Il 7 luglio del 1816 si spegneva a Parma il letterato
vastese Domenico Rossetti, fratello maggiore del Tirteo d’Italia.
DOMENICO ROSSETTI |
Ancora una volta torniamo su questo personaggio, fino
a poco anni fa quasi del tutto sconosciuto e che ancora oggi, dopo anni di
approfondite ricerche mostra dei lati oscuri e non del tutto chiariti.
Uno degli eventi decisivi per la vita di Domenico
Rossetti avvenne tra il 1792 ed il 1793, quando il re di Napoli decretò
la leva
per la spedizione di una flotta di navi a Tolone, in aiuto degli
alleati inglesi.
Nel 1792 vennero preallertati e tenuti a disposizione
circa sedicimila uomini tra i 18 ed i 40 anni per la formazione di sessanta
battaglioni di fanteria e venti squadroni di cavalleria. Nel frattempo si
preparò anche la spedizione marittima di Tolone. Tra il luglio ed il settembre
vennero preparati il Tancredi, un
vascello dalla capacità di 74 cannoni, sotto il comando del capitano Francesco
Caracciolo, il Sannita ed il Guiscardo, i quali salparono dal porto
di Napoli il 17 settembre insieme a due fregate ed a tante corvette, formando
una discreta squadra al comando del generale Bartolomeo Forteguerri.
Per sottrarsi alla coscrizione obbligatoria molti
giovani si sposarono, altri si tagliarono il pollice, ed ancora ci fu qualche
genitore che pagò dei sostituti da presentare al posto del proprio figlio e chi
preferì fuggire all’estero. Quest’ultimo fu il caso del nostro Rossetti che,
come spiegherà più tardi un suo biografo, “…in
cui dalle care sue scienze e dalle predilette Muse avrebbe dovuto forzatamente,
e forse per sempre, accomiatarsi”, preferì quindi riparare alla volta di
Roma. Questa fuga segnerà per sempre la vita di Domenico, perché sul suo capo penderà
l’accusa di diserzione.
La situazione politica in Italia alla fine del
Settecento non fu delle più tranquille e spinsero il giovane Rossetti ad un
continuo peregrinare verso altri stati europei, tra i quali Francia e Spagna.
Come conseguenza della rivoluzione francese e delle
sue mire espansionistiche, nel 1796 l’esercito d’oltralpe intraprese una
campagna militare per la conquista dell’Italia. Per dirigere le operazioni
militari nel nostro paese fu inviato un giovane generale di 27 anni: Napoleone
Bonaparte.
Agli inizi del 1799 l’esercito francese aveva occupato
tutti gli stati italiani ad esclusione del Granducato di Toscana, che aveva
dichiarato la propria neutralità. Ma il 24 marzo successivo i francesi aprirono
le ostilità e si preparano all’invasione. Il granduca Ferdinando III, con le
lacrime agli occhi, prese la via di Vienna e la Toscana venne sottoposto
direttamente al governo della Repubblica francese.
Facciamo un salto sull’Isola d’Elba, dove ritroviamo
il nostro Domenico Rossetti.
Alla fine di marzo venne inviata una delegazione
francese a Portoferraio per comunicare al comandante della fortezza il
passaggio dal governo granducale a quello repubblicano. Mentre i magistrati e i
maggiorenti dell’isola decisero di sottomettersi, non fu così per il popolo e
per le stesse truppe austriache ancora di presidio, decisi ad opporre una
strenua resistenza anche in mancanza di armi e cibo. Un inutile massacro di
uomini non poté essere evitato e alla fine la bandiera francese finì per
sventolare su Portoferraio.
E forse proprio in questa prima fase entrò in scena il
nostro Rossetti. “I Signori Rafin e
Monserrat comandanti francesi”, si leggerà in una sua biografia, “tennero consiglio co’ Signori Fratelli
Vantini e colle altre principali Autorità, e saggiamente stabilirono di
scegliere una persona coraggiosa, eloquente e di prudenza fornita, che a
disinganno di quelle popolazioni parlasse, tra loro recandosi rivestita de’
convenienti poteri. Rivolsero unanimamente lo sguardo al nostro Autore, il
quale da quindici giorni dimorava in quella città; ed egli, cui assai doleva
del male dell’Umanità e dello spargimento di tanto sangue, andò intrepidamente
ne’ due comuni di Sant’Ilario e di S. Pietro in qualità di parlamentario e di
oratore, ove mettendo in opera un eloquente e saldo ragionare, vinse quelle
istizzite genti ad udirlo accolte, e docili e obbedienti al nuovo governo le
sottomise”.
