Intervista al professor
Guido Brunetti
di Anna Gabriele
Il consumismo ossessivo
e la modernità liquida, la solitudine e il
disagio dell’uomo postmoderno. Aspetti neuro scientifici del demone della paura.
Una civiltà esausta e stressata. Nella
presente
intervista, il professor Guido Brunetti, con la consueta chiarezza e
ampiezza culturale e scientifica, ci parla di questi ed altri importanti temi,
che sono di grande attualità e al centro della riflessione dei maggiori
pensatori.
Professor Brunetti,
partiamo dal Papa. In questi giorni Francesco ha parlato di consumismo e di denaro
come “sterco del diavolo”.
“Parole forti ed inconsuete quelle
pronunciate dal Papa. Parole inquietanti pur dette con disincanto e apparente
leggerezza. Ha ricordato infatti il pensiero dei primi padri della Chiesa,
secondo cui ‘Il denaro è lo sterco del diavolo’, espressione poi ripresa da San
Francesco. E’ l’ Homo consumens del
filosofo polacco Bauman. Il consumismo ci ha portati all’ansia di perdere una
sana cultura, l’arte, la letteratura, la conoscenza. Il denaro, per Bergoglio,
‘ammala il pensiero ed è la radice di tutti i mali’, produce malattie e
tormenti.
Ci troviamo- ha aggiunto- in un tempo di
‘miopia spirituale’ e di ‘piattezza morale’, perciò cresce l’insicurezza,
l’angoscia e l’impotenza del mondo di fronte alla confusione e allo
smarrimento dell’umanità”.
Queste
idee hanno origini culturali che spaziano nelle opere di altri studiosi?
“Esse trovano riscontro nella concezione dei
pensatori più influenti del Novecento sugli effetti socio-culturali, politici ed etici della
postmodernità. In relazione soprattutto
a questioni legate al tramonto della
civiltà, al disagio, la solitudine e le paure dell’uomo contemporaneo e della
modernizzazione.
La crisi della famiglia e della
scuola, ad esempio, rappresenta la metafora di una civiltà ormai esausta e
stressata. Che affida agli oggetti- come rileva lo scrittore statunitense Don
De Lillo- il compito di “coprire il vuoto di idee, di valori, di aspirazioni su
cui essa drammaticamente poggia”.
La ricerca di questi studiosi disegna un affresco impietoso della società
contemporanea, fatta di ‘miseria morale, di inconsapevolezza profonda, di
arroganza, che ‘gli afflati apocalittici di pochi, inascoltati profeti di
sventure non valgono certo a riscattare’.
Dobbiamo sottolineare al riguardo che le
varie concezioni sono sostenute da un tenace impegno etico e da una
presa fortemente consistente su una realtà definita ‘franta, disumanizzata, per
molti versi incomprensibile’. Sono idee che raffigurano in sostanza l’espressione
più matura delle problematiche sociali, culturali e morali legate al
post-moderno.
Sono infatti numerosi gli elementi che appaiono
in molteplici campi, dalla storia alla politica, dalla modernità alla
postmodernità, dai problemi dell’ etica a quelli della globalizzazione”.
Che
cosa emerge?
“Affiora una sorta di radiografia del deserto
quotidiano, che spinge la nostra attenzione a serie riflessioni e ad
individuare conseguenti strategie di ampio respiro.
Anzitutto, compare il tema della cultura.
Ogni cultura- sostiene il pensatore tedesco Spengler- ‘nasce, cresce e muore,
come tutti gli altri organismi’. Di conseguenza, la decadenza della civiltà
occidentale è un processo ‘necessario e inevitabile’.
A delineare questa ‘cultura della crisi’
concorre anche l’opera letteraria di Thomas Mann e le teorie del padre della
psicoanalisi Freud, nel riconoscere che il disagio, il male, l’infelicità sono
fattori presenti nell’individuo e nella società. Questa si configura come
‘campo di battaglia’ di forze contrapposte, che Freud, in particolare,
individua, nel solco del pensiero di Platone, in bene e male, Eros e Thanatos, odio, amore e morte, distruzione e
autodistruzione.
In questa linea si pone anche Adorno, il
quale rileva che la società è una struttura meccanica fondata sul ‘potere e
sulla tecnologia’. Ciò che preoccupa il filosofo tedesco è il processo di ‘massificazione,
alienazione, rassegnazione e auto-mistificazione del mondo moderno’.
Da questa impostazione, discende il
carattere fondamentalmente “repressivo” della società industriale, la quale- argomenta
Marcuse- ‘appiattisce’ l’uomo alla dimensione di consumatore euforico ed
ottuso, la cui libertà è solo la libertà di scegliere tra molti prodotti
diversi. E’ la teoria dell’uomo ‘a una dimensione’ di questo autore tedesco”.
