sabato 13 aprile 2013

Elena Sangro e il kolossal "Quo Vadis": una comparsa sbranata da un leone?


Il film della nota attrice vastese costò circa un milione di lire, una cifra astronomica per il periodo, ben lontano dall’essere ripagata, tanto che per il lancio pubblicitario si annunciò che una comparsa sarebbe stata sbranata da un leone.
Distribuito dalla First National Pictures, il film venne presentato in prima assoluta a New York il 15 febbraio 1925.

Grande diva del cinema muto e amante di Gabriele D’Annunzio, oggi vogliamo ancora una volta ricordare la figura di Elena Sangro attraverso uno dei più bei film da lei interpretato: il Quo Vadis?  di Jeorg Jacoby e Gabriellino D’Annunzio.
Il 1924 è un anno d’oro per l’attrice vastese. Con il regista Guido Brignone gira Maciste imperatore, il primo dei tre film della serie, recitata dalla Sangro accanto a quel mitico personaggio che ha fatto sognare tanti italiani, impersonato da Bartolomeo Pagano, attore genovese ex scaricatore di porto. Il 1924 è anche l’anno di Rosella, sotto la regia di Guido Di Sandro, con Lucia Zanussi e Nino Camarda, e, soprattutto, di Quo vadis?, con Elena Sangro nei panni di Poppea.
Tratto dall’omonimo romanzo, il Quo vadis? è una
delle numerose versione cinematografiche del romanzo storico di Henryk Sienkiewicz, l’opera più famosa dello scrittore polacco, che gli valse il premio Nobel per la letteratura “per i suoi notevoli meriti come scrittore epico”. Pare che l’autore sia stato ispirato da un viaggio in Italia compiuto nel 1893; il titolo deriva dalla frase che, secondo i vangeli apocrifi, Cristo disse a San Pietro mentre fuggiva da Roma: Quo vadis, Domine?
La storia era già stata portata sullo schermo nel 1901 e nel 1912 con il Quo Vadis? di Enrico Guazzoni, considerato il primo vero kolossal del cinema. Sulla spinta dell'enorme successo derivato dal film di Guazzoni, l'Unione Cinematografica Italiana (U.C.I.), la più grande casa di produzione europea, sorta quattro anni prima, decise di produrre questo lussuoso remake affidando le prime scelte a cineasti stranieri. La regia venne affidata al tedesco Georg Jakoby, coadiuvato da Gabriellino D'Annunzio, la sceneggiatura è di Gabriele D’Annunzio, mentre la fotografia è di Kurt Courant, Giovanni Bitrotti e Alfredo Donelli.
Del cast internazionale, formato da attori di tutto rispetto, facevano parte Emil Jannings, nei panni del crudele Nerone, Elena Sangro in quelli di Poppea, ed ancora Rina De Liguoro (Eunica), Lillian Hall-Davis (Licia), Andrea Habay (Petronius), Gino Viotti (Chilone Chilonides), Alphons Fryland (Vinicius) e Bruto Castellani (Ursus).
Il film costò circa un milione di lire, una cifra astronomica per il periodo, ben lontano dall’essere ripagata, tanto che per il lancio pubblicitario si annunciò che una comparsa sarebbe stata sbranata da un leone.
Distribuito dalla First National Pictures, il film venne presentato in prima assoluta a New York il 15 febbraio 1925http://it.wikipedia.org/wiki/Quo_vadis%3F_%28film_1925%29 - cite_note-distribuzione-1. Alla prima furono eseguite, come accompagnamento in sala, le musiche di Cecil Copping che, però, non venne mai accreditato nei titoli. In Italia, il film fu distribuito dall’Unione Cinematografica Italiana, uscendo in prima a Roma il 16 marzo dello stesso anno. In Finlandia, il film uscì l’8 marzo, distribuito dall'Adams Filmi, in Svezia il 22 agosto 1925 ed ancora, il 5 marzo 1928, in Portogallo.
Il film, anche se muto, conquistò letteralmente il pubblico, soprattutto quello europeo, sempre disposto alla meraviglia, grazie alle imponenti scene (davvero spettacolare la corsa delle quadrighe), ai costumi molto accurati ed alle ricostruzioni architettoniche degne dell’antica Roma e con qualche seno nudo che appare in alcune scene.
La trama. L’imperatore Nerone è salito al potere, ma il suo animo è crudele assetato di atrocità. Le murene ingrassate di carne umana sono il suo cibo preferito. Vicini a Nerone ci sono Petronio, cortigiano e scrittore, noto per la sua eleganza, Tigellino, il capo dei pretoriani e Vitellio, l’emulo di Bacco.