Ma i fatti presero subito una direzione diversa. Il
primo aprile un migliaio di francesi sbarcarono nell’isola per rinforzare le
guarnigioni esistenti, e provocarono l’indignazione e l’insurrezione di tutta
la popolazione isolana, che liberarono quattrocento galeotti rinchiusi nel
penitenziario di Porto Longone e respinsero con determinazione le truppe
francesi.
La battaglia fu cruenta: centinaia furono i morti sul
campo, soprattutto per le pesanti rappresaglie dell’esercito d’oltralpe nei
pressi di Sant’Ilario e San Pietro, ma anche i francesi subirono forti perdite
sotto il fuoco sempre più unito e organizzato degli isolani.
L’invasione francese costò inutili e ingenti perdite
di vite umane, che provocarono lo sdegno, ma anche una forte reazione del
popolo italiano, il quale cominciò a pensare anche alla realizzazione
dell’unità nazionale.
All’inizio di maggio si diffusero ad Arezzo voci che
davano per imminente l’arrivo di un esercito liberatore austro-russo. La
mattina del 6 maggio tutta la città e le campagne limitrofe insorsero al grido
di Viva Maria, Viva Gesù, Viva Ferdinando
III. Il popolo scese in piazza incitato soprattutto dal clero, l’albero
della libertà fu dato alle fiamme e cominciò la caccia al giacobino. Il 14
maggio, nella battaglia di Rigutino, località vicino Arezzo, i francesi
subirono una pesante sconfitta e furono costretti a riparare verso territori
ancora occupati.
La notizia della vittoria si diffuse presto in tutta la Toscana. La voglia di libertà
provocò nell’animo della popolazione un deciso moto d’orgoglio: molti volontari
si arruolarono nell’esercito aretino, il quale arrivò a contare fino a
cinquantamila effettivi.
Il 4 luglio i francesi lasciarono Firenze, assediata
dalle truppe aretine e via via tutte le altre città del granducato vennero
liberate.
Anche sull’Isola d’Elba i francesi incontrano
un’inaspettata resistenza e, dopo aspri combattimenti, il Monserrat, comandante
del presidio di Portoferraio, fu costretto a cedere. La resa venne firmata
nella Chiesa di S. Rocco nel luglio del 1799. Così Portoferraio fu per breve
tempo occupato dalle truppe napoletane, che effettuarono rappresaglie e ritorsioni su coloro che
avevano accolto i francesi.
In questa situazione di disordine e confusione, che
vide anche il proliferare dei briganti che in nome della “Santa Fede”
estorcevano tributi e tagliavano le teste, approfittò l’asse austro-russo, che
in poco tempo si assicurò la
Lombardia , l’Emilia ed il Piemonte; questo grazie anche alla
mancata resistenza del popolo, che vedeva negli austro-russi
i liberatori dell’Italia dall’oppressione francese.
In questo periodo dove fu alto il senso di
patriottismo, dove si formò una nuova classe intellettuale in cui maturarono
nuove idee di libertà e di unità, nacque un nuovo fervore poetico dove vennero
raccontate con enfasi le speranze, le battaglie e le vittorie per il
raggiungimento della libertà; possiamo dire che ci troviamo davanti ad
un’anticipazione della letteratura patriottica che avrà la sua massima
espressione alcuni anni più tardi, dove tra i protagonisti ritroviamo proprio
Gabriele Rossetti, fratello di Domenico. In questo movimento letterario, oltre
ai più famosi Parini e Monti, si inserisce prepotentemente e oserei dire anche
sorprendentemente Domenico Rossetti.
Lasciata l’Isola d’Elba, Domenico rimase in Toscana e
visse a pieno quei tragici avvenimenti, che portarono fino alla liberazione del
Granducato, e con animo lucido e decisamente ispirato diede vita a La superbia de’ Galli punita, un canto
estemporaneo firmato come Stitemenios Veldacodrotos, anagramma di “Domenico Rossetti del Vasto”.
Dell’opera del Rossetti si conservano due edizioni, la
prima stampata a Pisa per i tipi di Antonio Peverata, e la seconda inserita in
una raccolta di poesie, pubblicata a Firenze, come segno di ringraziamento
all’esercito austro-russo, ed in particolare al generale Suwarov, per aver
liberato l’Italia. Ma su questo torneremo domani.
Lino Spadaccini
sopra il generale Suwarov, sotto il generale in battaglia |
Nessun commento:
Posta un commento