domenica 9 settembre 2018

Giacomo Caldora e la sua famiglia di grandi capitani di ventura

 Nel 1427 ampliò il castello "caldoresco" di Vasto 
IL CASTELLO NEL 1820
di GIUSEPPE CATANIA 
La storia di Guasto d'Aymone venne più volte interessata dalle alterne vicende, che si sono susseguite fin dall'antichità.
A noi preme sottolineare quella che dopo l'anno Mille, caratterizzò un periodo quanto mai luminoso per la storia del Vasto.
La terra di questa contrada, Guasto d'Aymone, venne confermata, nel 1047, dall'imperatore Enrico III, quale possesso di San Giovanni in Venere.
Nel 1269 Carlo I° d’Angiò per ricompensare chi lo aveva aiutato alla conquista del regno di Napoli, dette
Vasto in feudo a Tommaso Fasanella.

Nel 1345 troviamo la città in mano a Raimondo Caldora, capitano di ventura. Ma per poco tempo, perché le terre vennero confiscate dalla Regina Giovanna I per assegnarle alla sorella Maria d’Angiò sposa di Carlo di Durazzo. (Il Caldora era intervenuto per fomentare lotte intestine fra i baroni del regno, dopo la morte del marito della Regina Giovanna, Andrea Re d’Ungheria). Maria moriva nell'anno 1366, lasciando una figlia, Margherita, sicché i feudi di Vasto e di altre zone tornarono nuovamente nel dominio regio.

Nel periodo in cui Vasto dipese dal Regio Demanio si fecero parecchie opere tra cui le gravose riparazioni alle mura cittadine crollate in quattro punti per le piogge del 1391.

Presunto ritratto di Giacomo Caldora
GIACOMO CALDORA. Nel 1422, all’epoca di Giovanna II, il Capitano di ventura Giacomo Caldora divenne Signore del Vasto. Già durante il precedente regno di Ladislao, Giacomo Caldora, era considerato il più potente feudatario della monarchia. Aveva un piccolo esercito che assoldava e comandava personalmente e che metteva a disposizione dì chi meglio lo pagava. Fu un vero stratega e coraggioso combattente tanto da meritarsi stima e timore nell'un tempo, Giacomo Caldora, con Braccio da Montone, accorse in aiuto a re alfonso d’Aragona, che era andato a dar man forte al fratello Enrico privato dai dominii dal re di Castiglia. Giacomo Caldera venne lasciato a guardia del reame di Napoli, insieme a Orso Orsini. Per questi fatti Giacomo riuscì a ri-ottenere la signoria del Vasto che, però, gli venne strappata dagli Sforza e sottoposta alla signoria della regina Giovanna, unitamente alle terre conquistate da Braccio da Montone: Monteodorìsio, Torino di Sangro, Atessa, Lanciano, Miglianico, Francavilla, Bucchianico, Ortona.

Il Caldora stipulò, quindi, un accordo con la regina Giovanna e con Luigi d'Angiò da lei adottato, per restituire Napoli, che era del re Alfonso, a patto che gli si desse il grado di Gran Contestabile del Regno (carica che era già di Sforza e che, nel frattempo, era annegato nel fiume Pescara), nonché il bastone di capitano generale.

Napoli, così, passò alla regina, meno Castelnuovo, dove si erano rifugiati gli aragonesi, e Caldora, nel 1425, venne inviato contro Braccio da Montone che era all'assedio di Aquila, per ridurla all'obbedienza di re Alfonso. Montone venne ucciso in combattimento dallo stesso Caldora, il quale venne riconosciuto il migliore condottiero del tempo.

Nel 1427 Giacomo Caldora inizia l’ampliamento del Castello di Vasto per farvi la sua residenza invernale. Chiamò uno dei migliori architetti del tempo, il Taccola di Siena, e adottò un nuovo tipo di costruzione militare la cosiddetta “cinta bastionata”. Il risultato fu quello che si vede più o meno oggi, oltre al fossato esterno.

Caldora peraltro, nel 1428, venne inviato a sottomettere Bologna allo stato della Chiesa, da Papa Martino V. Assoldato da Papa Eugenio IV, in guerra contro i Colonna da questi venne venduto per 80 mila scudi, nel 1431.

Rientrato nel regno fu, nel 1434, spedito dalla regina Giovanna, insieme a luigi d'Angiò,contro il principe di Taranto che si rifiutava di restituire i beni ai Sanseverini. Dopo averle assediate, furono conquistate Altamura, Ascoli, Castellaneta,Oria, Andria. Anche Taranto venne accerchiata ma non fu presa e Caldora saccheggiò Lecce ed Otranto, dove lasciò Menicucci ed il Conte Onorato Gaetanì, suoi luogotenenti, con un piccolo e ben munito esercito.

Giacomo Caldora venne poi inviato in soccorso del Papa, per istanza di Isabella moglie del re Renato d'Angiò. Per suggerimento del Caldora, il re, nel 1438, venne in Abruzzo all"assedio di Sulmona e di altre terre. Mentre le truppe si accingevano all'assedio dal castello di Montesarchio,Giacomo Caldora mori.

Scompariva con lui un grande condottiero, che amava farsi chiamare solamente Giacomo Caldora; e nelle bandiere e nelle selle della sua cavalleria amava far apparire questo motto “COELUM COELI DOMINO, TERRAM DEDIT FILIIS HOMINUM. II suo corpo venne seppellito nella chiesa di Santo Spìrito a Sulmona.
da Histonium e il Vasto (Cannarsa ed.)

ANTONIO CALDORA. Il figlio Antonio venne confermato nei possedimenti da re Renato, che lo creò anche Viceré. E poiché Antonio Caldora segnatamente brigava con Alfonso d’Aragona, il re lo fece prigioniero. Venne liberato dai suoi soldati,e riparò sotto la protezione di Alfonso che rinunciò di assoldarlo per timore della volubilità di cui Antonio aveva dato molti esempi. Anche il suo esercito cominciò a dubitare del suo condottiero che non godeva più stima e soldo. Ne approfittò il principe di Taranto per impossessarsi di alcune terre che erano guardate dal luogotenenti del Caldora, Marino da Norcia. Rimasero ad Antonio Caldora fedeli ancora Bitonto con Cecco Valignani di Chieti, e il castello di Bari che era difeso da Tuccio Ricci di Lanciano, fedeli al Caldora. Gli eventi gli diedero ragione, avendo tentato anche di far istanze a re Alfonso inutilmente. Ricorse allora a Renato. Ritornato con lui sul campo d'armi, in battaglia presso il castello di Carpinone, nel contado di Trivento, dove era solito trovare dimora presso la moglie, Caldora venne sconfitto da Alfonso, ma ebbe salva la vita ed il possesso di ricchezze. Venne privato del comando e gli rimasero alcuni beni paterni: Monteodorisio, Arce ed Anversa di Valva, Medea d’ Eboli in contado di Trivento con 17 altre terre. Il Vasto venne sottratto al dominio dei Caldora e dal re Alfonso venne dichiarato dominio reale nel 1442, sotto il governo di Romano del Poggio, col titolo di Giustiziere. Parve al Caldora "d’esser caduto dal cielo a terra" anche se il re continuava a stimolarlo ed onorarlo della sua corte.

Giuseppe Catania

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