Non so quanti di Voi si ricordano del mio giornale VastoNotizie (1988-1994) ma molti argomenti di cui parliamo oggi sono stati affrontati - da me e Giuseppe Catania - proprio in quegli anni! Come questo articolo di marzo 1994 (18 anni fa): sembra scritto ieri. E viene citato anche l'archeologo Staffa della Soprintendenza! Il pezzo non è firmato, ma è attribuibile a Giuseppe Catania.
Buona lettura
Nicola D'Adamo
I resti sono affiorati durante i lavori per le nuove
condotte idriche
Un anfiteatro romano a Piazza Rossetti
Urne cinerarie scoperte lungo corso Garibaldi: una necropoli
nella zona?
I lavori in corso per la collocazione delle condotte di
adduttrice idrica, lungo via Cavour e ora su Piazza Rossetti, sono stati
«bloccati» dai tecnici della Sovrintendenza.
II fermo è conseguente al rinvenimento nella parte terminale
di via Cavour e l'innesto di Piazza Rossetti, in adiacenza alla Torre di
Bassano, di alcuni reperti archeologici.
Alcuni giornali hanno parlato di scoperta sensazionale, ma l'episodio
non è nuovo, perché, in
occasione della messa in opera delle condotte per la distribuzione
del gas metano ad uso domestico, allo stesso punto, ci si è imbattuti nella
medesima «scoperta».
La realtà è che anche gli organi tecnici
dell'amministrazione comunale «ignorano» le vicende storico-archeologiche di Vasto, già Histonium, antico Municipio
dei Romani, non solo, ma non si sono mai peritati di leggere i testi storici -Luigi
Marchesani (Storia di Vasto 1838) - Luigi Anelli (Histonium ed il Vasto
attraverso i Secoli) - per citare gli autori più recenti, per rendersi contodella toponomastica cittadina relativa al centro storico.
Non è la prima volta, infatti, che si scrive, e noi lo
abbiamo fatto con dovizia di particolari, da 35 anni, che sotto Piazza Rossetti si cela
l'anfiteatro della romana Histonium, di cui si hanno anche le dimensioni e che la conformazione circolare
di Piazza Rossetti, ricalca esattamente le mura perimetrali che delimitavano l'anfiteatro
che venne colmato da una allusione tra il 1400 e il 1500.
Inoltre, l'esistenza dell'anfiteatro è documentata (C.Svetonius
Tranquillus - De XII
Caesaribus Trajecti ad num 1672 Lib.Secund. D.Octav Caes Augustus, cap. 46) ed il Marchesani stesso (Storia di Vasto pag. 212)
riferisce: «Nobilitava città e colonie la Naumachia, largura in forma di Circo, chiusa da mura, nel quale
sotterranei canali introducevano acqua per sostenere le navicelle nelle finte pugne ad
esercizio de' soldati e a diletto del popolo».
«La nostra Naumachia, attribuita allo stesso Augusto,
occupava in contrada de' Garlati, lo spianato in cui si innalzarono poi e il Convento de'
Paolotti e le muraglie della Città».
Ancora nel 1644, ricorda il Marchesani, «si vedeano i vestigi
della ovata e forte fabbrica larga piedi 210 lunga 225, e secondo altri 255».
Ove si volesse ancora «ignorare » l'esistenza di mura
reticolate frammiste al cocciopesto, tipica tecnica costruttiva romana, fanno
bella mostra di sé le vestigia affiorate durante i lavori di ristrutturazione degli
edifici di proprietà Centorami e Scarano, per rendersi conto dell'andamento
circolare della piazza, proprio perché gli edifici edificati si addossano alle
preesistenti mura dell'anfiteatro romano.
Tanto per ribadire, ancora una volta, la necessità di
richiamare l'attenzione e la responsabilità degli organi dell'amministrazione comunale di Vasto ai quali
incombe l'obbligo di vigilare, prima della esecuzione di lavori pubblici nel perimetro
del centro storico, onde evitare, come spesso è avvenuto, di dover restare «impantanati»;
cantieri e macchinari che ingombrano strade e piazze, con gravissimo danno per
la collettività e la paralisi circolatoria che si ripercuote in ulteriore inconveniente.
Recentemente è stato rinvenuto anche un tratto di muro
reticolato misto a cocciopesto che fa parte dell'arcata perimetrale; altro reperto l'urna cineraria
contenente una cassettina in legno (andata distrutta a contatto con l'aria) con
le ceneri di un cadavere; alcune ampolle, una di opale, una fibula ed un oggetto in metallo sicuramente ad uso specchio;
piccoli recipienti per olii e aromi. Il tutto, secondo gli esperti della
Soprintendenza ai Beni Archeologici d'Abruzzo, coordinati dal dott. Andrea
Staffa, appartenenti ad una patrizia romana.
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