venerdì 25 marzo 2011

Domenico Rossetti: sonetto sulla Grande Cometa del 1811

di Lino Spadaccini

Duecento anni fa, il 25 marzo 1811, l’astronomo francese Honoré Flaugergues, avvistò per la prima volta una straordinaria cometa, chiamata comunemente la Grande Cometa del 1811 (C/1811 f1), una delle più grandi e luminose di tutti i tempi.
La cometa, ben visibile anche ad occhio nudo, rimase visibile per circa 260 giorni. Il diametro del suo nucleo venne stimato in 30-40 chilometri con una coda lunga 100 milioni di chilometri.
L’evento straordinario, costantemente segnalato sui giornali dell’epoca, ispirò pittori e scrittori: Lev Tolstoi la citò nel suo romanzo Guerra e Pace; Napoleone Bonaparte la ritenne di buon auspicio per la sua campagna in Russia, mentre il nostro Domenico Rossetti, fratello di Gabriele, si cimentò con il seguente sonetto:
                                                                                                                                                                                                                                                       
S’io, Te mirando, presto a Urania fede,
   È il Sol che t’orna di que’ crin lucenti;
   Nè d’infausti sei tu sognati eventi
   Terribil Nunzio, come il vulgo crede.

Sembri terraqueo globo a chi ben vede,
   Ch’or affretti il suo corso, ed or lo allenti,
   E sei tu forse d’animai viventi
   Per ellisse vagando immensa sede.

Vedrà chi mira dilassù ver noi
   Lucido punto, o pur meteora vana,
   Visibil prima, non visibil poi.

Nè sa (tanto a idearlo è cosa strana!)
   Che quel punto sì lieve agli occhi suoi,
   È dove alberga la Superbia umana.


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