RICOMINCIAMO DA FRANCESCO
Continua a destare sorpresa, in
un misto di soddisfazione e speranza, l’elezione alla “Cattedra di Pietro” del
cardinale argentino Mario Jorge Bergoglio. Sorpresa perché quel nome non era
stato inserito tra i papabili della vigilia (ancora una volta la dimostrazione
che spesso chi entra Papa in conclave ne esce cardinale), infatti tutti i
pronostici si concentravano su pochi nomi che raccoglievano l’appoggio della
potente Curia Romana, o il gruppo di potere attorno allo IOR o magari un nome
statunitense per rilanciare quella Chiesa locale frastornata dagli scandali e
sopraffatta dai debiti.
Ma gli imperscrutabili disegni
dello Spirito Santo, almeno per chi ci crede, hanno fatto si che
il “Sacro
Collegio” tornasse ad orientarsi, in soli cinque scrutini, su un nome che già
nel precedente Concilio aveva raccolto un robusto sostegno (ma si è saputo solo
ora). Un nome che evoca un Cristianesimo evangelico antico, ormai sconosciuto
da queste parti, un Cristianesimo che continua a farsi contaminare dai bisogni
della povertà, ridotto ad un messaggio semplice di speranza e fraternità
affidato a sacerdoti che hanno impostato la loro vita all’insegna dell’umiltà e
del rigore. Infatti quella scelta di chiamarsi “Francesco”, contro ogni
tradizione, è già un programma “rivoluzionario” agli occhi di tanti cristiani
che dopo il primo momento di sorpresa e smarrimento, hanno cominciato ad
ascoltare racconti di un cardinale che
viaggiava nella sua città sui mezzi pubblici, abitava in un modesto appartamento
bastando a se stesso anche in cucina e alla tradizionale croce pettorale d’oro
aveva preferito la più modesta croce di
ferro. E ancora: la sera della Sua elezione si affaccia alla grande loggia e
invita la sterminata folla che lo saluta alla recita di una preghiera…
E la memoria ti spinge a
ricordare l’incontro di Francesco d’Assisi con la sontuosa corte di Innocenzo
III, la rinuncia di Celestino V ai fasti che accoglieranno poi Benedetto Caetani,
la reazione della chiesa militante alla simonia, al nepotismo, al cesaropapismo
dei Papi rinascimentali con la nascita profetica di grandi Ordini Religiosi
quali i Barnabiti. i Gesuiti, le Orsoline, i Comaschi, i Cappuccini, i Teatini
voluti dal vescovo di Chieti Gian Pietro Carafa, futuro Clemente VII, una
grande, corale reazione della Chiesa a quel pauroso decadimento morale della
Gerarchia che aveva favorito anche l’avvento del Luteranesimo. Ma l’elenco è
lungo di tanti veri “Giganti” del Cristianesimo che nei momenti più delicati
della vita della Chiesa sembra che prendano in mano la situazione e la traghettino in acque più tranquille. Come non pensare
alla recente grande stagione Giovannea e alle speranze di rinnovamento e
rivangelizzazione scaturite dal Vaticano II?
Insomma quel misto di soddisfazione
e speranza con cui è stata accolta l’elezione di Papa Francesco appare legato
alla convinzione che la migliore dimostrazione dell’esistenza di Dio è la
sopravvivenza della Chiesa ai propri
errori, sotto la guida di grandi e moderni “Profeti”.
NICOLANGELO D’ADAMO
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