da sinistra, Stefania Siviero, Mons. Pietro Santoro, Margherita Giove |
Martedì 25 novembre presso l’auditorium dell’Agenzia per la Promozione Culturale si è svolta l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università delle Tre Età.
Per l’occasione è stato invitato Mons. Pietro Santoro vescovo dei Marsi che ha tenuto una dotta conferenza su “Cibo e legalità”, due elementi che apparentemente sembrano non avere nessun nesso fra di
loro, ma che invece ne hanno a iosa. “Don Piero” (come affettuosamente continuano a chiamarlo i suoi concittadini) ha inizialmente raccontato la storia di Koffi, apparsa sulla stampa italiana.
E’ un immigrato che raccoglie i pomodori in Puglia a pochi soldi al giorno. Fa lo stesso lavoro che faceva prima in Ghana, ma nel suo paese Koffi era proprietario di un ettaro di terra che coltivava a pomodori, qui fa la vita grama dell’immigrato. Perchè ha smesso? Perché non riusciva a vendere più i suoi pomodori essendo stato il Ghana invaso dai pomodori in scatola italiani venduti ad un prezzo di gran lunga inferiore a quelli locali. Una quotazione così bassa è possibile perché in Italia gli immigrati impiegati in agricoltura vengono pagati molto poco e perché l’Unione Europea elargisce fondi a pioggia per questi tipi di produzione per mantenere i prezzi al minimo. Praticamente Koffi è entrato nel circuito dell’illegalità come vittima di se stesso due volte: in Italia come lavoratore con uno stipendio da fame; in Ghana come agricoltore indipendente che ha dovuto cessare la attività per la concorrenza dei pomodori italiani che egli stesso produce.
Mons Santoro ha aggiunto che attorno al cibo, che in Italia ha un giro d’affari di 14 miliardi di euro, esistono tortuosi circuiti illegali. E l’illegalità si presenta sotto diverse forme: lo sfruttamento della manodopera straniera che opera nel settore agroalimentare (stipendi bassi ed anche caporalato); l’uso della chimica con sostanze che aumentano la produzione ma che fanno male alla salute; frodi e sofisticazioni alimentari di tutti i tipi; e tant’altro ancora.
La diocesi di Avezzano si sta impegnando molto su questo versante - ha spiegato mons. Santoro - perché nella filiera dell’alimentazione ci sono troppe cose che non vanno. In particolare non dobbiamo diventare complici dell’illegalità che entra nelle nostre case assieme al cibo, perché “acquistare è un atto morale” e non si può far finta che non esiste una responsabilità morale e culturale nell’atto d’acquisto.
Il vescovo ha anche sottolineato che nel mondo ci sono 800 milioni di persone che non hanno soldi per l’acquisto di cibo, mentre altri “mandano in pattumiera” di tutto a partire dalle famiglie per giungere alla catena alimentare che manda al macero eccedenze, prodotti invenduti o scaduti.
Il vescovo ha anche ricordato un insegnamento dei nostri genitori di grande valore morale e cristiano, il gesto di baciare il pezzo di pane caduto a terra prima di buttarlo via.
Il diritto al cibo è un diritto umano fondamentale. Ma si scontra con una situazione di squilibrio globale, le cui cause fondamentali sono da ricercarsi in scelte politiche ed economiche irriguardose nei confronti delle società più povere.
In apertura il presidente Margherita Giove nel dare il benvenuto a tutti i soci ha sottolineato che l’Università delle Tre Età si regge sul volontariato ed ha ringraziato i docenti per la professionalità e l’entusiasmo che riescono a creare nelle classi; e i responsabili delle strutture utilizzate dall’università, vale a dire l’Agenzia di Promozione Culturale, la Media Rossetti, l’ITIS, l’ITC, il comune di Vasto. “Le iscrizioni sono andate bene - ha detto - con un netto miglioramento dei giovani che maggiormente possono dare stimolo ai gruppi. Il Cibo è il tema dell’Expo 2015, è in programma anche una gita a Milano.
La responsabile Cultura Stefania Siviero nel salutare “don Piero” lo ha ringraziato per il suo apostolato nella zona, rivelando che anch’ella è cresciuta quindicenne nella parrocchia San Nicola a San Salvo.
Il caloroso pubblico ha partecipato con interesse alla conferenza ed ha applaudito a lungo Mons. Santoro.
NDA
Per l’occasione è stato invitato Mons. Pietro Santoro vescovo dei Marsi che ha tenuto una dotta conferenza su “Cibo e legalità”, due elementi che apparentemente sembrano non avere nessun nesso fra di
loro, ma che invece ne hanno a iosa. “Don Piero” (come affettuosamente continuano a chiamarlo i suoi concittadini) ha inizialmente raccontato la storia di Koffi, apparsa sulla stampa italiana.
