venerdì 5 dicembre 2014

Antiche vestigia del passato in agro di Casalbordino

Santo Stefano in Rivo Maris, sito medievale
  (Dal sito nuovoumanesimo) 
Il bacino del Sinello rivela importanti vestigia risalenti alla preistoria, al periodo romano.
I messaggi dell'antenato
di Giuseppe Catania
Significativa ed interessante scoperta fatta qualche decennio fa nei pressi della stazione di Casalbordino, nella zona del torrente «Acquaviva», a circa 2 km. da Colle Sinello.
«Si tratta di un insediamento ben più antico di quello di Colle Sinello”, dichiaravano Sergio Giacci e Pietro Ceruleo che operavano in collaborazione con i membri del Centro Studi per l'Ecologia del Quaternario di Firenze. “Infatti il materiale reperito, una, sessantina di reperti litici, era attribuibile, ad un primo esame, al Paleolitico inferiore, cioè ad un periodo di circa 300 mila anni fa. I reperti rinvenuti, tutti in
superficie, avevano una bellissima patina lucente color giallo-ocra (indice appunto di una epoca remotissima) e rivelano notevoli affinità con l'industria reperita a Valle Giumentina (versante nord della Maiella), e lungo i terrazzi del Fiume Foro (Francavilla al Mare), località che non distano molto da questa stazione preistorica ». Peraltro, sostenevano i due ricercatori, i materiali fino ad allora trovati avevano riscontro con quelli rivenuti a Colle Sinello (associati però all'industria neolitica).
Infatti, nel 1984 Sergio Giacci, lungo il Fiume Sinello, sulla riva destra, a circa 8 km. da Vasto, su di un pianoro che sovrasta la foce del corso d'acqua, ha rinvenuto tracce evidenti di strutture urbane, con aree di capanne delimitate da accentuate concentrazioni di pietrame, di «intonaco di capanna»,  nonché innumerevoli frammenti litici e fittili, oltre alla caratteristica colorazione del terreno interessato. Resti di abitati umani, nei pressi dei quali sono anche affiorate le tracce di ossa di animali. Venne anche rilevato che tali resti erano paragonabili alla «facies» di Ripoli o a produzione litica successiva, mentre una concentrazione di pietrame, ciotoli tondeggianti che, in prevalenza delimitavano superfici subcircolari, avvaloravano il rilievo dell'inusitata abbondanza di scarti di lavorazione di selce, come punte, lame, lamette, raschiatoi, schegge, asce, punteruoli,frecce, picchi, bifacciali e schegge di tecnica prettamente «campignana».
Il materiale, fittile era costituito da frammenti di ceramica impressa, in un'ansa di vaso che riproduceva  la tipica protone zoomorfa, e in anse a nastro.
«Tra il materiale ora rivenuto - dichiarava Sergio Giacci - di notevole importanza sono da segnalare un bifacciale aligdaloide, alcuni raschiatoi tipici di una fase evoluta dell'AcheuIano, ed altro materiale riferibile al neolitico».

Fatto ancora più sensazionale fu che affiorarono resti di un pavimento musivo di epoca romana, e che avvalorò l’ipotesi che nei pressi vi sia stata una costruzione dell'epoca. Era indubbio che si fosse di fronte ad un classico esempio di sovrapposizioni di «civiltà» umane, succedutesi nelle varie epoche.

Nel mese di maggio 1973, infatti, una équipe di studiosi, interessati alla ricostruzione storica delle origini di Casalbordino, attraverso ricerche su documenti; localizzò i resti di una fortezza romana di dimensioni mastodontiche. I componenti del gruppo erano Franco Lalli e Nicola Zinni, il prof.di Storia e Filosofia Luigi Lucarelli e l'arch. Roberto Tiberio. La zona venne anche visitata dal prof. Di Marco della Sovrintendenza alle Antichità di Chieti.
Prendendo avvio da una citazione contenuta nel 1 ° capitolo della «Cronaca di S.Stefano in rivo Maris» scritta dal Monaco Rolando, si ricava che esisteva un «castrum rivi maris»^ fuori
dal quale nell'anno 842 venne costruita la chiesa di S.Stefano.
Nella sua relazione l'arch. Tiberio riferì che, in località «Santini » esistevano mura che dichiaravano la loro appartenenza ad una tecnica costruttiva prettamente romana. Questi reperti archeologici ed architettonici in seguito hanno rivelato, con la loro regolarità compositiva, un impianto urbanistico tipico della fortezza romana».
Fu anche calcolato che si trattava di un'area rettangolare con i lati più lunghi disposti parallelamente alla riva del mare, che potevano variare dai 150 ai 170 metri; i lati più corti, uno
dei quali era percettibile in minima parte, cioè quello a sud, potevano variare dagli 80 ai 100 metri, in quanto, nel tratto finale sono coperti dalla statale n.16.

La sistematicità della «scoperta» di reperti archeologici in queste zone, dovrebbe indurre gli organi preposti a riservare una particolare attenzione, non solo per acclamarne l'inestimabile valore, bensì anche per predisporre quelle misure atte a valorizzare un cosi ingente patrimonio, curandone la custodia in più idonea sede, ed evitare che l'incuria e l'azione inclemente del tempo, ne disperda le tracce. 

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