…l’Arte in undici personalità
Mostra di Pittura e Scultura degli artisti: Nino Attinà, Maryam Bakhtiari, Laura Cortese, Carmelo Fodaro, Vilma Maiocco, Elia Mammina, Nino Mandrici, Leonardo Mansueto, Salvatore Provino, Mathieu Vignon.
Vasto - Biblioteca Comunale R. Mattioli, dal 13/12/2014 al 27/12/2014
Vernissage 13/12/2014, ore 17:00
San Salvo - Casa della Cultura, Porta della Terra, dal 28/12/2014 al 11/01/2015
Vernissage 28/12/2014, ore 17:00
Testo Critico a cura di Roberta Andolfo
Info e Contatti:
alessiomariano86@gmail.com +39 3290850644
roberta.andolfo@gmail.com +39 3295883666
I protagonisti del Progetto qui illustrato, dieci pittori ed uno scultore, interpellati e coordinati da un attenta sostenitrice della Cultura e dell’Arte quale Eleonora Serafini, presentano il secondo momento d’incontro dopo l’entusiastico “primo appuntamento” nell’accogliente sede dell’Università del Volo de L’Aquila.
La mostra, organizzata da E. Serafini e dall’Associazione Culturale “Pont Aven”, a cura degli Storici dell’Arte Alessio Mariano e Roberta Andolfo, è un invito aperto a tutti, un’occasione di riunione e di scambio a livello personale ed attraverso i canali privilegiati della comunicazione artistica, fra autori e fruitori.
Il Progetto
senza Nome rappresenta il desiderio e la volontà di offrire una possibilità di dialogo e di contatto con un variegato insieme di dipinti e sculture appartenenti ai più recenti anni di questo nostro mondo, ponendo l’accento sulla diversità di stile, inteso come parte integrante del linguaggio, fra le singole personalità creative, diversità chiaramente non contrastante con i legami segnati dalla comunanza di pulsioni ed intenti della natura umana. Stile che, come ben ci hanno insegnato i grandi pensatori del passato, rappresenta un imprescindibile nodo di edificazione e comprensione dei profondi contenuti dell’Arte.
La
mostra mette in scena la pittura incandescente di Provino, capace di forgiare una materia
inconfondibile, che domina e ristruttura lo spazio, la sensibilità grafica e la
letteratura sofisticata dei dipinti di Bakhtiari,
la visionaria espressività delle irrequiete immagini di Vignon, il lirismo di un paesaggio di architetture “sublimate” in Maiocco, i tersi e malinconici spazi meditativi
di Mansueto, la trepidante
musicalità cromatica ed il brioso ritmo di Attinà,
la composizione sensuale, schietta ed iconica di Mammina, la leggiadra ed intensa interpretazione dell’azione
espressiva nelle sculture di Mandrici,
il segno tradotto in materia tangibile eppure simbolica in Cortese, la lucidità visiva e l’equilibrata classicità di Fodaro.
L’unione di tutte le creazioni è una dimensione percepibile e concreta, astratta ed immaginaria, è la strada sempiterna dell’arte che sorge dallo stesso progetto da cui il nostro spirito è nato. È in tale progetto, destinato dunque a non poter mai avere un nome soltanto, che l’unione degli artisti qui presentati crede fermamente.
L’unione di tutte le creazioni è una dimensione percepibile e concreta, astratta ed immaginaria, è la strada sempiterna dell’arte che sorge dallo stesso progetto da cui il nostro spirito è nato. È in tale progetto, destinato dunque a non poter mai avere un nome soltanto, che l’unione degli artisti qui presentati crede fermamente.
TESTO CRITICO
VERSIONE INTEGRALE
IL PROGETTO SENZA NOME…
... L’ARTE IN UNDICI PERSONALITÀ
La mostra, organizzata da Eleonora Serafini e dall’Associazione Culturale “Pont Aven”, a cura degli Storici dell’Arte Alessio Mariano e Roberta Andolfo, è un invito aperto a tutti, un’occasione di riunione e di scambio a livello personale ed attraverso i canali privilegiati della comunicazione artistica, fra autori e fruitori.
