giovedì 1 novembre 2012

Al Cimitero fra le tombe di tanti vastesi illustri

La tomba delllo storico Luigi Marchesani

di Lino Spadaccini
Per la festività di Ognissanti in tanti si recano al cimitero per portare i fiori e rivolgere una preghiera ai propri cari e conoscenti che hanno accompagnato la loro vita.
Ma la visita al cimitero è anche l’occasione per ricordare i tanti vastesi illustri qui sepolti, come gli storici Luigi Marchesani e Luigi Anelli, il poeta Romualdo Pantini, Carlo Palmili, il sen. Giuseppe Spataro, Carlo D’Aloisio e Elisabetta Mayo, Filandro Lattanzio, Peppino Perrozzi e Lucia Perrozzi-Borghi, Espedito Ferrara, Emilio Celano, Alfonso Marchesani, Luigi Martella, Don Romeo Rucci, Antonio Palizzi e Doralice del Greco (genitori dei pittori Filippo, Nicola, Giuseppe e Francesco Paolo), Florindo Ritucci Chinni e le tombe monumentali delle famiglie Palmieri, Zaccagnini, Cieri, Suriani, solo per citarne alcune.
Questi sono solo alcuni nomi, ma nel
nostro cimitero, nella nostra piccola Père Lachaise, in ogni tomba è conservato un pezzo di storia della nostra città. Purtroppo, le condizioni della maggior parte di queste tombe sono davvero pessime: molte sono abbandonate e cadute in rovina, altre sono preda di erbacce e arbusti, le iscrizioni quasi non si leggono più e molti marmi sono letteralmente a pezzi.
Bisognerebbe tornare indietro nel tempo, ad esempio nel 1927, quando venne creato il Comitato Pro Cimitero “Allo scopo di rendere più austero e soprattutto più decoroso il pio luogo ove posano i resti dei nostri cari”. Una iniziativa più che lodevole con il nobile intento di mantenere il cimitero sempre in condizioni decorose, infatti, come viene riportato su Il Vastese d’Oltre Oceano, “a cura del Comitato, nell’interno del Cimitero arderanno sempre, come faci inestinguibili, le lampade elettriche votive, oltre a quelle destinate ad illuminare convenientemente il viale. Fiori d’ogni tinta e d’ogni profumo saranno piantati sui bordi delle singole aiuole e serviranno a rendere più austero il luogo dell’eterno riposo”.
Non può mancare una chiusura in versi con la poesia dal titolo II Novembre, pubblicata alla fine dell’800 sulle pagine dell’Istonio, dal pubblicista Emilio Monacelli. Ecco i versi:

Come le foglie a cento a cento
Cadono sulla terra inumidita,
Trasportate lontan dal freddo vento,
Cadono le speranze di mia vita.

Muoion nell’aere i funebri rintocchi
Del bronzo che ne invita a la preghiera:
Son velati di lagrime questi occhi,
Ne la tristezza de la bruna sera…

Tutto un popol si reca al cimitero
Con tributo di lagrime e di fiori;
Ai cari morti è volto ogni pensiero
E il palpito gentil di mille cuori.

Tutto ha fine quaggiù! Gloria e ricchezza!
Virtude sola eternamente ò il vanto.
Più d’ogni gloria e d’ogni umana ebbrezza,
È dessa in terra l’ideal più santo.

Discendono a legioni i cherubini
Sui ricchi marmi e sulle zolle obliate,
Dove altri angeli dormono: i bambini.
Oh quante tombe nude e quante ornate!...

Di chi chiuse nel cor senza un lamento
Il suo dolore, il mondo obblioso tace;
Ma sull’uomo che all’uomo fu tormento
Spesso spuntano i fior, brilla una face!

Oh, quanti visi mesti al cimitero!
Oh, quanti fiori e pallide fiammelle,
Quanto dolore di parata o vero!
Che allegri sciami di ragazze belle!...

Deh! Non ridete o care giovinette,
S’apre anche ai freschi fior l’avida fossa!
Non ridete. Non son le benedette
Ossa dei vostri cari infra quest’ossa?...







1 commento:

maria ha detto...

Personalmente, penso che ogni singola tomba, comprese quelle di TUTTI gli altri defunti, nel loro piccolo, portano e conservano un pezzo di storia vastese... anche solo per il fatto di essere li.
E nello stesso tempo, penso che come spesso accade, dopo la morte, oltre ad un personale ricordo che chi resta porta con se, giorno dopo giorno il passaggio si affievolisce e tal volta, muore, muore anche l'abitudine di andare al cimitero.
Nei 15 anni in cui ho vissuto vicino il cimitero, che, per me, era un luogo dove ogni tanto mi piaceva passeggiare al suo interno meditando sulla vita, notavo sempre che appena giunti dei nuovi, erano sempre cosparsi di fiori freschi, fino a quando quei fiori li notavi ogni giorno più secchi e solo in questi giorni, c'era un rinnovo dei colori e dei profumi, oppure si poggiavano quei fiori finti...
Fiori in ogni aiuola, ben curati, sarebbe bellissimo, ma se poi qualcuno si prende la libertà di strapparli alla terra per donarli al proprio caro, direi che di austero ci resta ben poco, così come diventerebbe troppo austero se talune attenzioni da parte di un eventuale comitato, andassero solo ai nomi “degni” di ricordo.
Molto bella la poesia, ma del finale non so cosa pensare... Talvolta, il ricordo, un aneddoto di un caro defunto fa scattare una risata. Quella risata, altro non sarebbe che un inno alla vita ed un rinnovo, come un voto, del ricordo del proprio caro. Se davvero le anime dei cari restano, non sarebbero liete, ogni tanto, di sentire una risata sincera?
Che tristezza al pensiero della morte con tanta serietà senza un suono lieto... e pensare che è la vita di passaggio, ma la morte, per quanto sarà, inerente al cristianesimo, un passaggio anche lei, è di una durata assai maggiore...