A
Vasto a capo del Partito Socialista c’era Vincenzo Cardone e membri influenti
del direttivo erano Nicola Scotti, fotografo, e Francesco Paolo Martone,
impiegato.
Meno
successi registrò il nascente Partito Popolare che fece fatica ad affermarsi
come forza politica autonoma, vista l’egemonia che il notabilato esercitava su
buona parte del cattolicesimo locale.
Infatti in provincia di Chieti, nelle elezioni politiche del 1919, il Partito
Popolare non riuscì neppure a presentate una propria lista. Ma la sua presenza a Vasto doveva essere
consistente visto che si scelse questa città per stampare il numero unico del
loro giornale, “L’Abruzzo Popolare”.
Anche
lo “spirito unitario” di tanti
“liberali” era più alimentato dalla speranza di fare buoni affari con l’Unità
d’Italia che da spirito patriottico.
A
Vasto, ancor prima dell’inizio della prima guerra mondiale, la piccola
borghesia guadagnò consistenti spazi sociali e politici liberandosi pure, a
piccoli passi, dalla tradizionale e consolidata
riverenza al notabilato locale. Al punto da non temere, come ci ricorda
Francesco Ciccarone nelle sue “Memorie”, con una bella nota di colore, di
criticare pubblicamente “questa o quella mossa dei signori nel gioco delle
carte”. Non solo. Ma anche gli spazi tradizionalmente riservati alla ricca
borghesia, come il Teatro Rossetti per i ricevimenti e i veglioni, vennero invasi dagli artigiani: “…ai signori era concesso il privilegio”, ricorda sempre
Francesco Ciccarone, “di occupare da
soli la sala per il veglione e poter
ballare senza il rischio di essere disturbati da artigiani che si contentavano
di ammirarli dall’ultimo ordine dei palchi (…), a poco a poco si verificò un
fenomeno di infiltramento di elementi eterogenei ed il veglione diventò
rumorosa gazzarra e si estinse”.
NICOLANGELO
D’ADAMO
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