Guglielmo Marconi |
Il
25 aprile del 1874 nasceva a Bologna Guglielmo Marconi, Premio Nobel per la
fisica nel 1909 e padre della radio e di tutti quei sistemi che utilizzano la
comunicazione senza fili.
Anche
Vasto, come molte altre città italiane, ha inteso rendere omaggio al grande
inventore, intitolando la piazza ai piedi della villa comunale, ma c’è un altro
collegamento che unisce la nostra città a Guglielmo Marconi: a lui, nel 1910,
il poeta vastese Romualdo Pantini dedicò una poesia dal titolo “A Marconi inventore italiano”,
pubblicato nella raccolta “Canti di vita”.
Marconi
dedicherà tutta
la sua vita allo sviluppo e perfezionamento delle
radiocomunicazioni. Dopo la morte del fisico tedesco Hertz, dalla lettura delle
sue esperienze, Marconi trarrà ispirazione per lo studio sulle onde
elettromagnetiche che l’occuperanno per tutta la vita.
Forte
delle prime scoperte e galvanizzato dalle prospettive che potevano aprirsi, nel
1897 fonda in Inghilterra la “Marconi’s Wireless Telegraph Company”. I benefici della sua invenzione si fanno subito apprezzare da tutti; vi è
un caso in particolare che lo dimostra in modo clamoroso: il primo salvataggio,
a mezzo appello radio, che avvenne in quegli anni di una nave perduta sulla
Manica.
Nel 1901 vengono trasmessi i primi segnali telegrafici senza fili tra Poldhu, in Cornovaglia, e l'isola di Terranova, in America settentrionale. Il 12 dicembre 1901 per mezzo di una cuffia e di un coherer vengono ricevuti i primi SOS attraverso l'Atlantico. Così Marconi, non ancora trentenne, è carico di gloria e il suo nome già famoso. Queste sono state le prime trasmissioni transatlantiche.
Nel 1902, Marconi compie alcune esperienze sulla Regia nave “Carlo Alberto”, provando, inoltre, la possibilità dei radiocollegamenti tra le navi e con la terra. Pochi anni dopo, i 706 superstiti del noto disastro del Titanic devono la salvezza alla radio e anche per questo l'Inghilterra insignisce Marconi del titolo di Sir, mentre l'Italia lo fa Senatore (1914) e Marchese (1929).
Nel 1914, sempre più ossessionato dal desiderio di allargare le potenzialità degli strumenti partoriti dal suo genio, perfeziona i primi apparecchi radiotelefonici. Inizia poi lo studio dei sistemi a fascio a onde corte, che gli permettono ulteriori passi in avanti oltre alla possibilità di proseguire quegli esperimenti che non si stancava mai di compiere.
Guglielmo Marconi muore a Roma all'età di 63 anni, il 20 luglio 1937, dopo essere stato nominato dottore honoris causa dalle università di Bologna, di Oxford, di Cambridge, e di altre università italiane.
Nel 1901 vengono trasmessi i primi segnali telegrafici senza fili tra Poldhu, in Cornovaglia, e l'isola di Terranova, in America settentrionale. Il 12 dicembre 1901 per mezzo di una cuffia e di un coherer vengono ricevuti i primi SOS attraverso l'Atlantico. Così Marconi, non ancora trentenne, è carico di gloria e il suo nome già famoso. Queste sono state le prime trasmissioni transatlantiche.
Nel 1902, Marconi compie alcune esperienze sulla Regia nave “Carlo Alberto”, provando, inoltre, la possibilità dei radiocollegamenti tra le navi e con la terra. Pochi anni dopo, i 706 superstiti del noto disastro del Titanic devono la salvezza alla radio e anche per questo l'Inghilterra insignisce Marconi del titolo di Sir, mentre l'Italia lo fa Senatore (1914) e Marchese (1929).
Nel 1914, sempre più ossessionato dal desiderio di allargare le potenzialità degli strumenti partoriti dal suo genio, perfeziona i primi apparecchi radiotelefonici. Inizia poi lo studio dei sistemi a fascio a onde corte, che gli permettono ulteriori passi in avanti oltre alla possibilità di proseguire quegli esperimenti che non si stancava mai di compiere.
Guglielmo Marconi muore a Roma all'età di 63 anni, il 20 luglio 1937, dopo essere stato nominato dottore honoris causa dalle università di Bologna, di Oxford, di Cambridge, e di altre università italiane.
