lunedì 31 dicembre 2012

Stasera i tradizionali 365 rintocchi della campana grande e il Te Deum

Una volta erano famose le Prediche di Frabbezie 
Stasera solenne celebrazione a S. Maria Maggiore con i tradizionali
365 rintocchi della campana grande  ed il Te Deum  di ringraziamento  
Con i problemi che attanagliano il nostro Paese, tra crisi economica, lavorio precario e difficoltà finanziarie in cui versano tante famiglie italiane, ci prepariamo a festeggiare il nuovo anno, in famiglia o con amici, con il classico cenone di San Silvestro.
Nell’ultimo giorno dell’anno, nella chiesa di S. Maria Maggiore, solennità e tradizione la fanno ancora da padrona con i 365 rintocchi della campana grande ed il suggestivo canto del Te Deum,  in ringraziamento al Signore per l’anno appena trascorso.
In passato, famose erano le prèdeche de Fabbrezije (o Brabbizie), dal nome di
un tal Giovanni Barbisio, un cittadino lombardo che per ragioni di lavoro si era trasferito a Vasto. Questo benefattore, nel 1792 lasciò alla Chiesa un canone annuo di 17 ducati, per far fronte alle spese della predica, che veniva affidata normalmente ad un oratore forestiero, incaricato di tenere il sermone di fine anno dal pulpito della chiesa.
La solenne celebrazione che si svolge la sera del 31 dicembre, è essenzialmente divisa in quattro parti: la Santa Messa, l’esposizione del Santissimo Sacramento, la lunga predica del parroco ed il canto di ringraziamento. Sopra l’Altare Maggiore viene disposta una struttura in legno con le luci che disegnano l’anno che se ne va, mentre il mattino successivo viene collocata analoga struttura con l’anno appena iniziato.
Caratteristici sono anche i canti tradizionali vastesi, un tempo eseguiti da allegre comitive, accompagnati dal suono di tamburelli, pifferi, organetti e mortai da cucina di legno, in giro per famiglie e negozi a portare il buon anno. Il Buon Capo d’Anno, con versi in italiano, e Il Capo d’Anno, con versi in dialetto, sono le canzoni più conosciute e, in particolare la prima, ancora oggi riproposta durante le serate tra parenti e amici.
Se i testi di questi due brani sono ormai famosi e conosciuti, ce n’è un altro meno noto, riproposto da Francesco Pisarri sulle colonne de Il Vastese d’Oltre Oceano:
Cand’àjje caminate questa notte,
P’aritruvà’ li porta di ‘stu loche.
Ringrazie Ddi’ ca l’àjje’ aritruvate,
Salute canda ggende sta a ‘stu loche.
I salute ‘ssa camhre e ‘ssa cucine,
A ddò spassegge ‘ssa donna riggine.
I ti salute chi ‘ssa bella tàvele,
Nghi canda ggende ci staj’ a magnà’.
I ti salute chi ‘ssa bella trecce,
Pi ccanda vodde ti li sciujj’ e ‘ttacche,
I ti salute chi ‘ssa bella veste,
Pi canda punde ci à messe lu mastre.
I salute cuscine e mataràzze,
Addò ripose li vostre billezze.
Queste li diche e li diche candanne,
A ……… lu bom bringipie d’anne.
E di una cosa mi n’ avè scurdate,
……. Ni l’avè’ salutate.
Ajje sumundate ‘na misure di line,
Bon gapidanne pur’ a li halline.
Ajje sumundate ‘na misure di lende,
Bon gapidanne pur’ a la jumende.
Si me deje ‘na scrippelle,
Mo ti sone tande bbelle;
Si mi deje nu quaggione,
Mo, ti sone ‘n’ addre ccone;
E si ni’ mi vu ‘rrapi’,
Bbona nott’ a ‘ssugnuri’!
Al posto dei puntini di sospensione, venivano messi i nomi dei conoscenti che si andava a trovare, mentre al termine dell’ultima strofa, i cantori venivano fatti accomodare in casa e successivamente congedati con frittelle, frutta, vino e qualche salume.

Lino Spadaccini

Nessun commento: