Dopo la conquista del napoletano da parte dei francesi, Napoleone vi fece proclamare re il fratello Giuseppe. In seguito al Congresso di Vienna (1815), Ferdinando I di Borbone riprese possesso del suo trono con persecuzioni di ferocia inaudita. Questo ritorno non fu visto di buon occhio dal popolo anche perché in quegli anni si erano potuti apprezzare i vantaggi di un governo libero e decisamente lontano dal precedente caratterizzato da dispotismo e tirannia.
Nel 1820 moti insurrezionali scoppiarono dappertutto per riuscire ad ottenere la Costituzione dal re Ferdinando I. Il 9 luglio dello stesso anno, entrato Guglielmo Pepe trionfante a Napoli alla testa di settecento soldati e molti carbonari, comparve un editto, in cui il Re promise la Costituzione: “Essendosi manifestato il voto generale della Nazione del Regno delle Due Sicilie di voler un governo costituzionale, di piena nostra volontà vi consentiamo, e promettiamo nel corso di otto giorni di pubblicarne le basi”.
L’entusiasmo era alle stelle. Lo stesso Gabriele Rossetti ebbe la felice ispirazione per una delle sue poesie più belle: “Sei pur bella con gli astri al crine / Che scintillan quai vivi zaffiri / È pur dolce quel fiato che spiri, Porporina foriera del dì. / Col sorriso del pago desio / Tu ci annunzi dal balzo vicino / Che d’Italia nell’almo giardino / Il servaggio per sempre finì”. Ma nove mesi più tardi il Re, che si trovava in Austria, decise di sopprimere la Costituzione, avvalendosi dell’aiuto delle truppe austriache. Accecato dall’ira, il poeta vastese scrisse: “Re fellon che ci tradisti, / Tu rapisci e non racquisti: / Maledetto, o re fellon, / Sii dall’austro all’aquilon! / Maledetto ogni malnato / Che ha tramato ─ insiem con te! / Maledetto ─ ogni soggetto / Che ti lambe il sozzo piè!”
Nel frattempo a Vasto, il barone Luigi Cardone, a sue spese, formò e addestrò un battaglione, e partì il 22 febbraio 1821 verso le frontiere minacciate dagli austriaci. Il 7 marzo successivo le truppe napoletane attaccarono il nemico presso Rieti. Purtroppo, l’esito non fu dei migliori e provocò il completo sbandamento dell’esercito napoletano. Durante la mischia, il battaglione condotto dal maggiore Cardone ricevette ordine di riprendere una collina occupata dal nemico, e Luigi Pantini, comandante della 1ª compagnia, eseguì brillantemente l’operazione costringendo gli avversari ad abbandonare la postazione occupata. Il battaglione vastese fu tra i più coraggiosi: non perse mai la testa davanti all’evolversi delle vicende e fu l’ultimo a ritirarsi davanti al nemico.
L’esemplare condotta mantenuta dai patrioti vastesi venne elogiata dal generale Guglielmo Pepe, il quale nelle sue Memorie scrisse: “Il battaglione dei militi del Vasto era ordinato meglio di molti di linea, per le cure e lo zelo dell’egregio maggiore Cardone, che era preposto al comando di quello; e che, qualora la libertà nostra non fosse perita, avrebbe ricevuto meritata ricompensa, perché io caldamente il raccomandai ai ministri ed al reggente nei miei rapporti”.Lino Spadaccini
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