Ogni anno la statua dell’Arcangelo Michele, patrono della nostra città, viene portata in processione nella chiesa di S. Maria Maggiore, dove rimane esposta per tutta la durata della novena fino al giorno della festa. Una tradizione questa che ormai si ripete da tanti anni, a cui si è giunti attraverso accese polemiche e litigi tra le confraternite delle chiese di S. Maria Maggiore e del Carmine, con il coinvolgimento di Vescovi e amministratori locali.
Ma oggi vogliamo soffermarci su un altro aspetto interessante e forse poco conosciuto: la devozione verso l’Arcangelo Michele della famiglia d’Avalos.
Il nome della famiglia d’Avalos è legata alla chiesa di S. Maria Maggiore da quasi cinquecento anni e
il fatto che nel 1543 Maria d’Aragona d’Avalos avesse l’autorità di nominare un arciprete in questa chiesa, induce a ritenere che i d’Avalos vi esercitassero il jus pratonato.
La presenza dei d’Avalos ha segnato tutta la storia di S. Maria Maggiore. In particolare, la storica famiglia di origine spagnola si prodigò, e non poco, per la ricostruzione della chiesa, incendiata e parzialmente distrutta nell’agosto del 1566 dai turchi guidati da Pialì Bassà (o Pascià), che mise a ferro e fuoco tutta la città, saccheggiando e devastando ogni luogo, senza risparmiare le chiese; poi ricordiamo la Sacra Spina, donata dal pontefice Pio IV a Ferrante d’Avalos in occasione del Concilio di Trento (1545-1563), ed ancora il corpo di S. Cesario, donato il 3 novembre del 1695 da don Cesare Michelangelo d’Avalos.
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CESARE MICHELANGELO D'AVALOS |
Proprio quest’ultimo personaggio, il cui nome oggi è accostato soprattutto alla rievocazione storica del Toson d’Oro, venne battezzato proprio nella chiesa di S. Maria Maggiore, dall’Arcivescovo e Conte di Chieti Nicolò Radulovich, quasi certamente nel bellissimo fonte battesimale, ancora oggi visibile sotto il colonnato vicino l’ufficio del parroco, realizzato nel 1572 in pietra della Maiella.
Nel libro dei battesimi, conservato negli archivi parrocchiali, si può leggere la registrazione del battesimo avvenuto il 19 gennaio 1667, ed è curioso leggere con quanti nomi venne registrato il Marchese del Vasto: Cesare, Michele, Angelo, Giuseppe, Domenico, Tommaso, Francesco, Nicolò, Pietro, Celestino, Cosma et Damiano, Paolo, Mauro, Antonio, Orazio, Berardino, Sebastiano e Giachino Felice.
Da notare che subito dopo il nome Cesare, compare Michele Angelo, proprio in onore dell’Arcangelo Michele, figura celeste apparsa più volte a Monte Sant’Angelo, dove è presente un antico santuario costruito in suo onore. E proprio nel Santuario pugliese troviamo i segni della venerazione dei d’Avalos, attraverso l’offerta di ricchi doni. Nella “Platea” della Basilica del 1678, redatta dal notaio Marrera di Vieste, si legge: “Una catena d’oro di maglie ritorte e rigate di numero trecento sessanta quattro di libbre cinque et once due”, donata dal Marchese del Vasto in data 14 luglio 1658, “con patto che non si potesse vendere alienare o impegnare”. Ma non finisce qui. Nella Cappella delle Sacre Reliquie è presente una “Lampa d’Argento dell’Ill.mo Sig. Principe d’Isernia di valuta Docati 30”, riconducibile senz’altro a Diego d’Avalos, Marchese del Vasto di Pescara e Principe d’Isernia, ed ancora “Altro bacile e boccale (V. FOTO) con l’arme del donatore Marchese del Vasto”, del peso di 6 libbre.
Ed infine, sempre nel Museo devozionale della Basilica di S. Michele è conservata la ricca pianeta donata dai marchesi del Vasto verso la fine del sec. XVII, dove è presente lo stemma dell’antica casata.
Lino Spadaccini
Nel libro dei battesimi, conservato negli archivi parrocchiali, si può leggere la registrazione del battesimo avvenuto il 19 gennaio 1667, ed è curioso leggere con quanti nomi venne registrato il Marchese del Vasto: Cesare, Michele, Angelo, Giuseppe, Domenico, Tommaso, Francesco, Nicolò, Pietro, Celestino, Cosma et Damiano, Paolo, Mauro, Antonio, Orazio, Berardino, Sebastiano e Giachino Felice.
Da notare che subito dopo il nome Cesare, compare Michele Angelo, proprio in onore dell’Arcangelo Michele, figura celeste apparsa più volte a Monte Sant’Angelo, dove è presente un antico santuario costruito in suo onore. E proprio nel Santuario pugliese troviamo i segni della venerazione dei d’Avalos, attraverso l’offerta di ricchi doni. Nella “Platea” della Basilica del 1678, redatta dal notaio Marrera di Vieste, si legge: “Una catena d’oro di maglie ritorte e rigate di numero trecento sessanta quattro di libbre cinque et once due”, donata dal Marchese del Vasto in data 14 luglio 1658, “con patto che non si potesse vendere alienare o impegnare”. Ma non finisce qui. Nella Cappella delle Sacre Reliquie è presente una “Lampa d’Argento dell’Ill.mo Sig. Principe d’Isernia di valuta Docati 30”, riconducibile senz’altro a Diego d’Avalos, Marchese del Vasto di Pescara e Principe d’Isernia, ed ancora “Altro bacile e boccale (V. FOTO) con l’arme del donatore Marchese del Vasto”, del peso di 6 libbre.
Ed infine, sempre nel Museo devozionale della Basilica di S. Michele è conservata la ricca pianeta donata dai marchesi del Vasto verso la fine del sec. XVII, dove è presente lo stemma dell’antica casata.
Lino Spadaccini
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