Per ordine di Nerone  chiunque si confessi cristiano, o faccia proseliti alla nuova religione, sarà dichiarato nemico della patria e punito con la morte. Intanto un soldato, Marco Vinicio, nipote di Petronio, in un incontro fortuito, s’innamora di una giovane ragazza di nome Licia, figlia di un Re straniero, portata a Roma come ostaggio e affidata a Plauto. “Il mio amore per te è più forte della morte”, gli confessa Vinicio, ma il loro amore non è dei più semplici, in quanto la ragazza è di religione cristiana. Vinicio ottiene da Nerone una grazia e la ragazza viene trasferita nel Palazzo di Cesare al Palatino. Con lei va anche Ursus, un uomo dal fisico possente e suo angelo custode. Sorpreso nel vedere Licia a Palazzo, durante uno dei banchetti di Nerone, Vinicio, acceso dalla passione, cerca di baciarla, ma la giovane, spaventata dal patrizio e dalle orge, che in quel momento si svolgono  durante il banchetto, cerca di fuggire. Interviene lo stesso Nerone per calmarla e l’affida a Lucilla, una giovane liberta.
Livio, il figlio di Nerone e Poppea, sfuggito al controllo della nutrice Etiopica si ferma a giocare con Livia. Con molta apprensione, tutti cercano il bambino scomparso e finalmente lo trovano in giardino a giocare con la ragazza cristiana. L’imperatrice Poppea (Elena Sangro), si trova davanti alla bella straniera fatta portare a palazzo dal marito e la fulmina con lo sguardo.
Con un colpo a sorpresa il fedele Ursus rapisce Licia per riportarla a casa da Plauto.  Nerone da lontano nota la scena. Segue la coppia ed al momento opportuno, quando la donna è sola, entra nella stanza e le si butta ai piedi. “Se sarai mia, avrai tutti i tesori del mondo ai tuoi piedi!”, esclama l’imperatore, ammaliato dalla bellezza della fanciulla. Licia rifiuta l’offerta, implorando Dio,  provocando la collera dell’imperatore che le si scaglia addosso. Provvidenziale è il ritorno di Ursus che strappa Licia dalle grinfie di Nerone e la porta via.
Poppea richiama Nerone a Palazzo: un misterioso malore ha colpito loro figlio. Ormai non c’è più speranza, il piccolo muore tra le braccia della madre straziata dal dolore. Nerone accusa la straniera di aver stregato il figlio e ordina di trovarla e portarla a Palazzo per la giusta punizione.
Nerone brucia Roma, ma per sedare la rabbia del popolo, accusa dell’incendio prima Vitellio e poi Tigellino, il vero esecutore materiale, infine, consigliato dal filosofo Chilone, da la colpa ai cristiani. Nelle catacombe, mentre l’apostolo Pietro racconta la vita di Gesù, arrivano i romani armati per mettere in atto la vendetta di Nerone. Molti di loro vengono arrestati e condotti al carcere Mamertino, tra cui anche Licia e Ursus. I cristiani riescono a convincere Pietro a lasciare la città per scampare alle persecuzioni,  ma sulla strada gli appare Gesù. “Quo vadis, Domine?” dice Pietro. L’apostolo capisce che il suo destino deve compiersi a Roma e torna sui suoi passi.
Le torture promesse da Nerone al popolo sono spietate. I cristiani vengono usati come torce umane. Lo spettacolo si sposta nell’arena dove, davanti all’imperatore e l’imperatrice, i cristiani muoiono ad uno ad uno sbranati dai leoni. Alcuni cristiani vengono legati e trascinati dalle quadrighe, durante una spettacolare gara. Nerone sta pregustando la vendetta: Licia viene legata sulla groppa di un toro inferocito, ma il forzuto Ursus riesce ad avere la meglio sull’animale e libera la ragazza. Nel frattempo tutta Roma è in rivolta aizzati da Vinicio. Ormai è giunta la fine di Nerone e ne viene chiesta la morte in favore di Galba imperatore. Il tiranna tenta di fuggire, ma davanti all’arresto non gli rimane che prendere il pugnale e trafiggersi.

Lino Spadaccini






























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