riceviamo e pubblichiamo
Non scopriamo solo oggi, dopo l’ennesimo incidente in una fabbrica cinese in
Italia, la realtà di degrado e sfruttamento in cui operano gli operai, nella
quasi totalità immigrati irregolari. Se noi l’immaginiamo, è possibile che le
autorità preposte a salvaguardare “tutti” i lavoratori e a verificare il rispetto delle norme igieniche degli stabilimenti, non sappiano cosa avviene? Le norme non sono solo per gli italiani ma per tutte le attività economiche in Italia. Siamo tutti emotivamente scossi per la morte di questi operatori e per qualche giorno parleremo dello stato di schiavitù in cui operano queste maestranze. Purtroppo viene dato un scarso risalto al problema di noi consumatori. Se si produce in un ambiente ad alto rischio ambientale e igienicamente non idoneo anche i prodotti potranno essere tossici o batteriologicamente rischiosi per chi li acquista. Il problema, pertanto, non riguarda solo i lavoratori cinesi ma anche noi utilizzatori finali non sempre a conoscenza dei rischi in cui corriamo. Allora perché e questo silenzio assenso delle autorità sanitarie e quelle che si occupano della salvaguardia degli operai? Problema non affrontato adeguatamente anche dai sindacati che dovrebbero salvaguardare i diritti anche dei non iscritti e lottare contro la sleale concorrenza degli operai cinesi verso i nostri . La classica “moneta” cattiva che caccia la buona. Oltre queste e altre considerazioni sanitarie umanitarie riflettiamo anche sull’impatto economico per l’economia e i lavoratori italiani.
Come possono le aziende italiane competere con quelle che non rispettano nessuna regola e non hanno nessun vincolo e regola? Si, i nostri lavoratori saranno più bravi ed efficienti ma non potranno mai avere la stessa produttività di chi lavora giornalmente il doppio delle ore, non ha ferie e altri diritti che i nostri hanno guadagnato in tanti anni. Queste conquiste si traducono in maggiori costi di produzione che mandano fuori mercato i prodotti di fabbriche italiane. Costrette a chiudere.
Questo si traduce nella chiusura di tante imprese e disoccupazione galoppante. Certo ci sono i “furbi”, documentato da un servizio televisivo. Molti imprenditori chiudono le porte alle maestranze italiane e fanno accordi con i produttori cinesi. Questi ultimi, con la complicità degli imprenditori italiani, assoldano parte degli operai in cassa integrazione, per utilizzare il loro know how, sfruttando la contrattualistica vigente, che consente di lavorare con uno stipendio minimo, senza perdere la cassa integrazione in deroga, con salari bassissimi, a cui aggiungere del nero. Sommando i tre fattori si torna allo stipendio per sopravvivere. Una truffa ai danni dei contribuenti che finanziano, come azionisti dello Stato, gli imprenditori “furbi”. Il numero dei disoccupati, reali e fittizi, cresce. Politica, sindacati tacciono! Perché? Sarà solo una visione ristretta del loro ruolo istituzionale?
Così compriamo per buoni prodotti ad alto rischio spacciati per “made in Italy” e contribuiamo ad arricchire i furbi con la cassa integrazione “fasulla”. Tutto questo mentre si fa un gran parlare di “occupazione” senza intervenire a rimuovere questi furti nei confronti degli italiani e lo sfruttamento dei lavoratori cinesi. Obiettivi con lo stesso grado di priorità.
Prendiamo esempio,sperando che sia vero, dall’Atac (servizio urbano di Roma) che per rispondere ai “portoghesi” intensificherà i controlli sugli autobus. Oggi chi oblitera il biglietto è uno su tanti, i romani saranno tutti abbonati come me da oltre 20 anni?
Anche in questo caso, investire in controlli sanitari, e rispetto dei diritti dei lavoratori è un dovere e avrà anche un ritorno economico in termini di occupazione. I nostri lavoratori si potranno confrontare con i cinesi ad armi pari, almeno quando questi ultimi lavorano in Italia. Non possiamo essere, talvolta eccessivamente, fiscali con gli imprenditori italiani e chiudere tutte e due gli occhi con chi sfrutta la povertà. E’ anche un discorso di salvaguardia dei diritti civili anche di chi non è protetto e viene sfruttato.
ENZO LA VERGHETTA
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