Una definizione suggestiva. Che cosa
significa?
“Avviene che la società ‘condiziona’ i vari
bisogni umani, sostituendoli con altri bisogni artificiali. In questo mondo di
consumatori, sorge l’Homo consumens, l’uomo del consumismo teorizzato da Bauman. Prendendo ispirazione
dal ‘Disagio della civiltà’ di Freud, il filosofo polacco asserisce che sono le
varie forme della modernità a causare una sofferenza crescente nell’uomo
contemporaneo. Si tratta di una realtà che pone un fondamentale problema etico.
I fenomeni sociali hanno trasformato una
grande possibilità di progresso in ‘una macchina soffocante’, che produce
solitudine. E’ il disagio della postmodernità”.
Che
cosa è la postmodernità?
“ La postmodernità viene spiegata attraverso
la metafora di società liquida. Viviamo
cioè in una società insicura, individualista, privatizzata, vulnerabile. Una
modernità liquida attraversata da stress, consumismo ossessivo, paura sociale e
individuale, città alienanti, legami fragili e mutevoli. Un mondo che presenta
una fisionomia sempre più effimera e incerta. E’ dunque un mondo liquido . Una società può essere
definita liquida e moderna se ‘le situazioni in cui agiscono gli uomini si
modificano prima che i loro modi di agire riescono a consolidarsi in abitudini
e procedure’. Dall’uomo a ‘una dimensione’ di Marcuse, siamo pervenuti alla
concezione baumiana della ‘modernità liquida’ di una società inafferrabile.
Di qui, il passo successivo alla nascita di
processi quali la spersonalizzazione e l’alienazione,
dunque, una vita liquida caratterizzata dal ‘demone della
solitudine’ evocato da molti autori. La paura della solitudine è il demone più
sinistro, per Zygmunt Bauman, tra quelli che si annidano nelle società aperte
del nostro tempo”.
In breve,
che cosa è la paura?
“La
paura è una delle principali emozioni. Gli splendidi esperimenti neuroscientifici condotti su animali, mostrano che a generare
stati di paura, di ansia e di angoscia
sono le aree primitive e più profonde del cervello. Più degli animali, si
è scoperto che gli esseri umani sono le creature più timorose sulla faccia
della Terra. Paure persistenti possono causare disturbi psichiatrici”.
Professor Brunetti, come uscire da questa
condizione? Chi salverà il mondo?
“Il
governo dei filosofi, secondo Platone, mentre per Dostoevskij, è la bellezza a
salvare il mondo. Qui, la bellezza è intesa come espressione del bene e del
sapere contro la malvagità, l’ignoranza e l’invidia. Essa coincide con la
moralità, la spiritualità e la
tranquillità dell’animo nel senso già indicato da Seneca.
Questa
concezione trae origine soprattutto da Socrate, il quale sosteneva che l’essenza dell’uomo sta nel suo
cervello, ossia nella sua anima e dunque in ciò che gli permette- precisava
Platone- di diventare buono o cattivo”.
Lei, professor Brunetti, è stato definito un ‘umanista-scienziato’
perché riesce mirabilmente a fondere nei suoi libri cultura umanistica e
cultura scientifica. Può indicarci un itinerario?
“Con la
nostra cultura e la nostra condotta, dobbiamo promuovere- d’accordo con
l’insigne neuroscienziato e premio Nobel per la medicina, Eric Kandel- la
nascita di ‘un nuovo umanesimo’ che porti al progresso sociale in modo nuovo,
più profondo e a misura d’uomo.
Ci
rifiutiamo di accettare- conclude il nostro insigne interlocutore- che il mondo
non possa essere cambiato. Per avviare questo processo occorre sviluppare, a partire dall’infanzia, tutte le
potenzialità umane, riappropriarci dei valori fondamentali ed universali, fornendo un
congruente atteggiamento di vita etica.
Dobbiamo elaborare il concetto di una società ’libera, aperta e non
oppressiva’. Una società, per Marcuse, fatta di uomini ‘solidali fra loro’,
capace soprattutto di ‘liberare’ le energie creative dell’essere umano. Il
demone della paura e dell’ansia non sarà esorcizzato finché non avremo trovato
e costruito una società più umana e umanizzante.
Noi
faremo meglio- ha dichiarato il grande neuroscienziato Frans de Waal- a
‘procedere insieme’, a connettere i nostri cervelli nel solco dell’empatia,
dell’altruismo e della capacità di prendersi cura degli altri.
Come
dimostrano le meravigliose scoperte delle neuroscienze, dobbiamo lavorare per
il predominio del neocervello (il bene) sul cervello rettiliano (il male). Si è
veramente uomini- è il principio di tutto il pensiero socratico- soltanto se si riesce a occuparsi della propria anima,
in modo che essa diventi migliore il più possibile”.
Nessun commento:
Posta un commento