Il Progetto senza Nome rappresenta il desiderio e la volontà di offrire una possibilità di dialogo e di contatto con un variegato insieme di dipinti e sculture appartenenti ai più recenti anni di questo nostro mondo, ponendo l’accento sulla diversità di stile, inteso come parte integrante del linguaggio, fra le singole personalità creative, diversità chiaramente non contrastante con i legami segnati dalla comunanza di pulsioni ed intenti della natura umana. Stile che, come ben ci hanno insegnato i grandi pensatori del passato, rappresenta un imprescindibile nodo di edificazione e comprensione dei profondi contenuti dell’Arte.
Il percorso espositivo si modula nel ritmo battente dell’opera di Provino, le cui palpitanti, accurate e stratificate stesure pittoriche dipanano un filo mordente, abbarbicato intorno all’intraprendente espressività del colore, dando luogo a composizioni in cui i “terremoti” dello spirito si flettono ed addensano negli attimi di momentanea quiescenza. Correnti leggiadre e ad un tempo grevi, vengono trasportate lungo le linee ed i solchi di Bakhtiari, in eleganti dipinti astratti che si dipartono da ricordi od impronte di lettere iraniane, credendosi incisi e poetizzando, fin negli spazi vuoti dei contorni o delle intersecazioni, un messaggio denso di significati.
Ci rivolgiamo al substrato di elucubrazioni di cui le tele di Vignon ci parlano, attraverso espressioni pittoriche “interrotte” e rivisitazioni “trans-avanguardistiche” di feticci ed oggetti assurti a presenza scenica. Nei volti animaleschi e nei suoi inquieti risvolti del quotidiano, siamo portati a ripercorrere memorie scure ma sostanziali. Proseguiamo ancora, intercettando i brillanti impulsi delle composizioni di Maiocco, catapultati negli spazi risonanti del suolo e dell’aria, nell’alternanza di fluide o pastose tinte, acuti pertugi o morbide distese, in paesaggi compattati dalle nette forme delle architetture umane e, nel medesimo istante, avvolti da un’atmosfera placida e vibrante di armonia poetica. Studiamo poi la perspicua visione di Mansueto, in dipinti che fissano la lenta osservazione di attimi immoti dentro la silenziosa stasi di luci ed ombre, su muri, strade ed angoli nascosti, fuori dal tempo.
Un pensiero che vive dell’immedesimazione con le superfici ed i blocchi tridimensionali, resi nei loro margini più puri ed essenziali.
Ed ecco sorprenderci la vena accesa, un po’ “jazz”, di Attinà, nel suo colore intriso di forma e con le sue stesure cromatiche aperte, imbevute le une delle altre. La spiccata sensibilità luministica della linea e del tratteggio orchestra intricate suggestioni di interni in cui si compendiano la natura morta, il ritratto e lo scorcio, seguendo un percorso sempre dinamico e musicale. L’andamento curvilineo del corpo femminile si traduce, per Mammina, in affastellati giochi di elementi umani, oggetti di consumo, dettagli iconici e suggestioni erotiche. Le sue grandi tele si servono del “paesaggio” corporeo per saturare ed armonizzare tutto lo spazio compositivo, con un serrato accostamento di campiture tangibili come panneggi. Nell’opera di Mandrici la grazia introversa della scultura è sonoramente intercettata. La figura umana come fulcro d’interpretazione dell’impalpabile, passeggero o prolungato stato d’animo, conquista una naturale seppur statuaria agilità, conducendo il suo volume nella dimensione di una riflessione colorita, ariosa, in cui, spesso, diverse forme si fondono in un sol corpo.
Cortese si attesta invece su quel sottile, ed insieme spesso, filo dell’impronta. Le tracce cercate e sedimentate sulla superficie hanno la tangibile struttura della materia, conservando però l’aura di astratta percezione di un segno, assorbendo i colori e la sostanza di sentieri esistenti ed accomunando, talvolta, la forma degli apparati interni del corpo a quella dei tratti inanimati di cose terrene. Nelle opere di Fodaro si ragiona su di un piano diverso, che ha centro nell’eterna speculazione del dato classico, a metà strada fra la discorsività che caratterizza l’osservazione del giorno d’oggi e la sempre rinnovabile esigenza di fare riferimento all’antico sguardo, nel suo gesto di costruzione di un senso di equilibrio e misura nuovo, del tutto umano.
Roberta Andolfo
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