Presente anche Mussolini che visita una Colonia di Bambini vastesi alla pineta d'Avalos di Pescara
Nell'ormai lontano 1923 si tenne a Castellammare Adriatico e a Pescara (cittadine unificate il 2 gennaio 1927 per dar vita alla quarta provincia d'Abruzzo) la prima “Settimana Abruzzese”, che si proponeva di raccogliere tutte le manifestazioni dell'ingegno regionale. Nasceva per iniziativa di un noto scrittore-giornalista di Loreto Aprutino, Zopito Valentini, già organizzatore l'anno prima di quello che oggi si direbbe un festival della canzone regionale.
Era scritto nei programmi ufficiali: la “Settimana” è “un insieme di manifestazioni industriali, folkloristiche e artistiche”. Vuole proporre il valore “popolare” (degno di essere “esposto”) dei prodotti dell'artigianato, dei canti, dei costumi di festa e di lavoro, di tutto ciò che è “abruzzese”. Vuole proporlo di fruizione pubblica, degnamente pubblicizzato, finalmente conosciuto.
La “Settimana”, che si svolse precisamente dal 19 al 26 agosto, comprendeva oltre che una gran fiera campionaria abruzzese, allestita su un'area di oltre due ettari e che si protrasse sino al 9 settembre, il tipico programma di una sagra: concerti, balli, gare sportive di vario genere, gare di fuochi pirotecnici e di bande musicali, feste sul fiume, mostre personali di pittura e scultura, recite teatrali, esposizione di ori antichi, corteo floreale di carri ed una tombola di lire 50 mila.
In questa kermesse folcloristica-balneare s'inserì anche un grande momento politico con la presenza di Benito Mussolini, al potere da dieci mesi, il quale il giorno 21 visitò la casa natale di Gabriele D'Annunzio, una colonia marina di bambini di Vasto alla pineta d'Avalos, e quindi passò in rassegna in piazza Sacro Cuore le otto legioni abruzzesi e molisane della milizia fascista. Il presidente del consiglio con equanimità esemplare tenne un discorso a Castellammare e uno a Pescara. A Castellammare, parlando dalla terrazza del Padiglione Marino, disse tra l'altro: «Fra tutte le regioni d'Italia l'Abruzzo è all'avanguardia, perché in dieci mesi di governo è la regione che mi ha chiesto di meno e ha lavorato di più. Una volta ho chiamato l'Abruzzo il cuore vivo e pulsante della patria. Rinnovo oggi, al cospetto di questa moltitudine, al cospetto dell'Adriatico, che è ancora abbastanza amaro se non più amarissimo, questa mia dichiarazione che risponde ad una semplice e documentata verità. Pongo all'ordine del giorno tutto il fascismo abruzzese, tutte le sue magnifiche legioni, poiché, se in qualche località d'Italia piccole e trascurabili questioni personali angustiano la nostra vita, qui invece fervida è la passione, altissima la fede, infrangibile la vostra unità».
C'era di che rallegrarsi. A Pescara, dove era stata allestita una mostra di prodotti locali, il giorno 22 non fu meno prodigo di elogi: «Stamane, visitando la Mostra , ho avuto la rivelazione visiva del vostro potente sforzo di costruttori e di produttori. Io ho detto e ripeto che siete benemeriti della nazione. Lo siete stati in guerra: molti abruzzesi sono stati con me nelle trincee, e posso attestare il fermo valore dei loro solidi petti».
L'iniziativa ideata, organizzata e, in gran parte, finanziata da Valentini, ebbe una risonanza ed un successo tali da parteciparvi, tra i molti turisti accorsi, le maggiori autorità fasciste. Infatti, la “Settimana” fu, senza ombra di dubbio, un'apoteosi del fascismo abruzzese. Intanto perché ebbe tra gli spettatori, oltre allo stesso Mussolini, alla sua prima comparsa in Abruzzo, un paio di ministri (Giovanni Gentile e Paolo Thaon Di Revel), cinque sottosegretari (gli abruzzesi Alessandro Sardi e Giacomo Acerbo, Bonardi, Caradonna e Torre), il direttore generale di pubblica sicurezza, Emilio De Bono, ed altri dignitari fascisti; e poi perché fu una sorta di sfrenata sagra della retorica e della piaggeria, che al regime littorio non dispiacquero mai. A tal proposito merita di essere ricordato un sacerdote di Spoltore, Saverio De Caesaris, il quale definì Mussolini «prodigioso atleta, che a mente acuta saldo cuor congiunge», e attribuì una ricca manciata di virtù a Giacomo Acerbo, «vigile animator di radiosi studi, in giovinetti anni maturo senno, petto adamantino» e via sproloquiando. Ebbe infuocate lodi anche l'Abruzzo, «questa terra nobilissima che è ardente in noi come la più sacra e accesa delle passioni, che è forte come il lavoro possente da cui, tra l'alito caldo della poesia e della musicalità canora, nell'augusto e sacro nome del Re e nella fiduciosa forza operante del Duce, attende i sacri destini».
Il carro di Vasto |
I partecipanti vastesi |
Vasto, al pari di altri paesi e città d'Abruzzo e Molise, venne invitato a partecipare alla manifestazione, «in una nobile e bella gara di emulazione fraterna» - si leggeva, tra l'altro, in un articolo grondante di retorica del quotidiano La Tribuna. L'Amministrazione Comunale vastese, dopo aver stanziato un contributo di 70 mila lire, per meglio figurare nella manifestazione si fece promotrice della costituzione di un Comitato Cittadino per la raccolta di fondi.
Grande fu il successo della folta rappresentativa vastese che conquistò la maggiore ricompensa: una medaglia d'oro con diploma. In un articolo su Il Risorgimento d'Abruzzo e Molise, a firma di Teodorico Marino, si leggeva fra l'altro: «Nella lucente Settimana Abruzzese dell'agosto ultimo, a Castellammare e a Pescara, che sicuramente resterà celebre nei nostri annali per la genialità della creazione e pel successo ottenuto, il maggior trionfo fu riportato dal gruppo di Vasto, che nei cori delle cantatrici, nei costumi tradizionali, nella rievocazione dei balli rustici, nella sfilata dei carri, nella festa delle vele dette prova di una mirabile organizzazione, di uno squisito sentimento artistico, di un impegno sorprendente non sorpassato, né eguagliato da nessun altro. Perciò il consenso del pubblico fu unanime, l'ammirazione generale ed il plauso meritato della stampa regionale e nazionale non ebbe limiti per la schiera delle dolci fanciulle, per gli eleganti garzoni, per i valorosi musicisti e per i valenti esecutori, che raggiunsero una invidiabile perfezione».
Inoltre, i vastesi ebbero particolare successo nel calcio dove l'Unione Sportiva Vastese, terza classificata nel torneo che costituiva in pratica un vero e proprio campionato abruzzese come posero in risalto i giornali dell'epoca, sconfisse clamorosamente il Chieti per 6 a 1. Tra i calciatori ricordiamo Michele Aucone, Oreste Del Prete, Nicola Malatesta, Giuseppe Fiore, Luigi Santarelli, Marino Artese e i giovanissimi Giuseppe Ferrara e Michele Santarelli; nel ciclismo con Mario Tosone, Tonino Artese, Nicola Tana e Giuseppe Troilo (ciclista dai “garretti di acciaio”); nelle gare di tiro a segno con Umberto Marino, Espedito Sarodi e Gaetano Del Borrello; nelle gare di atletica con Carlo Marinucci, Carlantonio Ronzitti, Cesario Fiore e Giovanni Petroro; e nel teatro dialettale con il bozzetto del prof. Luigi Anelli, Crèšte gna vàite accuscì pruvàite! (Cristo come vede così provvede!), definito dalla stampa “un gioiello per semplicità di linea, felice riproduzione di costumi e di ambiente per paesana schiettezza”. Tra gli interpreti Leopoldo Cieri, Luigi Laccetti, Anna Peluzzo e Lucia Del Greco.
Sempre in ambito teatrale clamoroso insuccesso, invece, per la “Figlia di Jorio” di Gabriele D'Annunzio, nella traduzione dialettale abruzzese curata dall'umanista Cesare De Titta. Inutilmente il commediografo Luigi Antonelli tentò di rabbonire il pubblico presente: i fischi e le proteste gli impedirono di parlare.
Gilda Giacomucci |
La medaglia d'oro e il diploma, “l'una e l'altro come attestati del magnifico ed incontrastato successo avuto dal gruppo di Vasto durante i giorni della Lucente Settimana” furono esposti, per la gioia e l'orgoglio della cittadinanza, nella vetrina della gioielleria Petroro per diverso tempo.
Dopo la buona riuscita della prima edizione, si pensò di rendere stabile la manifestazione. A tal fine l'ideatore della “Settimana”, Zopito Valentini, partì per un viaggio promozionale di otto mesi negli Stati Uniti tra le comunità italiane. Raccolse quindicimila dollari che significarono al netto un introito di 174 mila lire. Troppo poco per costruire un padiglione permanente e dare continuità all'avvenimento come era nelle sue intenzioni.
Beniamino Fiore
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