giovedì 28 agosto 2014

Trabocchi in casa per la memoria. Autore Giuseppe Fiore

La nostra costa, abruzzese e poi molisana, è ormai notoriamente detta “dei Trabocchi”, antichi “marchingegni” per pescare in mare senza doversi mettere in barca, anche quando, per condizioni meteo non favorevoli, è rischioso sfidare con piccoli “battelli” onde e marosi.
I “traboccanti”, talvolta contadini della terra restrostante, si sono nel tempo letteralmente ‘ingegnati’ a porre in opera, attestandosi sul primo fondale e poggiandosi con specifica perizia su scogli affioranti e magari sott’acqua, strutture apparentemente rudimentali per spingersi più in là,
dove è più profondo e pescoso il mare.
I trabocchi (li travucche), composti essenzialmente da travi, tiranti e corde, magari con un piccolo riparo per pioggia o sole, appaiono quasi naturali prosecuzioni di costa e scogli, direi dei costruttivi “punto d’erce” da cui protendersi sul mare. Sono, al tempo stesso, luogo e strumento per l’attività umana, pittoresche all’apparenza e in realtà funzionali macchine da pesca: un perfetto esempio di insediamento antropico definibile come ambientalmente sostenibile. Non a caso il recente sfascio e tracollo del “Trabocco del Turchino” di San Vito Chietino – notoriamente menzionato da G. D’Annunzio in una sua opera letteraria - ha posto numerose problematiche in merito alla ricostruzione, in particolare per il materiale ligneo da utilizzare, perché conservi al più possibile le caratteristiche soprattutto visive di un tempo.
Queste strutture, ormai, non hanno più l’originaria funzione economica e alimentare del passato, in compenso sono divenute immagine quasi geomorfica del luogo, utile strumento di promozione turistica. In tal senso, per diletto primariamente ed oggi per un piccolo commercio del souvenir, appropriato al luogo e di reale fattura artigianale, diversi e diversamente capaci sono gli autori della riproduzione in scala, fantasiosamente approssimativa e alquanto semplificata, di tali macchine-icone della costa.

In questo e fra questi, Giuseppe Fiore, nato in una famiglia che molto e in vari modi ha praticato il mare, con personale e lunga esperienza commerciale, si è scoperto nell’età matura come abile e sempre più raffinato ...’traboccante’ per la memoria.
I vecchi e veri traboccanti, almeno all’origine, per le loro ‘creature’ (sorta di “scheletri di anfibio antidiluviano”, come ebbe a vederli e definirli il Vate pescarese) utilizzavano soltanto materiali di recupero: legni (tronchi e rami) di pino d’Aleppo o di acacia, nelle fondamenta anche dei travi in ferro, residuali nella costruzione della ferrovia litoranea. In analogia, anche per Fiore, il materiale ‘costruttivo’ da usare è frutto di una scelta ben precisa, utile a caratterizzare l’oggetto nella sua specifica conformazione e figura. Nello specifico: “i legni” usati, seppur in piccolo, per le basi e passerelle, per le travi da inserire nei sassi-scogliere, per le antenne da protendere nel mare e a cui sospendere con cordicelle e tiranti la rete -bilancia, sono quelli che personalmente, come una sorta di archeologo geo-costiero, reperisce in riva, nelle varie e incantevoli insenature della nostra costa, ...tra un trabocco e l’altro, fratelli maggiori di quelli che andrà ad assemblare e poi mostrare. Le sue ri-costruzioni hanno così il pregio di presentarsi, il più possibile, nella loro nota immagine, anche nel colore: uno sbiancato grigio assunto dal legname e altro ad opera corrosiva di luce e salsedine. Li caratterizza una modalità compositiva che denota nell’autore doti di equilibrio formale, hanno alla vista ariosità e leggerezza, una iconicità d’insieme gradevole quanto appropriata, pur nella consapevolezza, umile e preziosa, di non ‘fare’ e presentare al pubblico opere d’arte (!), ma soltanto dei ricordi visivi e tangibili del territorio visitato e magari amato.
Fiore, con tali avvertenze e nella descritta maniera, realizza esemplarmente manufatti-immagine su cui riporre e condensare memoria passata e tempo presente, con valenza, come detto, antropica e culturale, oltre che per l’arredo topico di una “casa al mare”.

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Giuseppe (Peppino) Fiore, dopo la sua partecipazione alla recente mostra collettiva “Due passi tra sassi e trabocchi”, tenuta alla Sala Rossetti della Loggia Amblingh, in qualità di socio, sino alla festività di San Michele Arcangelo, espone ed esporrà le sue creazioni nell’appropriata sede dell’ANMI di Vasto, in Piazza del Popolo 25.
Per info sugli orari d’apertura al pubblico: 328 5952408 – 346 6734334.
















































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