*** 11 PUNTATE DI LINO SPADACCINI ***
In attesa di conoscere il programma dei
festeggiamenti in onore di San Michele Arcangelo, quest'oggi cominciamo una
serie di pubblicazioni, con curiosità, immagini e notizie storiche, per
approfondire la devozione del popolo vastese verso il
Santo Patrono.
Ogni anno la statua dell’Arcangelo Michele, patrono
della nostra città, viene portata in processione nella chiesa di S. Maria
Maggiore, dove rimane esposta per tutta la durata della novena fino al giorno
della festa. Una tradizione questa che ormai si ripete da tanti anni, a cui si
è giunti attraverso accese polemiche e litigi tra le confraternite delle chiese
di S. Maria Maggiore e del Carmine, con il coinvolgimento di Vescovi e
amministratori locali.
In seguito all’epidemia di tifo petecchiale del
1817, che causò la morte di oltre duemila vastesi, il popolo implorò
l’intercessione dell’Arcangelo per allontanare il flagello. La mattina del 20
settembre la statua di S. Michele venne portata in processione per le strade
della città e rimase esposta nella chiesa di S. Giuseppe, allora unica chiesa
parrocchiale, in seguito alla soppressione avvenuta nel 1808 di quelle di S.
Pietro e S. Maria, a causa dei continui litigi. Questa tradizione andò avanti
fino al 1842, quando l’allora Sindaco Pietro Muzii espose ai decurioni l’idea
di portare il culto di San Michele nella chiesa del Carmine: “... La
detta Chiesetta rurale, essendo angusta, si pensò di ampliare mediante due
cappelle laterali, le quali sono in costruzione. Riflettendo che al Santo
protettore della nostra Patria ogni convenienza suggerisca di erigere una
decente Chiesa nel seno del nostro abitato, m’indusse di pregare il nostro
Monsignor Arcivescovo a permettere che il culto di San Michele sia trasferito
anche nella bella Chiesa urbana del Carmine ora di patronato comunale… Così
detto tempio, potrebbe esser decorato dal titolo di Chiesa di San Michele e del
Carmine… Allora la festa degli 8 di Maggio si celebrerebbe nella cappella
rurale e la festa de’ 29 di Settembre si solennizzerebbe nella novella Chiesa
Urbana. Fino a che però la costruzione delle due cappelle non sarà perfezionata
in essa chiesetta suburbana attualmente ingombra di materiali si farà anche la
festa di Maggio nella Chiesa del Carmine…”.
Nel 1855, a
causa del restauro della chiesa di San Michele,
questa usanza venne interrotta: la statua tornò al Capitolo, nella
chiesa di S. Maria Maggiore, dove esso officiava. Nel 1876, con il sindaco
Francesco Ponza, si tornò a portare la statua dell’Arcangelo nella chiesa del
Carmine, ma restarono a cura ed a spese della Congrega del SS. Sacramento e
Sacra Spina le funzioni e le processioni.
Per altri
quarantacinque anni la statua del Protettore venne regolarmente portata nella
chiesa del Carmine per le solenni festività, ma il 22 giugno del 1921, accadde
un episodio increscioso, che portò a polemiche e scontri anche duri tra la Congrega di Maria SS. del
Carmine e la Congrega
del SS. Sacramento e Sacra Spina: alcuni cittadini, capeggiati dal parroco di
S. Maria e dalla sua congrega, senza permesso, andarono a prelevare il santo
protettore nella sua cappella per portarlo in processione per le strade di
Vasto, ma la statua, anziché far ritorno alla chiesa del Carmine, venne portata
in quella di S. Maria Maggiore.
Questo gesto
provocò la rivolta della Congrega del Carmine, il quale si rivolse al
commissario prefettizio di Vasto ed all’Arcivescovo di Chieti per denunziare
l’atto di forza dei fedeli “Mariani”.
Lo stesso
Arcivescovo Monterisi, l’anno successivo, pubblicò una lettera indirizzata al
popolo cristiano della Città di Vasto, dove ammonì duramente l’atto compiuto
dalla Congrega del SS: Sacramento e Sacra Spina, definendolo illegale e
irragionevole, in quanto l’unica chiesa che avrebbe potuto avanzare qualche
diritto sulla processione del Patrono era solo la Cattedrale, cioè S. Giuseppe,
e non certamente S. Maria.
Pronta la
risposta della parte avversa, attraverso la pubblicazione di una lunga e
ragionata lettera, datata 22 marzo 1922, a firma del proprio presidente,
Umberto Manzitti. “La statua del nostro
Protettore”, asserisce il Manzitti, “era
portata nella chiesa di S. Giuseppe, non perché matrice, ma perché parrocchia;
tanto ciò è vero che al Capitolo, sia per la processione che per la festa di S.
Michele, vengono regolarmente pagati i diritti. Ora se questa festa e questa
processione fossero effettivamente diritto della matrice, ossia della
cattedrale, come l’E. V. tenta invano di dimostrare; se, in altri termini,
fossero cosa propria del Capitolo, pagamento non vi sarebbe, né vi dovrebbe
essere”. E prosegue affermando che la chiesa di S. Michele è compresa nel
territorio di S. Maria, così spetta a quest’ultima il diritto di ospitare il
protettore, allo stesso modo come avviene per San Pietro che ospita le statue
di S. Nicola e della Madonna della Penna, che prima erano portate a S.
Giuseppe. In sostanza il Manzitti sostiene che la chiesa si trova nel
territorio di S. Maria e la Congrega del SS. Sacramento e Sacra Spina, ne
sostiene le spese per le funzioni e le processioni, quindi è giusto il proprio
diritto rispetto alle chiese del Carmine o della Cattedrale.
Situazione
sempre più difficile da gestire per Monterisi, il quale si vide costretto a
scrivere al Sottoprefetto Scarciglia affinché non si modificasse il diritto del
Carmine, fino a quando S. Maria non avesse ottenuto regolare sentenza giuridica
nel foro ecclesiastico. Contraddicendo alla volontà dell’arcivescovo, il
Sottoprefetto si armò di cento carabinieri per tutelare la pretesa di S. Maria.
“...Ingiurie,
fischi, dimostrazioni, minacce di sassate e peggio, sono forza bruta, e cioè la
negazione della religione e fino della civiltà”, riferiva Nicola Gizzi,
priore della chiesa del Carmine, “La quale violenza sarebbe certamente
apprezzata e ammirata da qualche tribù barbara africana, ma non dalla
civilissima Vasto, che ne è invece profondamente nauseata”.
Nonostante le
dure, quanto vane proteste, il Consiglio Comunale, in data 13 settembre 1924,
deliberò la revoca del voto espresso nel 1842 dal Decurionato e la richiesta
all’Arcivescovo di Chieti di voler dare parere favorevole affinché si portasse
la statua del Patrono nella chiesa di S. Maria Maggiore. Al Vescovo non restò
che accettare la situazione e concedere la sua approvazione.
1 commento:
dal preside NICOLANGELO D'ADAMO riceviamo e pubblichiamo il seguente commento:
COMMENTO NOTA SPADACCINI
Bene ha fatto lo storico Lino Spadaccini a riproporre lo stucchevole litigio tra le Congreghe di S. Maria Magg. e del Carmine per la contestazione dello “ius processionandi” riconosciuto dalla Curia al Carmine (l’ Arcivescovo Monterisi nell’occasione, scomunicò, addirittura, il priore dei S. Maria Magg.). Corretti e puntuali i riferimenti storici. Vi è solo da aggiungere che dietro le contese tra le Congreghe, a cominciare da quelle tra “Mariani” e “Petroni”, vi erano enormi interessi economici, visto che ad amministrare i beni delle parrocchie erano le Congreghe e non i Capitoli. Nella seconda metà dell’Ottocento, per i diritti di precedenza nelle processioni, dovette intervenire persino il tribunale civile e correzionale di Lanciano ( la sentenza di quel tribunale del 1889, che dava ragione alla Congrega del SS. Sacramento di S. Maria, calmò temporaneamente gli animi ). Quell’utilizzo strumentale, anzi sacrilego, delle processioni dura ancora oggi, fortunatamente non da noi, visto quanto accaduto a Oppido Mamertino dove una processione mariana è servita ad omaggiare il “Padrino” della città. Forse la Chiesa postconciliare dovrebbe aprire una riflessione coraggiosa sulla funzione spirituale di una processione religiosa nell’età moderna. Ma qui il discorso è molto complesso.
NICOLANGELO D’ADAMO
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