Scomparsa una fiorente attività marinara a Vasto
di GIUSEPPE CATANIA
La vocazione "marinara" di Vasto, grazie al suo mare eccezionalmente pescoso, ha costituito, da tempo immemorabile, una delle risorse principali, non solo per l'economia locale improntata sull'agricoltura ed il commercio, ma anche per la popolazione, sin dai primi anni dell'ottocento.
L'attività ittica a Vasto era assai fiorente. Basti
pensare che vantava un primato molto importante, la cui tradizione risale all'antica "Histonium", l'odierna Vasto, fiorente municipio dei romani.
Alludiamo alla produzione ed alla commercializzazione della "scapece", costituita da pezzi di pesce di
alcune varietà, conservati sotto aceto e assaporati con aromi, che veniva trasportata in tutta la penisola.
L'attività della pesca e la vita dei pescatori a Vasto allora era grama, piena di sacrifici e di pericoli, soggetti come erano a naufragi e disastri che spesso si abbattevano sulla categoria.
Ci si alzava prima dell'alba, svegliati dal richiamo di un pescatore che transitava lungo le strade del borgo marinaro di San Pietro. Si scendeva lungo la Costa Contina (sotto Porta Palazzo) per raggiungere, attraverso la strada della marina, la spiaggia dove le "paranze" erano già state fatte scivolare a mare.
Le "paranze erano grosse barche munite di un sole albero e con una grossa vela variopinta con simboli, per essere riconosciute, all'imbrunire, dai familiari che attendevano trepidanti sul Muro delle lame.
Le "paranze" navigavano a coppia trainando le reti a strascico per pescare su fondali non profondi.
Il pescato veniva valutato dal "parone" (capobarca) e poi trasportato a Vasto per essere venduto al "mercato" situato a piazza Del Popolo.
Ai marinai imbarcati nella paranza veniva data, come ricompensa, una quantità (detta, la "parte") di pesce che, in apposite ceste di canne intrecciate, dette "scafette", veniva offerto in vendita agli abitanti nelle loro case.
Complesse erano le operazioni che venivano effettuate in spiaggia per il "varo" delle barche. Le paranze venivano fatte scivolare su delle "palancole", cioè travi di legno cosparse di grasso animale.
Al rientro si effettuava l'operazione di "alaggio" (cioè del tiraggio a secco) avvalendosi di un argano manovrato a mano, su cui si avvolgeva la corda legata alla barca, che veniva egualmente fatta scivolare sulle palancole. (FOTO)
Operazioni che animavano la vita della spiaggia di Vasto quando i bagnanti affollavano l'arenile e venivano affascinati dalle complesse operazioni che i marinai eseguivano mentre altri artigiani, come il "calafatare", si industriavano a riparare le barche impiegando stoppa e pece per rendere impermeabile lo scafo, tra fumi acri, ed altri ancora intenti a riparare le reti.
Una curiosa caratteristica era legata al varo ed all'alaggio delle barche.
Alcuni giovani aspiranti pescatori venivano impiegati per trasportare a spalla, dalla riva, fino alla "paranza",e viceversa, i marinai più anziani. Guadagnandosi così la la "parte" del pescato.
Per le vie del borgo marinaro di San Pietro, specie a sera, quando le campane della torre della chiesa, rintoccavano l'avemaria, era tutto un diffondersi di odori per via del cucinare il "brodetto alla vastese", unica ed ineguagliabile pietanza che solo le nostre massaie sanno dosare con la varietà del pesce e con l'aggiunta di saponi tratti, ancora freschi, dagli orti, per tramandare un segreto
gastronomico che appartiene ormai alla tipica cucina casalinga di Vasto.
E se le vele "latine" non più garriscono al vento sui pennoni dell'albero maestro delle Paranze, oramai scomparse, resta ancora la memoria di una civiltà che è stata retaggio della nostra gente.
GIUSEPPE CATANIA
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