Quando il Pantini scrisse la sua ode, Marconi si
trovava a Londra. Il poeta vastese cercò in tutti i modi di fargli avere una
copia del suo libro, contattò anche il pittore abruzzese, Francesco Paolo
Michetti, grande amico del Marconi, e riuscì a
strappargli una promessa: “La
prima volta che vedrò Marconi gli parlerò della tua poesia”.
Nella primavera del 1921, Marconi venne con il suo
panfilo, l’Elettra, dalle nostre parti e si fermò a Francavilla al Mare, ospite
di Michetti. Purtroppo, il Pantini seppe solo più tardi della visita di
Marconi, perché in quel periodo si trovava in Francia. Ma la prima volta che
incontrò il pittore abruzzese gli chiese: “Ciccillo,
ti sei ricordato di mostrare a Marconi la mia ode?”. Michetti, desolato,
onestamente ammise la dimenticanza.
“Proprio questo
episodio ho ricordato giorni fa, mentre prendevo il tè in casa della marchesa
Degna Marconi Paresce, la secondogenita del grande inventore”, scrisse
Giorgio Pillon sulle colonne dell’Histonium,
“…non aveva mai sentito nominare Romualdo
Pàntini. Ricordava però benissimo il viaggio lungo le coste adriatiche, perché
anche lei era a bordo del panfilo”. In particolare la figlia di Marconi
ricordò l’insistenza del pittore nel mostrare tutto quello che era riuscito a
fare in casa utilizzando la corrente elettrica. La casa era tutta un incrocio di
fili: in cucina, nei salotti e nelle camere da letto dove, accanto ad ogni
letto, era collocata una complessa scatola di interruttori grazie ai quali era
possibile accendere luci, aprire porte e suonare campanelli. Il commento di
Marconi fu: “Che strano! Un pittore di
genio che perde tempo con questi aggeggi”. Furono proprio quegli aggeggi a
far dimenticare a Michetti l’ode di Romualdo Pàntini.
A
Marconi inventore italiano
Qual
fremito indistinto
rapido
come dardo,
sicuro
come il fato,
nuovo
del genio afflato
invisibile
al guardo,
or
la materia ha vinto?
Qual
purissimo istinto
rimbalzò
dagli abissi
che
i pelaghi trascorre
che
trascorre le forre
che
i divieti ha rescissi
dello
spazio e de’ tempi
senza
luce d’esempî?
O
gran pensiero umano
il
vil tramite è infranto,
e
all’etere infinito
torni
al pulsar di un dito:
ogni
gioja ogni pianto
ogni
sogno più vano
viola
il mondo arcano,
or
è fatto universo
messaggio
a chi lo spera
e
va con la bufera,
va
nel cielo più terso,
e
si fonde al destino
per
l’etereo cammino.
Salve,
divinatore!
Salve,
spirtale atleta!
Nella
notte profonda
che
sembra il ver nasconda
ti
s’aprì la più lieta
visione
d’amore
e
sentisti il tuo cuore
palpitar
coi fratelli
delle
inospiti Sirti,
e
gli stellanti spirti
parean
dal ciel più belli
sorridere
al pensiero
che
solcava il mistero.
Nel
tuo nome, o Marconi,
il
miraggio si assume
di
nuove itale sorti.
La
madre parla ai forti
figli
ch’aureo barlume
caccia
in vaghe regioni.
Parla
la madre e i buoni
figli
treman sommessi
di
religion più viva
per
la zolla nativa,
tremano
per sé stessi,
ed
affrettano il giorno
del
fiorito ritorno.
Gorgo
non prevarrà
sul
naufrago assetato,
se
di vita gli è scrigno
il
tuo magico ordigno.
Sul
mar, sul mare il fato
d’Italia
avvamperà!
Muto
sul ponte sta
di
un nume emulo il duce:
e
il tacito comando
vibra
più che il suo brando
e
al conquistato radduce
nel
furor dei perigli
i
ferrëi navigli!
Torna,
o divinatore!
Se
la patria infingarda
spinse
te pure ad altre
genti
più ricche e scaltre
or’attonita
guarda.
Risolca
i mari, o cuore
alato;
al nostro amore
torna
per sempre. Roma
su
Monte Mario aspetta
d’imporre
la più schietta
corona
alla tua chioma:
qua
ti vuole di Volta
l’anima
che t’ascolta!
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