E’ un immigrato che raccoglie i pomodori in Puglia a pochi soldi al giorno. Fa lo stesso lavoro che faceva prima in Ghana, ma nel suo paese Koffi era proprietario di un ettaro di terra che coltivava a pomodori, qui fa la vita grama dell’immigrato. Perchè ha smesso? Perché non riusciva a vendere più i suoi pomodori essendo stato il Ghana invaso dai pomodori in scatola italiani venduti ad un prezzo di gran lunga inferiore a quelli locali. Una quotazione così bassa è possibile perché in Italia gli immigrati impiegati in agricoltura vengono pagati molto poco e perché l’Unione Europea elargisce fondi a pioggia per questi tipi di produzione per mantenere i prezzi al minimo. Praticamente Koffi è entrato nel circuito dell’illegalità come vittima di se stesso due volte: in Italia come lavoratore con uno stipendio da fame; in Ghana come agricoltore indipendente che ha dovuto cessare la attività per la concorrenza dei pomodori italiani che egli stesso produce.
Mons Santoro ha aggiunto che attorno al cibo, che in Italia ha un giro d’affari di 14 miliardi di euro, esistono tortuosi circuiti illegali. E l’illegalità si presenta sotto diverse forme: lo sfruttamento della manodopera straniera che opera nel settore agroalimentare (stipendi bassi ed anche caporalato); l’uso della chimica con sostanze che aumentano la produzione ma che fanno male alla salute; frodi e sofisticazioni alimentari di tutti i tipi; e tant’altro ancora.
La diocesi di Avezzano si sta impegnando molto su questo versante - ha spiegato mons. Santoro - perché nella filiera dell’alimentazione ci sono troppe cose che non vanno. In particolare non dobbiamo diventare complici dell’illegalità che entra nelle nostre case assieme al cibo, perché “acquistare è un atto morale” e non si può far finta che non esiste una responsabilità morale e culturale nell’atto d’acquisto.
Il vescovo ha anche sottolineato che nel mondo ci sono 800 milioni di persone che non hanno soldi per l’acquisto di cibo, mentre altri “mandano in pattumiera” di tutto a partire dalle famiglie per giungere alla catena alimentare che manda al macero eccedenze, prodotti invenduti o scaduti.
Il vescovo ha anche ricordato un insegnamento dei nostri genitori di grande valore morale e cristiano, il gesto di baciare il pezzo di pane caduto a terra prima di buttarlo via.
Il diritto al cibo è un diritto umano fondamentale. Ma si scontra con una situazione di squilibrio globale, le cui cause fondamentali sono da ricercarsi in scelte politiche ed economiche irriguardose nei confronti delle società più povere.
In apertura il presidente Margherita Giove nel dare il benvenuto a tutti i soci ha sottolineato che l’Università delle Tre Età si regge sul volontariato ed ha ringraziato i docenti per la professionalità e l’entusiasmo che riescono a creare nelle classi; e i responsabili delle strutture utilizzate dall’università, vale a dire l’Agenzia di Promozione Culturale, la Media Rossetti, l’ITIS, l’ITC, il comune di Vasto. “Le iscrizioni sono andate bene - ha detto - con un netto miglioramento dei giovani che maggiormente possono dare stimolo ai gruppi. Il Cibo è il tema dell’Expo 2015, è in programma anche una gita a Milano.
La responsabile Cultura Stefania Siviero nel salutare “don Piero” lo ha ringraziato per il suo apostolato nella zona, rivelando che anch’ella è cresciuta quindicenne nella parrocchia San Nicola a San Salvo.
Il caloroso pubblico ha partecipato con interesse alla conferenza ed ha applaudito a lungo Mons. Santoro.
NDA
1 commento:
Purtroppo ritorneremo a baciare il pane caduto per terra, perché molti non avranno altro. I segnali già ci sono, vedi il fenomeno dell’occupazione delle case che altro non è altro che un’avvisaglia della povertà che sta avanzando a grandi passi.
Il mondo è sempre più competitivo e ha bisogno di eccellenza per sopravvivere e di meritocrazia. Se non sconfiggiamo il clientelismo, precipiteremo nella povertà e nella guerra fra poveri.
Fino a quando le amministrazioni pubbliche saranno lottizzate dai partiti e altre lobby avremo inefficienza. Questo si traduce in costi insopportabili per la comunità tutta dai cittadini alle imprese.
Fino a quando avremo la baronia della politica che trae forza non dalla cultura e la professionalità, ma dagli inciuci non ci sarà sviluppo.
Di questo anche la Chiesa ne deve prendere coscienza, dire finalmente a chiare lettere, perché fa parte della sua missione, che: IL CLIENTELISMO E’ UN FURTO, UN PECCATO DA CUI REDIMERSI, NON BASTA BATTERSI IL PETTO MA OCCORRE ABBANDONARE QUESTO STRUMENTO DI POTERE CHE E’ IL CLIENTELISMO.
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