lunedì 16 giugno 2014

Alla ricerca del Confine (perduto)


di Giuseppe Franco Pollutri
In un tempo di trasmigrazioni umane, simili, in termini planetari, alle invasioni barbariche nel vasto Impero Romano, l’idea stessa del “Confine” appare non solo peregrina, ma quasi “politicamente (e non meno socialmente) scorretta”.
Mentre in arte, e nella cultura in genere, “i confini” e l’essenza stessa dell’arte come téchne (τέχνη) (per dirla con una parola greco-classica) appaiono rimescolati, confusi, talora millantati quando non spariti – avendo idea che fare arte, quale che siano i mezzi materiali e gli strumenti, la preparazione professionale o il dilettantismo presuntuoso, è enunciazione tutta mentale, intelligente o cervellotica – stare a distinguere e sottilizzare dove nel manufatto, prodotto con fini di utilità o per piacere estetico, finisce “la creatività” e inizia “la decorazione”, appare ‘roba’ da acculturati sofisti e classicamente oziosi, che non vivono o non capiscono, nel bene e nel male, l’età nostra contemporanea.

Ma se questo può essere affermato ragionando di cultura e prassi estetico-antropica, c’è altro territorio della vita umana, in particolare associata, fra gli uomini, nell’ambiente, e in particolare nell’urbe, in cui il non avere e non poter stabilire ‘confini’ (regole e limiti, enunciazioni e responsabilità dell’incuria) è drammatico quanto foriero di disperazione per gente che chiede certezze, da dare a se stessi e agli altri, che crede nella necessità della vigenza delle leggi emanate, a tutela della vita societaria e delle libertà individuali, sempre e ovunque.

Tutto questo detto ed evocato in questi miei primi giorni di ritorno e nuova dimora a Vasto. Mentre iniziative culturali, benvenute e pur sempre lodevoli da organizzarsi, si riferiscono al decoro, ad una vita esteticamente gradevole e pregevole (opere d’arte in Esposizioni varie), parallelamente e contemporaneamente il noto e indecoroso arredo urbano (tanto più vistoso laddove il luogo ha o pretende di avere attrattiva turistica) si manifesta in pieno, specie alla Marina, in questo primo mese d’estate. Dall’altra, puntualmente, come per una condanna da subire, sull’arenile e sui Lungomare tornano i “liberi commercianti abusivi”, con le loro mercanzie taroccate e illecitamente prodotte e trafficate, eppure vendute e liberamente acquistate in piena via o piazza, sotto il sole, in riva al mare, intralcio e insieme trastullo di massa del passeggio serale e notturno.

Di questo, in questa altra estate, più nulla mi riprometto di dire e commentare, giacché il farlo e reiterarlo appare frustrante quanto inutile. Pure, almeno in questa occasione, mi sia consentito di manifestare lo ‘spaesamento’ di chi, nella vita sociale e comunitaria, cerca di avere e vedere attorno a sé ‘confini’ ben certi, rispettati e fatti rispettare. Mi chiedo (e credo di non essere solo) dove e in quanto ha inizio il compito da assolvere di un amministratore pubblico, e in quanto lo stesso può promettere e non fare a suo piacere, noncuranza o distrazione. Dove e perché le leggi sono tassative e vincolanti per i cittadini di questo stato italiano (si pensi ai vari “bolli” fiscali e materiali, alle prescrizioni e ai divieti, alle necessarie autorizzazioni e licenze, a costruire, commerciare, …a pescare “due cozze”) e non operanti - tranne “blitz” futilmente dimostrativi, alla Befera delle Entrate - per chi trasgredisce e delinque, e bellamente può farlo per una sorta di immunità “extra-doganale”. Perché e fino a quanto – c’è da chiedersi, seppure senza poter avere risposta - sarà possibile che tutori dell’ordine e magistrati, unitamente ai politici (quelle che le leggi le scrivono ed emanano), non vedano e non provvedano a tutelare “i confini”, senza che ad essi, per tale omissione, si possa imputare responsabilmente alcunché.

Al chè, tornando a ragionare di “Bellezza” (… un parlamentare locale, di recente, ad un comizio elettorale, ebbe a evocarla come “suo obiettivo primario” presentando un candidato vastese alle elezioni regionali e il ‘suo’ strumentale “Parco della Costa Teatina”), vorrei che in molti facessimo, veramente, …un “Elogio del Confine”, concreto e certo, tra quel che si dice e quel che (non) si fa. Il confine (il limite) tra una comunità umana e urbana regolata dalle leggi e un permeante lassismo nei comportamenti, un delinquere, attivo e/o omissivo, degli uomini delle istituzioni, emanazione speculare e diretta di una società (in)civile, diffusamente tollerante e illegalmente complice.
Hic (non in Africa) sunt leones. E i lenoni, pubblici e privati, non meno. - GFP

Nessun commento: