martedì 3 dicembre 2013

Quel che, in fondo all’anno, Espedito Ferrara ebbe a dirci


Quel che, in fondo all’anno, Espedito Ferrara ebbe a dirci
di Giuseppe F.Pollutri
Dopo aver litaniato, in autentico uastarolo, tutti i Santi celebrati dalla Chiesa nel mese di dicembre, Espedito Ferrara, maestro di “vastesità” arguta e colta, in fondo a “Il Nostro Calendario”, così si esprimeva:
“... a le trendìune
scôrte l’anne e scôrte le quatrine,
t’ambére ca pe ttà n’ge sta nescìune”.
Con questa la ‘battuta’ finale, l’autore, a mo’ di attore di scena (o di regista salito sul palco a fine “recita”), si rivolge agli spettatori con parole inaspettate, sorprendendo il pubblico con una riflessione che noi ora diremo spiccia nella sua forma e del tutto attuale nel suo significato.

Mentre per questa citazione ringraziamo Fernando D’Annunzio, nel riprenderla non possiamo che trarne profitto per qualche annotazione, dolente, ma inevitabile, su una classe politica inconcludente, quando non indegna, che al “trentuno” del mese e poi dell’anno ci lascia al verde quanto a “quattrini”, e peggio: privi di prospettiva a breve, e di futuro per le giovani generazioni. Come annota E. Ferrara, con un pessimismo che parrebbe in contraddizione con la sua vita fervida e sempre attiva, il peggio è, in fondo a tutto, che ...“pe ttà n ‘gè sta” nessuna forza politica capace o in grado di “pensarti”, di farti “star bene”. Con la sua ‘morale’, l’autore reinterpreta quel che annotò, in un suo Diario, anche lo scrittore Cesare Pavese: - Chi non si salva da sé, non lo salva nessuno! Inaccettabile, ovviamente, se è vero che uno Stato democratico ha ragion d’essere, nel suo porsi e nel pretendere di sottoporre i suoi cittadini a regole e vincoli, soltanto se in grado di realizzare per essi un certo, sia pur minimo e vitale, ben-essere fisico e ideale.
Per non cadere nella depressione, sapendo che dopo il trentuno di dicembre... “Ecche Jennäre: mo' se fa 'vande”, occorre che noi tutti, all’interno di associazioni e partiti, si riprenda a ragionare con onestà mentale, prima che comportamentale, per farsi parte attiva del cambiamento, che doveva esserci e mai è stato realizzato compiutamente. Non ci troveremmo, se così non fosse: soli in mare e sperduti in terra. Occorre una mutazione del come agire in politica, del chi e perchè delegare altri a governarci, per una vita comune, pubblica e privata, libera quanto equa e solidale. A realizzare la quale siamo “tutti invitati”, dice E. Ferrara nel riprendere ciclicamente ad illustrare i giorni del Calendario. “Sét'ammetäte, cafune e ssegnure, / canda ne séte de déndre e dde fure” (da www.consorziores.it). Perchè da una Fine, data inevitabilmente nella sua cruda realtà, possa nascere un nuovo Principio, d’anno e di vita, individuale e sociale.
Giuseppe F. Pollutri


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