venerdì 22 aprile 2011

DOMANI L'INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA PER IL 25° DELLA MORTE DI FILANDRO LATTANZIO

“Filandro Lattanzio, il colore e l’atmosfera” Una mostra dedicata al pittore vastese del novecento,
curata da Michele Montanaro e Roberta Presenza
Presso la Pinacoteca di Palazzo d’Avalos Vasto, 23 aprile – 31 agosto 2011

Una personale introduzione
di Giuseppe F. Pollutri

Si racconta che Filandro Lattanzio cominciò da “Scogliera a Scaramuzza”. A quel tempo – ebbe a dire lui stesso - dipingeva (chè non teneva pennelli) con le dita. Direi che già allora, già così, in una sorta di compendiaria visione dell’arte e della vita di quest’artista del XX secolo, si definisce la qualità della sua pittura: protagonista è il colore, la forma subordinata al colore, figure delineate non da un disegno ma dal loro spazio-volume dipinto. Chiaramente in questo definibile un post-fauves matissiano, un post impressionista (un tentato cubista) come quasi tutti i pittori del ‘900; peraltro non giunse mai a convertire definitivamente la sua pittura all’accezione astrattiva dell’immagine dispiegata con sole campiture di colore o costruita di segni-gesto in libertà. Educato nel suo tempo al catechismo filologico della “rappresentazione”, della vita e delle cose quotidianamente esposte alla luce, alle intemperie, al mordere del tempo, tenne sempre il binomio “il vero” e “la natura” come sua forma ispirativa e progettuale. Il nostro nacque e visse nel tempo degli “ismi” che caratterizzano l’arte del novecento, ma formatosi in provincia, non poteva che subire (e conservare) ancora l’influsso del ritrattismo e del paesagismo ottocentesco.
Scrive W. Benjamin: “L’arte è un tradurre la vita in immagini”. Se questo è – annotava poi in un suo noto saggio - sappiamo anche che l’odierna “riproducibilità tecnica” è in grado di darci immagini senza che siano manu-fatte dall’uomo. Significo un mettere in discussione l’artista (funzione e ruolo), ma per l’arte in sè si rivelò presto un falso problema. Noi oggi - avendo come metabolizzato le provocazioni dell’arte ‘nuova’ – continuiamo a pensare che il valore dell’operazione artistica sta nel mettere mano (capace, sapiente, ispirata) sulla materia e ‘creare’ un qualcosa di cui ‘fruire’ oggi e conservare nel tempo. Così, tornando al F. Lattanzio, segnato nella sua poetica dalle origini: per l’artista fu importante allora l’immagine atmosferica di Scaramuzza, quel suo desiderio iniziale e nel tempo ricorrente di dare immagine e dunque memoria all’incanto di un momento e di un luogo, di un viso e di un oggetto familiare. La pittura d’arte dunque (pare essere questa una delle lezioni dell’artista vastese), oltre tutti i ‘novismi’ e pur con mutevole stile nel tempo, resta ed è in quell’urgenza maestriante e poetica di dare espressione estetica e comunicativa alla necessità che l’uomo ha di farsi attore e testimone di sé, in vita e nel mondo.
Quanto a “vastesità” del nostro, e per dirla fuori dalle retoriche ‘paesane’: Filandro Lattanzio, che per anni è vissuto in terra di Francia e altrove, a un certo punto ha voluto riportare la sua persona, la sua arte, nella sua Vasto. Tornarono a essergli compagni ispiratori, per circa un ventennio ancora, il vento che viene dal mare, la luce delle ore che configura la mutevole visione del golfo, quel sentore del tempo che passa e trascorre sulle cose, sulle case e sugli uomini. Questo avvenne sulla Via Adriatica, un evocativo “belvedere” sorto sul luogo della drammatica frana del 1956, dove stabilì e tenne la sua ultima laboriosa ed espositiva bottega. GFP
 

1 commento:

Alessandro ha detto...

Bella introduzione, davvero apprezzabile.