Il 5 gennaio del 1952 moriva a Chieti il colonnello medico Agostino Ritucci Chinni, fratello di Florindo, anima d’artista e amato sindaco della nostra città.
Personaggio non molto noto, anche per la sua forzata assenza dalla nostra città, viene ricordato per la sua natura bonaria dedita soprattutto all’aiuto delle persone bisognose. Molto legato alla sua città natale, durante la lunga assenza dall’Italia ha cercato di mantenere i rapporti con la sua terra, mentre al suo ritorno, come ricordava il giornale Histonium di Espedito Ferrara, “non soleva e non voleva mancare a nessuna delle tradizioni locali, alle quali assisteva e partecipava in piazza, fra gli altri cittadini, così, confuso, come un tempo ragazzo fra i ragazzi, giovane fra i giovani”.
Dopo il conseguimento della laurea (1909) presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Bologna, con la tesi su “Ricerche sperimentali sul processo di riparazione nei distacchi epifisari traumatici”, Agostino intraprese la carriera militare, partendo poco dopo per l’Africa, dove vi rimase per circa trenta anni. Già il 15 agosto del 1915, in seguito alla morte del dott. Annibale Mancinelli, venne nominato Direttore di Sanità della Colonia Somala. La sua attività prevalente la svolse a Mogadiscio dove erano presenti tra l’altro nove compagnie arabo-somale, una compagnia amhara, sedici sezioni mitragliatrici someggiate, una compagnia cannonieri indigeni, una compagnia specialisti genio, il tribunale militare e reparti per l’equipaggiamento e per i mezzi di trasporto.
Il compito del medico vastese fu quello di tenere al corrente il Governatore delle condizioni sanitarie ed igieniche della Colonia e dell'andamento dei servizi relativi a tali materie. In particolare, si occupò dello studio delle malattie infettive, quali la malaria o la peste, pubblicando anche interessanti studi scientifici sulla materia.
Un caso molto interessante, che vide coinvolto Agostino Ritucci-Chinni, fu quello alle prese con la malattia contratta dal maggiore Rosario Assanti (successivamente congedato col grado di Generale). Capitano nel 96° Reggimento Fanteria “Udine”, per meriti militari venne promosso maggiore, nel giugno del 1917, e inviato in Africa nella colonia Somala. Verso la fine di luglio si recò a Mahaddei, dove vi rimase due o tre giorni, per poi far ritorno a Mogadiscio dove si manifestò una febbre violentissima. “Gli accessi erano preceduti da brividi intensi”, scrisse il capitano Ritucci Chinni nel rapporto al Comando Truppe di Mogadiscio, “susseguiti da sudorazione profusa accompagnandosi a forte cefalea, dolori generalizzati a tutto l’organismo, nausea, vomito”. In seguito alle cure prestate dal dottore vastese, la febbre sparì completamente dopo una settimana. “La sintomatologia della forma morbosa”, scrisse ancora Agostino Ritucci Chinni, “poteva far pensare a un caso di febbre ricorrente; ma lo studio della cura febbrile e di altri sintomi caratteristici, tra cui l’efficacia della cura chininica, fece concludere per la diagnosi di terzana malarica”.
Il richiamo dell’Africa colpì anche il fratello, Don Florindo, il quale partì per i combattimenti in Africa Orientale. Vi rimase diversi anni e nel 1941 venne fatto prigioniero dagli alleati. Approfittò della permanenza in Africa per iniziare nel 1943 ad Asmara la carriera di Procuratore.
“Egli era profondamente buono”, così veniva ricordato Agostino sulle pagine dell’Histonium, “La disciplina della divisa militare, che egli aveva fedelmente onorata per trenta anni sul suolo dell’Africa rendendosi con l’azione e col cuore un pioniere della nostra colonizzazione, un ardito della nostra espansione con la missione di civiltà affidata alla sua intelligenza e alla sua professione, non aveva irrigidito le linee serene del suo animo”.
Tornato in Italia rimase nel campo militare occupandosi dell’Ospedale militare di Trieste e successivamente quello di Chieti. Fu anche Presidente della Commissione Medica delle Pensioni di Guerra. In onore del fratello, il sindaco vastese Florindo Ritucci Chinni, istituì una borsa di studio da centomila lire per gli alunni più meritevoli.
Lino Spadaccini
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