martedì 24 dicembre 2013

Coro Stella Maris: successo del concerto di Natale, "una coloritura del suono sui generis"



In un concerto del Coro Polifonico «Stella Maris»
Nostra Natività 

di Luigi Murolo 
Un ensemble molto duttile, capace di misurarsi con le ricorrenze musicali, anche se diversissime nelle loro caratteristiche strutturali. Preparare in contemporanea la madrigalistica gesualdiana a cinque voci (per il quarto centenario della morte del signore di Venosa), quella analoga monteverdiana per i 410 anni della pubblicazione del Quarto Libro de madrigali (1603) e, se si vuole, il sincretismo creolo di Ariel Ramirez per il cinquantesimo della composizione di Navidad nuestra (1963-2013) costituisce un formidabile esempio di professionalità, laddove l’impegno artistico ha richiesto passaggi e modificazioni sintattico-stilistiche dei due diversi concerti che il Coro Polifonico «Stella Maris» ha saputo realizzare nel torno di appena una settimana (il primo, 13 dicembre 2013: Il Principe dei musici. Per il quarto centenario della morte di Carlo Gesualdo da Venosa; il secondo, 21 dicembre 2013: Navidad Nuestra).

Una cosa intanto va sottolineata (non senza aver prima precisato che il 1963 come anno della composi-
zione di Ramirez è quello di cui parla Felix Luna, l’autore dei testi sulla nadividad). Per il mezzo secolo
dei villancicos (canti natalizi) di Navidad nuestra, il coro vastese ha costruito una coloritura del suono sui generis, molto più prossima alla tradizione musicale pre-spagnola. Paola Stivaletta – direttore del gruppo – ha riletto in chiave più ispanica il meticciato sonoro di Ramirez. Di fatto, lo ha “riavvicinato” – se così si può dire – alle esperienze rinascimentali del cosiddetto Cancionero de Uppsala (di cui, tra l’altro, il coro ha proposto tre pezzi nel suo ultimo concerto: Yo me sois la Morenica, Verbum caro factum est, Riu RiuChiu). Ragion per cui, più che accentuare l’uso di strumenti etnici come il charango, il flauto andino ecc. ha preferito utilizzare strumenti della regula storica europea. Quasi non bastasse, l’inserimento delle voci bianche ha voluto suggerire un’interpretazione madrigalistica dell’opera di Ramirez. Non foss’altro perché la stessa miscela linguistica del cancionero (castigliano, catalano, galiziano) ha trovato l’occasione di incontrare l’impasto degli idiomi argentini usati in Navidad nuestra (spagnolo, guaranì, varie lingue indios ecc.).
Certo, il lavoro di Paola Stivaletta tende all’organizzazione dei canti natalizi secondo un ordine in aree
geografico-culturali ben definite. Dopo i Christmas Carols di ambito anglosassone eseguiti l’anno scorso (di cui è stato recentemente pubblicato il CD), l’opzione del 2013 è caduta sul versante ispano-
americano tra Rinascimento e contemporaneità. Il felice intreccio di cancionero e navidad creola offre un modo originale di riconsiderare gli esiti musicali di una storia comune almeno fino alla Guerra di indipendenza argentina (1810-1825). Da questo punto di vista, la ricerca della Stivaletta conduce a un significativo elemento ermeneutico che può essere sintetizzato nei seguenti termini: i canti natalizi tra Cinque e Novecento diventano aspetto conoscitivo di una historia musicalis segnata da un meticciato compositivo d’autore che rielabora temi folklorici senza per questo identificarsi con essi. Che il recupero dell’ethnos è presente tanto nel cancionero quanto nella navidad. Che tutti i villacicos possono costituire un’opera unica, quasi si trattasse di un vero e proprio melting pot. 
Che cosa posso dire di più! Un’occasione da non perdere, quella proposta dal Coro Polifonico «Stella Maris». Voglio solo augurarmi che sia replicata.

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