Il 13 maggio del 1982 moriva a Napoli Antonio Ciccarone, grande ricercatore nel campo della micologia e fitopatologia, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.
Figura poco conosciuta nella nostra città, in questi giorni il suo nome è tornato a farsi sentire, in seguito ad una proposta d’intitolazione di una strada in suo onore e di altri illustri personaggi.
Discendente della gloriosa famiglia vastese, Antonio è figlio di Francesco Ciccarone e Rosa Marcantonio, nonché fratello di Silvio Ciccarone apprezzato sindaco vastese.
Antonio iniziò gli studi a Roma, per poi proseguirli a Napoli ed ultimarli a Bologna, laureandosi presso la Facoltà di Agraria il 25 ottobre 1933, con una tesi dal titolo “Le coltivazioni del grano nel territorio di Vasto”.
Durante gli stuti e subito dopo la laurea Antonio Ciccarone diresse l’azienda agraria di famiglia, acquisendo notevole esperienza pratica che gli servirono negli anni a venire. Nel 1935, si avvalse di una modesta borsa di studio per frequentare per due anni l’Istituto di Botanica dell’Università di Palermo, da L. Montemartini, dal quale fu introdotto agli studi micologici e fitopatologici. Nel 1938, dopo un breve periodo passato alla Stazione sperimentale di ovicultura di Pescara, mosso dal suo spirito avventuroso, accettò l’incarico di organizzare i servizi fitopatologici dell’Africa Orientale Italiana. Anni che gli servirono per compiere interessanti studi sulle malattie dei cereali e di altre colture agrarie, oltre ad esplorare dal punto di vista micologico e fitopatologico il territorio etiopico.
Nel 1940 la sua attività scientifica fu interrotta dalla guerra. Ufficiale di artiglieria di montagna, partecipò a diverse operazioni che gli valsero la croce al merito. Catturato dai guerriglieri abissini, con uno stratagemma riuscì a scappare e, raggiunte le colonie inglesi, fu internato nei campi di prigionia in Kenya per tre anni. Dopo l’Armistizio del 1944, tornò agli studi fitopatologici presso l’Università di Nairobi.
Tornato in Italia nel 1946, rimase prima un anno a Firenze presso l’Istituto agronomico per l’Oltremare e successivamente accettò l’invito del governo venezuelano di cooperare all’organizzazione dei servizi fitopatologici del Venezuela e dirigere la sezione di micologia del Centro de investigaciones agronomicas a Maracay. Terminata l’esperienza venezuelana Antonio Ciccarone tornò in Italia come aiuto direttore alla Stazione sperimentale di patologia vegetale di Roma. Oltre agli studi, il Ciccarone si occupava anche della didattica, divenendo ben presto uno dei maggiori esperti del settore, molto richiesto sia in Italia che all’estero. Dopo brevi esperienze all’Università di Sassari ed a Catania, dal 1957 fino alla morte, il 13 maggio 1982, Antonio Ciccarone si stabilì a Bari, dove fu per molti anni preside della facoltà di Agraria. In 25 anni di attività il suo istituto divenne uno tra i più moderni e importanti di tutto il Mediterraneo. Nel 1973 fondò l’Associazione fitopatologica italiana, di cui fu il primo presidente. Fu uno dei principali promotori dell’istituzione a Bari e a Montpellier, in Francia, del Centro internazionale di studi superiori agronomici mediterranei.
Sul sito del Dipartimento di Biologia e Patologia Vegetale dell’Università degli studi Aldo Moro di Bari si legge: “Il contributo scientifico del Professor Ciccarone nel campo della micologia e in molti rami della patologia vegetale è documentato da oltre centottanta pubblicazioni sue e dalle migliaia dei suoi allievi e collaboratori, il cui lavoro personalmente guidò ed incoraggiò. Egli era fondamentalmente un micologo con interessi sistematici: a lui si debbono la scoperta di molte specie di funghi fitopatogeni, revisioni e rielaborazioni di alcuni generi e di circa quaranta specie o entità sub-specifiche fungine, segnalazioni nuove di funghi in territori ed ambienti diversi, studi ecologici ed epidemiologici, ricerche sull’effetto del clima sulla vegetazione e sui parassiti. Essendo però uno studioso applicato, cercò di dare risposte ai problemi fitopatologici che gli si presentavano nei diversi ambienti agricoli in cui si trovò ad operare, in ciò svolgendo spesso un lavoro pioneristico non solo nel campo delle malattie fungine, ma anche in quelli delle malattie da fattori avversi all’ambiente, da virus, da batteri, da altri organismi nocivi, come acari, nematodi e fanerogame parassite, nonché della relativa lotta. Studiò anche aspetti generali della patologia delle piante, rapporti ospite-parassita, resistenza delle piante alle malattie. Ciccarone fu uno dei maggiori e più completi fitopatologi europei del tempo, capace di sintesi e di originali aperture. Egli impostò e organicamente sviluppò una patologia delle colture agrarie meridionali, che allargò a dimensioni mediterranee. Con le sue ricerche, osservazioni ed intuizioni, con senso realistico dei problemi agricoli e del territorio, egli incise profondamente, molto innovando, nelle applicazioni, spesso in contrasto con la tradizione basata su dati incerti o acquisiti in regioni ecologiche diverse.
Più della vastità della sua produzione scientifica, meravigliano l’impostazione ed il respiro da lui dato alle ricerche. Egli ha così impostato e organicamente sviluppato una Patologia delle colture agrarie meridionali, che ha allargato a dimensioni mediterranee. Esigente e severo, ma prima con se stesso, in quanto a studio e a doveri, con gli allievi, con i collaboratori era prodigo in consigli, largo d’incoraggiamento, generosissimo d’aiuto. Insegnava soprattutto con l’esempio della propria vita.
A lui la patologia vegetale, in particolare quella meridionale, deve molto, il miglior modo per onorarne la memoria è quello di continuare l’opera sulle strade che egli ha aperto con rara lungimiranza e sicura determinazione”.
Più della vastità della sua produzione scientifica, meravigliano l’impostazione ed il respiro da lui dato alle ricerche. Egli ha così impostato e organicamente sviluppato una Patologia delle colture agrarie meridionali, che ha allargato a dimensioni mediterranee. Esigente e severo, ma prima con se stesso, in quanto a studio e a doveri, con gli allievi, con i collaboratori era prodigo in consigli, largo d’incoraggiamento, generosissimo d’aiuto. Insegnava soprattutto con l’esempio della propria vita.
A lui la patologia vegetale, in particolare quella meridionale, deve molto, il miglior modo per onorarne la memoria è quello di continuare l’opera sulle strade che egli ha aperto con rara lungimiranza e sicura determinazione”.
Non ci resta che aggiungere che l’intitolazione di una via è il minimo che la nostra città può fare per onorare una figura così prestigiosa.
Lino Spadaccini
1 commento:
Caro Lino,
grazie per condividere la mia proposta di intitolare strade od altro ai vastesi emeriti, affinche' i cittadini tutti, in particolare i nostri giovani, ricordandoli, sentano doverosa gratitudine verso quanti, con il loro impegno, hanno onorato questa citta'.
Con amicizia,
Angelina Poli Molino
pres. ass. "AMICI DEGLI ANZIANI" Vasto
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