META' 800: all'incrocio dell'attuale corso Dante con corso Palizzi, "una picciola ma cupa boscaglia ove annidano i malfattori, che spesso con degli agguati consumano de’ furti, degli omicidii, e de’ ratti" delimitata da due porticati (le Colonne di Pantini e di Ruzzi) che “ si presentano come una oscura grotta, ove le materie stercoracee si depositano inevitabilmente”, come “un pubblico lupanaio, uno sterquilinio indecoroso”, come “un laberinto spaventevole, in dove si eseguono con pubblico orrore le pessime azioni dai tristi che non mancano in tutti i luoghi”.
Nel 1850 il Sindaco Pietro Muzii decide di demolire i due porticati e ripulire la zona.
Nel 1850 il Sindaco Pietro Muzii decide di demolire i due porticati e ripulire la zona.
di LINO SPADACCINI
Osservando la pianta della
città del Vasto del 1838, riportata da Luigi Marchesani nella sua Storia di Vasto, si possono notare,
evidenziate con i numeri 40 e 68, lungo Corso Dante, le colonne di Ruzzi e e le
colonne di Pantini.
Una delle ultime iniziative
di Pietro Muzii, quattro volte sindaco della
nostra città, fu proprio
l’abbattimento dei due porticati, reso necessario per
salvaguardare la sicurezza pubblica e, soprattutto, per una questione di
decenza.
Ma leggiamo direttamente le parole pronunciate dal Sindaco, nella
seduta del consiglio comunale del settembre 1850, le motivazioni che portarono
alla demolizione delle colonne: “Signori.
Non ad unico fine di migliorare il fabbricato nell’interno della nostra Città
Voi proponeste la demolizione delle colonne di Ruzzi e Pantini coi due atti
deliberativi de’ 25 Giugno, e de’ 25 Sett.e 1849. Secondato il mio proponimento
per togliere nel seno della nostra Città, sulla pubblica strada, e propriamente
nel luogo d’un quatriglio, una pericolosa foresta, un pubblico lupanaio, uno
sterquilinio indecoroso. Li due bassi e tenebrosi Porticati, le di cui volte
superiori son crollanti, si presentano come una oscura grotta, ove le materie
stercoracee si depositano inevitabilmente… Si presentano pure come un laberinto
spaventevole, in dove si eseguono con pubblico orrore le pessime azioni dai
tristi che non mancano in tutti i luoghi. Si presentano come una picciola ma
cupa boscaglia ove annidano i malfattori, che spesso con degli agguati
consumano de’ furti, degli omicidii, e de’ ratti, essendone a migliaja i casi
avvenuti, de’ quali gli archivii presso le autorità giudiziarie son pieni di
documenti. E gli abitanti nella sudd.ª strada… che sotto i porticati ànno
l’ingresso delle loro abitazioni, come pure tutti coloro che debbono
percorrerla nella notte, vi transitano sempre co’ palpiti, pensando di poter
essere aggrediti da un momento all’altro. In una sera della scorsa settimana,
circa un’ora della notte, galantuomini di fede videro una coppia di entrambi i
sessi che pubblicamente sotto il primo arco di Ruzzi consumavano delle
turpitudini da bordello...”.
Attuale corso Dante: le colonne di Ruzzi erano all'altezza delle prime case verso S. Antonio |
Nel progetto di demolizione
redatto dall’architetto Nicola Maria Pietrocola, è descritta la parte
architettonica dell’opera, che ci danno l’idea di com’era il porticato fino
alla metà dell’Ottocento. Dopo l’elogio iniziale al sindaco Pietro Muzii che,
nonostante le ristrettezze economiche in cui versa il comune, “trae
destro dondunque, ed, esausto l’erario pubblico, inventa nuove entrate, quasi
cercando dal nulla”, passa alla descrizione dell’opera: “Quasi nel mezzo della città, e secante la stessa da una estremità
all’altra opposta, corre da Levante a Ponente in linea pressoché retta l’ampia
e bella strada di S. Giovanni; da questa chiesa all’altra di S. Antonio. Dessa
è nel mezzo deformata da’ unnati due portici di turpe originaria costruzione,
resa ancora più deformi da posteriori fabbriche addossativi a barbecani,
cosicché li piloni che li sorreggono, pur tali aggiunzioni son ora enormemente
pesantissime. Si arroga a ciò ch’essendo i due portici addossati alle due linee
opposte di case da cui ognuno sporgendo più della metà della larghezza della
strada impediscono la visuale da un estremo all’altro di questa; e perciò la
strada istessa in tal modo viene disecata a detrimento del comodo pubblico, e
della salubrità dell’aria. Inoltre pur essendo i portici angustissimi, e di
giorno, più oscuri che no nelle ore notturne favoriscono gli appostamenti a’
trafurelli e rompicolli siccom’è ben definito esser la notte un vaso di Pandora
che versa affranti, rischi e tracolli…”.
Le colonne di Pantini erano all'altezza delle prime case a monte, appena dopo l'incrocio con corso Palizzi |
Nel corso del suo ultimo
mandato da sindaco, nell’agosto del 1849,
Pietro Muzii propose la demolizione di due archi situati nelle vie
interne cittadine: “Sulla povera strada
interna di la del Supportico di San Gaetanello trovansi penzolone un Arco a
loggia sporgente dalle opposte case del Capitolo di San Giuseppe, e di Vincenzo
di Bussolo. A rendere libera essa strada da un ingombro sì nocivo alla pubblica
salute, sì pregiudizievole alla decenza pubblica, e sì pericolosa al libero
transito entro questa Città, alle mie esortazioni il Reverendo Capitolo, e di
Bussolo hanno generosamente annuito alla demolizione del suddetto arco”. Subito
dopo venne demolito anche l’arco sporgente sulla strada interna della Trinità,
tra le abitazioni del Conte Tiberii e Antonino Celano.
Lino Spadaccini
1 commento:
Bell'articolo! L'ho letto con grande piacere. Ci restituisce uno spaccato della Vasta ottocentesca, losca e incredibilmente licenziosa, e nello stesso tempo ci mette in guardia dall'idealizzare i "bei tempi andati".
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