domenica 2 settembre 2012

Trecento anni fa giunse a Vasto la Statua della Madonna della "Cintura"

LA STATUA E' NELLA CHIESA DI SAN GIUSEPPE. COME NACQUE LA TRADIZIONE DELLA "CINTURA"

Trecento anni fa, il 2 settembre 1712, arrivava a Vasto la statua della Madonna della Cintura, ordinata dal Padre Provinciale Giovanni Gentile, agostiniano, insieme ad un’altra statua di San Nicola, in ringraziamento per aver allontanato l’invasione di cavallette nell’aprile dello stesso anno.
La statua, tuttora visibile, è conservata all’interno di una bella nicchia in legno nel transetto della Cattedrale di San Giuseppe, mentre la festa cade la prima domenica dopo il 28 agosto, in cui la Chiesa ricorda Sant’Agostino, quest’anno il 2 settembre proprio in coincidenza con il 300°.
Secondo la tradizione, la devozione alla Vergine della
Cintura è nata dal desiderio di Santa Monica di imitare Maria anche nel modo di vestire, in particolare del periodo dopo l’ascesa di Gesù al cielo. La Vergine accontentando il desiderio di Monica, le apparve con un abito semplice e di colore molto scuro. La veste era stretta in vita da una rozza cintura in pelle che scendeva quasi fino a terra. Maria, slacciatasi la cintura, la porse a Monica raccomandandosi di portarla sempre e di invitare a indossarla a chi voleva il suo patrocinio. Fra i primi che approfittarono di questa opportunità troviamo Sant’Agostino, figlio di Santa Monica. Per questo la cintura è diventato uno dei tratti distintivi degli Agostiniani.
La Madonna presente a San Giuseppe, di scuola napoletana, segue l’iconografia classica presente anche in altre statue esistenti: la Vergine appare con il Bambino in braccio, elemento questo che manca nel racconto tradizionale, e non indossa un abito scuro bensì di colore rosa.
A San Giuseppe sin dal 1593 era presente la Società de’ Corregiati o Cinturati unita all’Arciconfraternita della Madonna della Consolazione in S. Giacomo di Bologna. Usanza tra i cinturati era quella di andare la notta successiva a quella della morte di un confratello, in giro per la città suonando un campanellino per invitare i soci a recitare le decine del rosario per il defunto. “Per antica consuetudine”, annotava lo storico Luigi Anelli, “allorché un affigliato di essa veniva a morire, lo scaccino della chiesa medesima, vestito con camice e cappuccio, e con campanello in una mano ed un lanternone dell’altra, andava di notte in giro pel Vasto, fermandosi ad ogni canto di strada, per gridare lamentosamente:
Surelle e fratelle cindurate,
dicete ‘na terza di Rusarie
pi chi l’alma trapassate.
Scuoteva quindi tre volte di seguito il campanello, e continuava il suo cammino sino a che non aveva percorso tutte le vie della città”.
Questa usanza durò fino al 1866, quando venne proibita dall’autorità pubblica.

Lino Spadaccini

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