Stasera solenne celebrazione a S. Maria Maggiore con i tradizionali 365 rintocchi della campana grande ed il Te Deum di ringraziamento |
Nell’ultimo giorno dell’anno, nella chiesa di S. Maria
Maggiore, solennità e tradizione la fanno ancora da padrona con i 365 rintocchi
della campana grande ed il suggestivo canto del Te Deum, in ringraziamento
al Signore per l’anno appena trascorso.
In passato, famose erano le prèdeche de Fabbrezije (o Brabbizie), dal nome di
un tal Giovanni Barbisio, un cittadino lombardo che per ragioni di
lavoro si era trasferito a Vasto. Questo benefattore, nel 1792 lasciò alla
Chiesa un canone annuo di 17 ducati, per far fronte alle spese della predica,
che veniva affidata normalmente ad un oratore forestiero, incaricato di tenere
il sermone di fine anno dal pulpito della chiesa.In passato, famose erano le prèdeche de Fabbrezije (o Brabbizie), dal nome di
La solenne celebrazione che si svolge la sera del 31
dicembre, è essenzialmente divisa in quattro parti: la Santa Messa ,
l’esposizione del Santissimo Sacramento, la lunga predica del parroco ed il
canto di ringraziamento. Sopra l’Altare Maggiore viene disposta una struttura
in legno con le luci che disegnano l’anno che se ne va, mentre il mattino
successivo viene collocata analoga struttura con l’anno appena iniziato.
Caratteristici sono anche i canti
tradizionali vastesi, un tempo eseguiti da allegre comitive, accompagnati dal
suono di tamburelli, pifferi, organetti e mortai da cucina di legno, in giro
per famiglie e negozi a portare il buon anno. Il Buon Capo d’Anno, con versi in italiano, e Il Capo d’Anno, con versi in dialetto, sono le canzoni più
conosciute e, in particolare la prima, ancora oggi riproposta durante le serate
tra parenti e amici.
Se i testi di questi due brani
sono ormai famosi e conosciuti, ce n’è un altro meno noto, riproposto da
Francesco Pisarri sulle colonne de Il
Vastese d’Oltre Oceano:
Cand’àjje caminate questa notte,
P’aritruvà’ li porta di ‘stu loche.
Ringrazie Ddi’ ca l’àjje’ aritruvate,
Salute canda ggende sta a ‘stu loche.
I salute ‘ssa camhre e ‘ssa cucine,
A ddò spassegge ‘ssa donna riggine.
I ti salute chi ‘ssa bella tàvele,
Nghi canda ggende ci staj’ a magnà’.
I ti salute chi ‘ssa bella trecce,
Pi ccanda vodde ti li sciujj’ e ‘ttacche,
I ti salute chi ‘ssa bella veste,
Pi canda punde ci à messe lu mastre.
I salute cuscine e mataràzze,
Addò ripose li vostre billezze.
Queste li diche e li diche candanne,
A ……… lu bom bringipie d’anne.
E di una cosa mi n’ avè scurdate,
……. Ni l’avè’ salutate.
Ajje sumundate ‘na misure di line,
Bon gapidanne pur’ a li halline.
Ajje sumundate ‘na misure di lende,
Bon gapidanne pur’ a la jumende.
Si me deje ‘na scrippelle,
Mo ti sone tande bbelle;
Si mi deje nu quaggione,
Mo, ti sone ‘n’ addre ccone;
E si ni’ mi vu ‘rrapi’,
Bbona nott’ a ‘ssugnuri’!
Al posto dei puntini di
sospensione, venivano messi i nomi dei conoscenti che si andava a trovare,
mentre al termine dell’ultima strofa, i cantori venivano fatti accomodare in
casa e successivamente congedati con frittelle, frutta, vino e qualche salume.
Lino Spadaccini
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