martedì 24 aprile 2012

Davide D'Alessandro: "Per un altro 25 aprile"


Per un altro 25 aprile
di Davide D’Alessandro
Chi è nato antifascista, chi ha una lunga consuetudine contro tutte le dittature e le restrizioni della libertà, sa che cosa significa il 25 aprile per l’Italia e il popolo italiano. Ecco perché è giusto che il 25 aprile resti, perché la storia non va cancellata. Detto questo, nel 2012 è bene che la storia o eventi, per quanto cruciali della storia, non continuino a dividere, a separare. Questo 25 aprile, in un contesto così delicato e complesso per il nostro Paese, può essere un momento alto di riflessione, civile, morale, politica. Può essere
l’occasione per mettere definitivamente da parte gli ultimi residui di nostalgia e guardare avanti, a ciò che chiede quotidianamente una società post-ideologica: chiede una politica che anteponga la soluzione dei problemi, la ricerca delle soluzioni alle diatribe per conquistare il potere e affermare il comando. A Roma come a Vasto occorre che si delinei uno sguardo d’assieme, unitario, nazionale, che integri le diversità, che tenga unito il sistema democratico. Questo è un Paese in cui, per vent’anni, dopo il crollo delle grandi storie politiche, si sono insediate le storie delle famiglie, dei partiti personali, creati e disegnati su misura per ipotetici leader. Il risultato è l’essere divenuti orfani di un pensiero politico, di un fare politica, per fare altro, per consolidare altro, per inseguire altro. Pdl, Pd e Terzo polo che si ritrovano compatti a sostenere, pur con tante difficoltà e dolori di pancia, un governo “salva-Italia”, può essere il primo segnale per una nuova stagione. Non più basata sulla sospensione della politica, ma sulla riaffermazione del primato della politica. Che deve tornare presto, è necessario che torni presto. Perché anche noi vorremmo essere la Spagna, la Francia, l’Inghilterra, la Germania, senza governi tecnici e con la certezza che chi vince, governi. Ma deve tornare quella vera, che non guardi alle bandierine e ai simboletti da salvaguardare, ma che guardi al Paese, alla guida del Paese come delle realtà locali, senza sterili contrapposizioni e guerre di religione. Un 25 aprile di liberazione, non da un oppressore esterno e interno, che non c’è più, ma dalla mediocrità, dal particolare, dalla difesa del proprio giardinetto. Un 25 aprile che apra la strada a un Paese finalmente normale. Speriamo di non chiedere troppo, ancora una volta.

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