, che gli si era ribellato. La fabbrica, di carattere puramente difensiva, venne ultimata sotto la signoria di Guglielmo Scillata nel XIII sec. ed il capitano di ventura Giacomo Caldora vi mise 60 pezzi di artiglieria sui quattro bastioni, rendendola una rocca inespugnabile. II fuoco sprigionato dalle torri, infatti, costrinse alla ritirata le truppe di Ferdinando I che avevano posto assedio contro gli armigeri di Antonio Caldora figlio di Giacomo. Di successive ricostruzioni si ha notizia nel 1605 quando fu ceduto dal marchese all'Università, per destinarlo a sede del Tribunale, Archivio, Carcere.
Ma il popolo, che credeva il castello causa di rovine per la città, successivamente prese a smantellare le torri fino al primo cordone, a smontare i cannoni, per evitare altre sventure.
Nel 1701, il Castello per donazione tornò in possesso dei D’Avalos. Sotto Cesare Michelangelo d'Avalos, IX marchese del Vasto, venne ricostruito, come si legge nella Cronaca del Maciano: "...il 23 giugno 1701 principiò il marchese . a raccomodare il Castello col farvi una bellissima torre ed altre muraglia,col cavare il fosso intorno alla fortezza e con farci molte cose per dimorarci".
Ultime gesta guerresche che ebbero come teatro il Castello del Vasto, il 12 aprile 1814, quando Bosco Tomeo, Fulvio Quici e Pasquale Prassete, a capo di circa duemila banditi, assediarono la città. L'assedio fu validamente sostenuto dal distaccamento dei soldati del Castello, guidati agli spalti dal sottotenente barone Giuseppe Nicola Durini, finché il giorno dopo, in seguito ad accaniti assalti, giunti i rinforzi i banditi furono messi in fuga.
Morto il Marchese, il castello venne acquistato nel 1816 da Salvatore Palmieri. Oggi restano due torri e la facciata settentrionale, mentre i restauri, hanno portato alla luce due bastioni ed il primitivo fossato con il ponte levatoio (ricostruito in maniera inadatta e per nulla attinente all’architettura ad all’aderenza storica).
E’ un ricordo di monumento di arte militare medievale, uno dei più importanti capolavori dell'architettura ancora oggi esistenti nell'Italia Meridionale,che richiama l'attenzione dello studioso di cosa patrie e del turista in questa località cosi ricca di testimonianze storiche, magistralmente fuse nella suggestività del paesaggio che bene si identifica nella più bella plaga di questo versante dell’Adriatico.
GIUSEPPE CATANIA
1 commento:
questi post su Internet sono di un interesse immenso che ci permette, a noi abruzzesi, di capire la bellezza delle cose che si incontrano nella nostra regione
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