venerdì 11 febbraio 2011

Personaggi: Giuseppe Antonio Canaccio, uomo di legge, mastrogiurato, con la passione delle lettere e della storia

Oggi facciamo un passo indietro di quasi cinquecento anni alla riscoperta della figura di Giuseppe Antonio Canaccio (o Canacci), nato a Vasto nel 1509.

la firma del Canaccio


manoscritto del Betti

Dopo i primi studi compiuti nella città natale, si trasferì a Padova dove intraprese gli studi giuridici fino al conseguimento della laurea. Oltre che valente nella sua professione, il Canaccio si dilettò di lettere e di storia. Scrisse anche memorie di storia vastese, purtroppo non arrivate a noi, ma di cui si servì Nicola Alfonso Viti per le sue Memorie Storiche.
Le Poesie giovanili scritte durante il periodo padovano, vennero riunite in un volumetto manoscritto di 166 pagine, donato dallo storico Benedetto Maria Betti alla famiglia Tiberi. Il Betti così giudicò i versi del letterato vastese: “castigato nel gusto; ma non è vivo ne’ pensieri, e manca un po’ nell’armonia. Le sue sestine però son buone, e parmi che sieno la miglior cosa di lui in fatto di Poesia”.
Sicuramente il Canaccio diede alle stampe sei sonetti, come riferisce Girolamo Ruscelli nel suo Rimario (1559): “Ed io ho sei bellissimi Sonetti così che l’un segue l’altro, fatti nuovamente dal Dottor Giuseppe Antonio Canaceo in lode della divina Signora Donna Giovanna d’Aragona”.
Il Pacichelli lo definì “uomo erudito”, Giovanni Palma nel suo Compendio storico del Vasto, di lui scrisse “uomo sommamente dilettante di belle lettere”, e lo stesso Ruscelli lo chiamòGentiluomo” e anche “Giovine di bellissime Lettere, e di molto raro ingegno”.
Il Canaccio fu credenziere del nostro Porto nel 1561 ed occupò anche la carica di Mastrogiurato nel 1561 e nel 1567. Come ricorda lo storico Luigi Marchesani, quando prese possesso dell’importante carica per la seconda volta, “i cittadini gli fecero, per quanto ne sembra, onore particolarissimo, poiché egli dalla sua casa alla Sala del Consiglio, e di ritorno a quella, fu corteggiato da scampanio e da sparo, mentre sventolavano dalle finestre gli arazzi”.
Fra Serafino Razzi, priore nel convento dell’Annunziata a Portanuova, dal 1576 al 1578, nel suo manoscritto “Viaggio in Abruzzo”, ci ha lasciato un sonetto del nostro concittadino, composto dopo aver letto il Rosario scritto in ottava rima dal Razzi, mentre era priore a Penne, e dopo aver ascoltato alcune prediche dei domenicani. Questo il testo:

Spirito ardente, che ne infirmi i cuori
Co l’infocate tue parole sante,
faccendone sprezzare il mondo errante
e bramar sol gli alti superni chori

Con versi di celesti rose, e fiori
Tessi ghirlande sì diverse, e tante
Alla madre di Dio, Vergine amante,
Per cui vengono a noi tanti favori.

Segui eletto di Dio l’alto lavoro
Cibando noi di tue mirabil opre,
Col spiarne la via che al ciel conduce.

Del rio nimico ogni pensier si scopre
Co’ la tua scorta o fido amato duce
Ch’io col cor e co’ la penna honoro.
Ma il Canaccio viene ricordato soprattutto per aver realizzato due “insegne”, ma di questo torneremo a parlare fra qualche giorno.

Lino Spadaccini

Nessun commento: