domenica 17 aprile 2011

PINO JUBATTI fa conoscere il Brodetto alla Vastese a livello internazionale


Siamo venuti a conoscenza che sul numero di marzo della prestigiosa rivista "Civiltà della Tavola" della "Accademia Italiana della Cucina", diffusa a livello internazionale,  Pino Jubatti ha proposto la ricetta e la storia del Brodetto di Pesce alla Vastese. Un apprezzatissimo contributo che favorirà ancor più la conoscenza del nostro piatto tradizionale. Un grazie a Pino per questo suo "ennesimo" dono alla città.
Ecco il testo
IL BRODETTO ALLA VASTESE
di PINO JUBATTI
Accademico di Chieti
Una saporita pietanza relegata per anni tra le cenerentole di periferia

Di questo ghiotto brodetto adriatico, molti testi – anche recenti -, hanno quasi sempre fornito la ricetta incompleta: vuoi per la persistente assenza di un’accreditata bibliografia gastronomica di zona,vuoi per l’ostinata difesa delle tradizioni locali, esibite per lo più in chiave di campanile; sicché, certa sensorialità nostrana, fin troppo fiera di se  stessa, ha autorizzato chiunque a dare la propria distintiva interpretazione. Con disciplinare specifico del 2007, l’Amministrazione del Comune Vasto decideva d’inoltrare la prescritta pratica per il riconoscimento istituzionale (Camera di commercio in ambito territoriale; marchio Stg in area allargata) della ortodossa ricetta di tradizione. Dunque - lungi dalla sciocca pretesa di fornire un definitivo testo canonico, ancorché espunto dalle austere usanze centenarie di tavola vastese -,ecco contenuti e modalità della  ricetta concordata.

Sul piano storico occorre dire che non si tratta di piatto di origini aristocratiche; le sue origini barcaiole lo accomunano a tutti gli altri, adriatici e non. Rispetto ai molti altri brodetti adriatici (le zuppe sono altra e assai diversa leccornia di tavola marinara), il brodetto alla vastese vanta soltanto la grande semplicità di esecuzione e di varietà ittiche impiegate, assieme a ingredienti del tutto elementari.
I componenti ittici chiamano in causa: gallinella, scorfano, tracina, cicala di mare, triglia, piccola seppia, suacia o sogliola povera, merluzzo, piccola razza; tutti di rigorosa misura mediana e da non tagliare affatto, conservando le teste dopo l’eviscerazione. Gli altri ingredienti sono: olio (extravergine d’oliva), aglio (affettato), prezzemolo (frantumato a mano), peperone verde (a lische oblunghe), pomodoro locale (“mezzotempo”,  spezzettato), sale, acqua in minime proporzioni e, del tutto facoltativa, se non addirittura superflua (perché preponderante quanto a sensorialità), la manciata di cozze e vongole finale.
L’aggiunta del peperoncino rosso piccante (crudo), da spuntare sul fumante coccio di cottura (e di servizio), rimane opzione devoluta al gusto del gourmet commensale. Le modalità esecutive: una volta messo sul fuoco il tassativo e classico tegame di coccio, assai largo e a bordi bassi (perché non vi si sovrappongano dannosamente le varietà di pesce),esso dovrà contenere - tutti deposti a freddo -, la scarsa acqua, l’olio abbondante, l’aglio, il prezzemolo, il peperone, il sale; il tempo di un incipiente primo bollore e, subito dopo, si verserà il pomodoro (aromatizzato con l’uso del basilico, che però va tolto prima di cuocere). Dopo cinque minuti di ulteriore cottura, sul gorgogliante intingolo si depongono per “ordine di durezza”: lo scorfano, la cicala, la gallinella, la seppia, la razza, la tracina, la triglia, il merluzzo, la suacia. La cottura completa e finale, per tutte le varietà, avviene dopo altri venti minuti di bollore.
Poiché il brodetto alla vastese è piatto unico, nel singolo coccio del conviviante figurerà un quantitativo preciso di pesce stabilito in antico:una libbra e mezza, ossia circa 500 grammi di pesce pulito. In esso si consumeranno, assieme al contenuto descritto, piccole fette di pane casereccio leggermente tostate, strofinate di aglio e condite di olio e sale. L’accompagnamento ideale prevede vino bianco morbido e fresco di cantina.
See International Summary page 78

5 commenti:

nicolangelo ha detto...

Non mi permetterei mai di correggere il caro e bravissimo Pino Jubatti, mi permetto solo di osservare che l'aglio e il prezzemolo andrebbero messi, a mio avviso, nel brodetto a volume pieno in modo da toglierli appena finita la cottura e comunque prima di servire a tavola; poco pomodoro....il vero brodetto "alla vastese" è color di rosa...e la panocchia, che ha bisogno di poca cottura, va messa alla fine...e...buon appetito!

Ciccosan ha detto...

Io questo brodetto non lo riconosco. Ho visto cucinare il brodetto da diecine di persone diverse, compreso vecchi marinai vicini di casa. Piccole differenze, ma così non l'ho mai visto fare.
Pane tostato con aglio, olio e sale? Mai visto e mai lo farei. Pane raffermo si. Basilico che si toglie prima di cuocere? Vorrei sapere quante sono le donne di Vasto che lo fanno.
E ne avrei altri di commenti.

nicolangelo ha detto...

Lo so Ciccosan: mia nonna non avrebbe mai messo il basilico al brodetto e il pane tostato era invece il pane fatto in casa, raffermo, che si bagnava al sughetto, e poi il peperone verde....perchè a "lische oblunghe"? Ho sempre visto il peperone verde tagliato a pezzettoni. Bè, insomma, il brodetto vastese è nato come piatto povero: ndreccia dite, sbane, mizzune ecc. potrebbero anche sostituire tracine, scorfani, lucerne ecc. Capisco però anche le esigenze di un disciplinare.....

Ciccosan ha detto...

Io non lo capisco. O è così o lo si chiami in altro modo. A me sembra più caciucco che brodetto.
Hai ragione era un piatto povero, fatto con quello che restava ai pescatori dopo che il pesce migliore era stato venduto ai pesciaioli.
Portavano a casa la "scafetta" che io ho visto fare diecine di volte, a poppa delle barche o dei pescherecci attraccati al pontile.
Si distribuiva pesce vario, spesso rovinato, ma di pezzatura piccola perchè quella grande andava venduta; quando mai vongole o, peggio, cozze. Come le pescavano le paranze le cozze?
Semmai qualche granchio che si impigliava nelle reti.
Sono stati i ristoranti ad introdurre cozze e vongole. Potrei capire i "lupini", comunque non era la norma perchè non sempre li trovavi. Ricordiamoci che solo oggi ci sono le vongolare, ma una volta si andava con il rastrello e solo col mare buono e la stagione buona potevi trovare "li ciocchèl'abbiènche".
Hai anche ragione sui peperoncini verdi. Mamma e nonna li tagliavano in verticale a metà e poi li spezzettavano trasversalmente.
Gli ingredienti partivano tutti assieme e a crudo; per questo è delicato il brodetto, perchè non soffrigge niente.
Nicolangelo, le panocchie noi le mettiamo per prime e si tolgono prima di mettere il pesce; poi si rimettono a fine cottura.
Gli scampetti (li raustàlle) li evito perchè danno sapore troppo dolce; la panucchiella basta e avanza.
Per i giovani vastesi: la suacia continuate a chiamarla "cianghetta", e quando vedete una ragazza minuta e gentile continuate a definirla "na cianghittèlle" che è tutta tenerezza.

NICOLA D'ADAMO ha detto...

DA PINO JUBATTI riceviamo e pubblichiamo
Carissimo Nicola,
i ringraziamenti personali sono il minimo che meriti!
Ringrazia a mio nome pure tutti i commentatori: la parte introduttiva del mio intervento è stata evidentemente di grande stimolo critico, proprio in tal senso...
Un ringraziamento particolare al puntualissimo Nicolangelo: il quale, con il suo delicato florilegio ittico...di complemento, mi ha riportato alla mente quella mai trascritta ghiottoneria (povera?) che fu il sugo finto di pesce, per gli spaghetti, offerti al celebre Prof. Paolucci dal compianto Antonio Sorgente ed altri, in un inverno dell'immediato dopoguerra.
(Per la stima che gli porto, però, non deve scrivere ndreccia dite, altrimenti - proprio per mezzo del tuo accorsato blog -, diventiamo tutti...imbarbariti; schinènze lu 'ndrècciadáite si mirde rispètte!...)
Un abbraccio da,
Pino Jubatti.